Venerdì 13 Ottobre è stato presentato a Misterbianco, nella Fattoria sociale “Orti del Mediterraneo”, il libro di Rosa Laplena intitolato “I beni confiscati alla criminalità organizzata”, edito da Mediter Italia. La presentazione è avvenuta in un luogo simbolico, confiscato alla mafia, dal 2016 è stato affidato alla Cooperativa Sociale “Energ-Etica Catania”.
All’interno del parco tematico, i ragazzi affetti da autismo svolgono attività di orticultura terapeutica e si occupano della cura e manutenzione del luogo. Recentemente sono stati costruiti anche dei miniappartamenti che saranno utilizzati come sede di laboratori abilitanti durante i quali dei professionisti in pensione mettono a disposizione le loro competenze per sviluppare le abilità dei ragazzi in vista di un Dopo di Noi.
Misterbianco / Beni confiscati alla criminalità organizzata: obiettivi dell’incontro
Oltre all’autrice, sono intervenuti Salvatore Cacciola, Presidente della Rete Fattorie sociali Sicilia e Gaetano Mancini, Presidente regionale di Confcooperative Sicilia, per confrontarsi sul tema de “I Beni confiscati alla criminalità organizzata. Quale incidenza nelle politiche pubbliche di coesione territoriale e di sviluppo locale”. Il focus dell’incontro è stato cercare di analizzare cosa è stato fatto e quanto c’è ancora da fare affinché i beni confiscati possano essere restituiti alla comunità.
Il pregio del libro di Rosa Laplena non è solo quello di fornire dati chiari sui beni confiscati alla mafia, raccontati dal punto di vista di chi come lei vi ha lavorato per ben 23 anni, ma anche lanciare proposte così da poter uscire dalla logica dei “progetti straordinari” che molto spesso richiamano l’attenzione mediatica ma non costituiscono un modello da poter applicare a tutti i beni confiscati.
Beni confiscati alla criminalità organizzata: le parole di Gaetano Mancini
“Molto spesso la gestione dei beni confiscati è stata riferita all’ambito della cooperazione sociale, che però porta a strutture chiuse, magari molto efficienti e con una grande capacità di produrre sul mercato e quindi di portare valore al bene confiscato, ma con difficoltà a legarsi al territorio. […] Noi sappiamo benissimo che la mafia, là dove c’è meno presenza dello Stato, svolge una funzione sociale, un’opportunità per quelle popolazioni. Quando subentra lo Stato e il bene non è ben gestito e la popolazione vede che con il mafioso funzionava e con lo stato non funziona, il messaggio che passa è tremendo.” – Gaetano Mancini, Presidente regionale Confcooperative Sicilia
Ciò a cui bisogna invece puntare è il modello di una cooperativa comunitaria dei beni confiscati, dove la popolazione viene coinvolta e il territorio ne trae diretto beneficio. Serve una mappatura del territorio per vedere quali sono i servizi che mancano e di cui gli abitanti necessitano.
A questo proposito viene ricordato uno dei tanti progetti con i quali Confcooperative dimostra che è possibile restituire un bene alla comunità seguendo la lezione lasciataci da Pio La Torre. Cioè che il bene confiscato deve trasferire un messaggio al territorio. La Cooperativa Sociale Verbumcaudo è un feudo sulle Madonie strappato alla mafia grazie alle indagini svolte da Giovanni Falcone ed ha acquistato nuova vita grazie all’impegno e agli ideali di undici giovani che hanno lavorato per costruire legami col territorio creando questa cooperativa che oggi produce prodotti biologici di eccellenza.
Misterbianco / Beni confiscati alla criminalità organizzata: continue battute d’arresto
Dopo queste premesse sorge spontaneo chiedersi quale possa essere l’ostacolo che impedisce ai beni confiscati di diventare beni della comunità. “Sono convinta che i beni confiscati siano visti da tutti come un problema più che come una risorsa. Non hanno visto l’opportunità se non quelle associazioni, quelle cooperative, quei giovani che ci hanno creduto” aveva già dichiarato l’autrice durante la presentazione del suo libro al Tramefestival di Lamezia Terme lo scorso giugno.
Prima di tutto c’è un problema di governance e Rosa Laplena lancia un appello alle istituzioni. “Manca una concertazione fra istituzioni e privato sociale. Possiamo partire ad immaginare che nei comuni ci sia anche un piano regolatore sociale? Noi del Terzo Settore possiamo aiutare i comuni a redigerlo e assegnare questi beni ad una specifica funzione rivolta alla comunità [..] Se si fa il piano regolatore sociale si inizia a discutere di bandi uniformi, contratti uniformi”.
Misterbianco / Beni confiscati alla criminalità organizzata: il privato sociale
Nonostante il fenomeno dei beni sequestrati alla criminalità organizzata interessi tutta l’Italia, la Sicilia possiede il 54% dei beni totali e la maggior parte di essi sono ancora in attesa di essere assegnati. Le procedure di assegnazione sono molto lente e a questo problema si aggiungono quelli della superficialità delle amministrazioni, che a volte non sanno nemmeno di avere sul proprio territorio beni confiscati. Oltre ai problemi finanziari per le ristrutturazioni dei beni. Per questo motivo è importante sottolineare il contributo essenziale del privato sociale: bisogna evitare che i beni inoptati vengano rimessi in vendita con il rischio che le associazioni mafiose possano riacquistarli.
Il contributo del privato sociale in numeri
Su 21.000 beni a disposizione e assegnati ai comuni, 947 sono in mano a soggetti del terzo settore e di questi solo 183 sono in mano a cooperative. Secondo uno studio di Centro Studi di Fondo e Sviluppo, le cooperative hanno un fatturato di 414 milioni di euro e danno lavoro stabile a 11.000 dipendenti.
Un altro problema è la frammentazione del Terzo Settore, l’incapacità di presentarsi come una voce unitaria che possa proporre un unico modello da applicare a tutte le realtà invece di diversi tipi di contratti che a volte possono portare a quei progetti straordinari a cui si è accennato prima ma che possono anche sfociare per esempio nella vessazione di cooperative con contratti capestro. “Il terzo settore deve fare un passo avanti collettivo. Non possiamo più andare singolarmente: è necessario superare la frammentarietà e proporci come un soggetto unito”, chiude Rosa Laplena.
Misterbianco / Beni confiscati alla criminalità organizzata: risorsa per il territorio
È evidente come i beni confiscati possano essere per il mezzogiorno una fonte di sviluppo e occupazione. Cosa che non è passata inosservata alla Comunità Europea, che nelle misure del PNRR aveva stanziato dei fondi per un valore di 300 milioni di euro per la valorizzazione dei beni confiscati. Alla luce della dichiarazione di Rosa Laplena sull’atteggiamento della politica riguardo i beni confiscati, non deve sorprendere la decisione del Governo di cancellare dalle misure del PNRR quella dedicata al recupero dei beni sequestrati. La bocciatura di una misura che specialmente per i giovani del sud avrebbe potuto rappresentare un’opportunità di riscatto del proprio territorio, rischia di trasmettere un messaggio grave per quanto riguarda la lotta alla corruzione.
Tania Sambataro