Misterbianco / L’antimafia silenziosa di don Puglisi testimoniata da Rosaria Cascio

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Lo scorso 1 marzo a Misterbianco si è chiuso il breve ciclo di incontri dedicati al tema dell’antimafia sociale. La fattoria sociale “Orti del Mediterraneo” ha proposto l’argomento de “L’antimafia silenziosa di don Pino Puglisi, i gesti e le parole di un sacerdote a Brancaccio”. Relatrice dell’incontro è stata la prof.ssa Rosaria Cascio, allieva di don Puglisi, oggi insegnante e saggista. Sua la premessa, in primis, sul fatto che don Puglisi non ha mai inveito direttamente contro la mafia. Infatti solo negli anni ’90 le istituzioni ne riconosceranno la peculiarità rispetto alla semplice criminalità organizzata.

Nè ha mai suggerito ai suoi ragazzi cosa fosse giusto o sbagliato, ma ha lasciato piuttosto che fossero loro a decidere di sé stessi. La sua è stata un’opposizione silenziosa che consisteva in gesti concreti ed esempi di vita a cui i ragazzi di Brancaccio non erano abituati. Un’antimafia sociale ante litteram fatta di servizi, relazioni, incontri e progettualità organizzata. 

Misterbianco / L’antimafia silenziosa di don Puglisi testimoniata da Rosaria Cascio: l’insegnamento di padre Puglisi

L’incontro di Rosaria Cascio con don Pino Puglisi risale agli anni ‘80 quando l’insegnante, allora studentessa, frequentava il suo primo anno di liceo mentre padre Puglisi riprendeva il suo ruolo di educatore. In un momento in cui il Centro Diocesano Vocazioni spingeva i suoi direttori ad incontrare i giovani e cercare di avviarli ad una vita consacrata, padre Puglisi reclutava giovani da avviare semplicemente alla vita.

La prof.ssa Rosaria Cascio sottolinea quanto questo approccio fu fruttuoso per quella che diventerà l’antimafia: “All’indomani delle stragi noi tutti cresciuti con lui, ci inserimmo in questi circuiti di antimafia praticata senza essere stati formati all’antimafia. Eravamo stati formati prima di tutto ad essere cittadini onesti . Questo atteggiamento fa la differenza. Molto spesso, infatti, ci sono associazioni che nascono già con la parola antimafia nel loro titolo come se questo bastasse a realizzarla”. 

Misterbianco / L’antimafia silenziosa di don Puglisi testimoniata da Rosaria Cascio: il metodo Puglisi a Brancaccio 

L’esperienza di don Puglisi nel quartiere Brancaccio di Palermo fa da spartiacque rispetto ad un modo di fare Chiesa circoscritto a forme di assistenza ma che non provava ad intervenire sul tessuto sociale. Nemmeno dopo le stragi la Chiesa si pronunciò in maniera ufficiale contro la mafia, al contrario della politica e del volontariato. Attraverso le sue opere don Puglisi costituiva quel baluardo di lotta alla mafia che mancava all’interno della Chiesa. 

Attraverso il recupero di documenti d’archivio, relazioni dei suoi incontri con i giovani, la prof.ssa Cascio è riuscita a mettere insieme tutto il materiale utile a ricostruire la metodologia di don Puglisi. Un metodo non improvisato ma frutto di uno studio che unisce psicologia e filosofia e che vede il Vangelo come sue fondamenta. Il presupposto di questo metodo si rintraccia nelle radici del motivo per cui don Puglisi fu ucciso. Le confessioni dei mandanti dell’omicidio rivelano che i mafiosi non erano tanto interessati al territorio quanto ai giovani. I giovani erano il futuro della mafia e in quel momento don Puglisi li stava portando via. Nelle intercettazioni verrà persino accusato di essersi voluto sostituire alla mafia.  

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Misterbianco / L’antimafia silenziosa di don Puglisi testimoniata da Rosaria Cascio: mettersi in ascolto  

Quando arriva a Brancaccio don Puglisi elabora una metodologia di intervento parrocchiale che nasce dall’ascolto. Mettersi in ascolto significa adottare il punto di vista di una parrocchia senza imporle la propria presenza. Lui “abbatte le pareti del tempio” portando il Vangelo fra la gente. Ciò di cui Brancaccio ha bisogno è vicinanza concreta, non parole, ma fatti. È questo quello che intendeva quando parlava della necessità di “ricristianizzare e rievangelizzare il territorio”: Dio non ha mai smesso di esistere ma le asprezze della vita fanno sentire le persone sole a tal punto da pensare che anche Cristo li abbia abbandonati riducendo così la religiosità ad atti vuoti e ripetuti per tradizione o superstizione. 

Misterbianco / L’antimafia silenziosa di don Puglisi testimoniata da Rosaria Cascio: la Liturgia 

Pur muovendosi all’interno delle classiche metodologie d’impegno parrocchiale, liturgia, catechesi e carità, le rivoluziona dall’interno. La prima cosa che fa appena arrivato nel quartiere è mettersi in contatto con gli assistenti sociali che mappano il territorio cercando di portare alla luce i bisogni della comunità.  

