Mons. Raspanti al sindaco Garozzo: “Insieme, alla ricerca del bene comune”

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Pubblichiamo integralmente il discorso che mons. Antonino Raspanti ha rivolto al sindaco di Acireale nel giorno della sua ordinazione episcopale.

Acireale, 1 ottobre 2011

Illustrissimo Signor Sindaco,
On. Nino Garozzo,
saluto con gioia la Sua persona ed in Lei le Autorità civili e militari, locali, provinciali, regionali e nazionali, come pure i cittadini di Acireale e del territorio della nostra Diocesi. Desidero ringraziarLa per le gentili parole rivoltemi e per l’accoglienza festosa di benvenuto che mi riserva la Città di Acireale insieme ai Comuni della Diocesi. La calorosa presenza di tutti Loro in questa magnifica Piazza mi onora; nella mia persona Loro accolgono il Vescovo, membro del Collegio dei successori degli Apostoli e, dunque, esprimono stima e fiducia nella Chiesa di Cristo. A nome della comunità ecclesiale acese non posso che rallegrarmene e dichiarare fin da adesso che questa comunità è desidera offrire una collaborazione costruttiva, franca e leale, sebbene rispettosa dei diversi ruoli che competono a ciascuno,alle istituzioni civili e ai corpi sociali in vista del bene comune al quale insieme tendiamo.

Mons. Raspanti con le autorità (foto Licio La Rocca)

Sulla scia del discorso del Santo Padre Benedetto XVI del 22 settembre scorso al Parlamento di Berlino, mi permetto di richiamare la narrazione biblica in cui si racconta che al giovane re Salomone, in occasione della sua intronizzazione, Dio concesse di avanzare una richiesta. Che cosa chiederà il giovane sovrano in questo momento? Successo, ricchezza, una lunga vita, l’eliminazione dei nemici? Nulla di tutto questo egli chiede. Domanda invece: “Concedi al tuo servo un cuore docile, perché sappia rendere giustizia al tuo popolo e sappia distinguere il bene dal male” (1Re 3,9). Con questo racconto la Bibbia vuole indicarci che cosa, in definitiva, deve essere importante per tutti coloro che desiderano servire il bene comune dei cittadini e dell’uomo. Il criterio ultimo e la motivazione per il loro lavoro non è il successo e tanto meno il profitto materiale. La politica e ogni altro impegno pubblico per la città deve essere un impegno per la giustizia e creare così le condizioni di fondo per la pace. Ma come riconosciamo che cosa è giusto? Come possiamo distinguere tra il bene e il male in una ridda di opinioni che si combattono, gridano, si offendono tra loro, rivolgendosi accuse delegittimanti? La richiesta salomonica resta la questione decisiva davanti alla quale l’uomo politico ed ogni altra persona impegnata nella cosa pubblica si trovano anche oggi.

La quantità e la dimensione delle problematiche che affliggono i nostri territori sono tante e tali che, in un clima per di più appesantito da irrequietezza e aggressività, rischiano di far soccombere chiunque si trovi ad avere responsabilità nel governo della cosa pubblica. L’intero quadro così esige di essere affrontato non solo nelle singole emergenze, poiché queste finiscono per sommergerci, bensì tenendo conto dell’intero: è qui soprattutto che occorre il discernimento, per non sciupare dissennatamente le energie e le risorse a disposizione, ma soprattutto per elevarsi ad una visione verso cui indirizzare la comunità dei cittadini facendoli sentire parte di una tensione civile e appassionandoli così nel raggiungimento di nobili mete. Non di rado, infatti, si ha l’impressione che la gente, afflitta da ristrettezze quotidiane e costretta a saltare continuamente ostacoli di ogni genere, non solo cerchi scorciatoie inappropriate per raggiungere i propri obiettivi pur legittimi, ma finisca per disaffezionarsi dalle istituzioni e ritenere inevitabile il ricorso a comportamenti scorretti. La giustizia, perciò, è il primo ed elementare valore che aiuta tutti nel delicato processo del discernimento, sicché non si rimanga prigionieri delle opinioni, degli interessi di parte e delle mille rivendicazioni di diritti, che talvolta nello scorrere del tempo si rivelano perpetrare vere e proprie ingiustizie. Solo in questo modo può essere ripresa e ricostruita la tela di un tessuto sociale che sembra oggi gravemente sfilacciata, in alcuni casi compromessa.

La comunità ecclesiale acese, Signor Sindaco, ed io in essa da oggi come sua guida, desideriamo porci a fianco delle istituzioni che Lei qui rappresenta e dei loro uomini non come qualcuno che possieda soluzioni e voglia agire da suggeritore ma nemmeno come una riserva passiva da cui poter attingere, nel migliore dei casi, risorse sane ed utili a scopi e progetti di singole parti. Piuttosto ci riteniamo uomini fra altri uomini, con la chiara connotazione di una fede soprannaturale nel Figlio di Dio incarnato, la quale non costituisce un privilegio sociale o intellettuale da far valere o giocare su diversi tavoli; siamo uomini attaccati all’uso della ragione, dote naturale che tutti ci accomuna e che ci consente di cercare insieme vie e soluzioni ispirate ai valori più alti della tradizione europea e mediterranea, soluzioni rispettose della dignità e della libertà dell’uomo, radicate e convergenti verso il bene comune. Uomini che sanno quanto la fedeltà ai legami che il territorio crea sia impegnativa ed esiga stima dell’altro, credito e fiducia nelle parole scambiate, affidabilità per gli impegni assunti, trasparenza nei comportamenti pubblici, sobrietà nella vita personale, memori dell’antica sapienza che stimava adatto ad amministrare i beni di tutti solo chi aveva dato buona prova nel buon governo della propria casa.

Manifestati questi propositi, peraltro radicati nella tradizione del cattolicesimo italiano, unitamente agli auspici da Lei espressi, se mi permette, li pongo ai piedi della Vergine Maria e dei patroni dei diciotto Comuni della Diocesi, perché li custodiscano e ne ottengano il compimento dall’Onnipotente. Rinnovo la gratitudine mia e della Chiesa acese a Lei e alle autorità civili e militari che si uniscono alla festa odierna e che hanno operato e stanno lavorando affinché tutto si svolga al meglio. L’appuntamento che ci diamo è per la ferialità del quotidiano, dove siamo chiamati a compiere il nostro dovere negli ambiti di propria competenza e dove avrò l’onore e il piacere di sedere al momento opportuno accanto a Lei e a tutti Loro.

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