Liturgia fa riferimento al modo in cui è organizzata la vita di una parrocchia e per far comprendere in che modo questa categoria sia stata trasformata da don Puglisi, la prof.ssa Rosaria Cascio espone un esempio concreto: “normalmente i bambini fanno la prima comunione nel mese di maggio ma ad ottobre tutti i sacerdoti lamentano il fatto che i bambini spariscono. Puglisi rivoluziona le cose spostando la comunione al mese di ottobre. Si tratta di una rivoluzione vera e propria perché così facendo il bambino iniziava un percorso di servizio all’interno della parrocchia. Pertanto sentendosi valorizzato era più difficile che la abbandonasse. È possibile che all’inizio la vivessero come un gioco ma è proprio attraverso il gioco che Puglisi li ha conquistati”.

Il gioco diventa quindi esperienza formativa per eccellenza. Prima di tutto perché ridà loro la libertà di essere bambini, ma anche perché nel gioco si manifesta quel bagaglio di atteggiamenti di sopraffazione a cui sono abituati a casa e su cui è ancora possibile intervenire. Don Puglisi si fa arbitro nei giochi soprattutto per mostrare loro che lì non vige la legge del più forte e nemmeno quella di Puglisi, ma la Legge che è al di sopra di tutti.  

Misterbianco / L’antimafia silenziosa di don Puglisi testimoniata da Rosaria Cascio: don Puglisi e la politica 

Padre Puglisi non fu mai interessato a quella politica clientelare che non è poi tanto lontana dalla mafia. Il primo dei pilastri su cui fonda la sua parrocchia è che i soldi fanno a pugni con il Vangelo quindi tutta l’attività organizzata a Brancaccio deve essere gratuita. Così come chi vi presta servizio deve essere volontario perché la gente capisca che la Chiesa è in ascolto delle loro necessità.

Il Centro Padre Nostro e tutte le sue attività sono realizzati senza finanziamenti pubblici, non perché don Puglisi creda che i soldi siano qualcosa di sporco ma perché a Brancaccio doveva essere libero da qualsiasi vincolo politico e libero di poter non scendere a patti con le autorità. Sebbene don Puglisi non avesse legami con la politica, quando scende per strada a manifestare accanto alla sua gente, quando firma petizioni per la costruzione di scuole e batte i pugni sulle scrivanie dei potenti fa, dopotutto, Politica. Ed è così che sotto la sua guida, la gente di Brancaccio passo dopo passo comincia a riappropriarsi del suo territorio. 

Misterbianco / L’antimafia silenziosa di don Puglisi testimoniata dalla Prof.ssa Rosaria Cascio: esempio di carità 

Dopo la sua morte, ragazze madri, prostitute, immigrati e tutti gli altri emarginati di Brancaccio raccontarono come padre Puglisi avesse dato loro mese per mese parte del suo stipendio da insegnante per coprire le spese alimentari di queste famiglie. Cos’è questo se non fare l’amore di Cristo? E lo ha fatto silenziosamente, senza elargire parole di conforto ma testimoniando il Vangelo con i fatti. 

A questo proposito la prof.ssa Rosaria Cascio racconta le vicissitudini che hanno portato alla nascita del Centro Padre Nostro come esempio reale di carità. Il sacerdote aveva compreso che bisognava creare un punto di riferimento esterno alla Chiesa e trova l’occasione nella palazzina fatiscente di proprio di fronte alla parrocchia. Fino a quel momento padre Puglisi aveva speso tutto se stesso per la comunità senza chiedere nulla in cambio. Fu così che di fronte agli ostacoli volontariamente posti sulla sua strada per impedirgli l’acquisto del caseggiato, comincia per la prima volta a chiedere. Chiede a tutti tranne a chi ovviamente sarebbe pronto a dargli tutti i soldi necessari: la mafia e la politica.  

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I fondi arrivano da quella che lui chiamava Provvidenza. La Provvidenza sono i ragazzini della parrocchia che depongono i loro piccoli risparmi nella cesta delle offerte. Sono gli artisti, è la sua ex parrocchia a Godrano e tutti gli amici che in quegli anni di servizio si sono legati a lui. La palazzina viene acquistata e ristrutturata così  nel giro di poco tempo diventa operativa. Le suore e i volontari gestivano la struttura mentre agli assistenti sociali venne affidato il compito di organizzare in modo scientifico la rivoluzione del Vangelo a Brancaccio.

Misterbianco / L’antimafia silenziosa di don Puglisi testimoniata da Rosaria Cascio: l’eredità di don Puglisi

Se vogliamo fare vera antimafia sociale non possiamo prescindere dalla Chiesa. Non si fa un’antimafia solo di magistratura o solo di economia ma l’antimafia si fa mettendo in collegamento tutti questi ambiti perché la mafia è poliedrica e se vogliamo risponderle dobbiamo farlo in modo compatto e la Chiesa è un tassello importante. Don Puglisi è il primo martire di mafia e la Chiesa lo ha beatificato in odium fidei in quanto è stato ucciso perché la mafia ha odiato in lui il Vangelo. Oggi Papa Francesco definisce la mafia come una struttura di peccato antievangelica dimostrando che non è mai stato don Puglisi contro la mafia ma la mafia contro il Vangelo”.

                                                                                               Tania Sambataro