“Mi piacerebbe che questo progetto possa varcare i confini di Aci Trezza per far conoscere, ai tanti che ancora non hanno avuto modo di conoscerla, la lunga storia dei Mastri d’ascia del mio paese.”
E’ un sabato mattina di pieno autunno quando nella sala grande di “Villa Fortuna”, sul Lungomare del borgo marinaro, incontriamo il fotografo amatoriale trezzoto Massimo Vittorio.
Mancano poche ore alla chiusura della sua seconda mostra personale, prorogata di una settimana visto il grande successo, ed il volto del suo autore brilla di gioia per l’inaspettato gradimento da parte degli oltre 500 visitatori intervenuti.
“Ho voluto omaggiare una figura, ormai rara nel mondo delle arti e dell’artigianato, ma soprattutto una famiglia che da più di un secolo a Trezza progetta, costruisce e ripara imbarcazioni in legno di ogni dimensione”, racconta Vittorio.
Due anni di scatti, l’esperienza di un’intera giornata al fianco dei mastri Salvatore e Giovanni, per una produzione finale di ventinove foto rigorosamente in bianco e nero ed una sola a colori. Un percorso che prende avvio dal primo colpo di scalpello e continua con il racconto di un mestiere che in sé racchiude una diversità di competenze che vanno dal progettista, al costruttore – falegname, al pittore, per mettere su una barca dall’idea al varo.
Ma il cantiere Rodolico, uno dei pochi ormai rimasti in Sicilia, forse l’unico, non è solo un posto di lavoro e basta, ma è un vero e proprio “luogo dell’anima” nel cuore di uno dei posti che del connubio mare – barca – famiglia per quasi tre secoli ne ha fatto la sua ragione di vita.
Quella dei “Mastri d’ascia” è una storia vera, come ha voluto sottolineare il critico fotografico Pippo Pappalardo, nella sua bella e coinvolgente presentazione della mostra di Massimo Vittorio, evidenziando come anche l’articolo 280 del Codice della navigazione tratta questa storica figura.
Scatti di vita vissuta con fierezza, offuscata oggi da un sentimento di preoccupazione per un mestiere che sta scomparendo, asfissiato soprattutto dalla burocrazia e dalla concorrenza di un mercato che guarda sempre più ad altri materiali e meno al legno. E’ per questo che Turi “u vaccaloru” con il figlio Gianni si è dovuto inventare costruttore di cavallucci a dondolo e darsi a lavoretti di falegnameria, o a piccole manutenzioni. Il tutto continuando a mantenere la testa alta e la schiena dritta, curva solo nel momento della fatica lavorativa come si è potuto apprezzare in una delle più belle foto di questa avvincente mostra, dove un posticino lo ha conquistato anche il cane Blasco “uno di famiglia” nel piccolo cantiere.
A promuovere l’iniziativa è stato il Centro Studi Acitrezza, con il suo presidente Antonio Castorina, che ha trovato subito sponda nel patrocinio del Comune di Aci Castello, presente con il sindaco Carmelo Scandurra. Preziosa è stata la collaborazione dei Rodolico con l’associazione culturale “Mastri d’ascia di Trezza”, del Gruppo fotografico “Le Gru” di Valverde, partecipe con la vice presidente Simona Vasta, di Maurizio Martena con la sua attività Miartè e di Francesco Girone del negozio Prink di viale Veneto 13 a Catania. Particolarmente affollato è stato l’evento di inaugurazione al quale hanno preso parte, tra gli altri, anche l’assessore alla Cultura del Comune di Catania Barbara Mirabella, l’artista Alice Valenti e la guida turistica Grazia Previtera.
Intanto il sogno del fotografo trezzoto Massimo Vittorio sta iniziando a prendere forma, perché nei giorni scorsi le immagini della mostra sono state accolte a Roccalumera per una giornata di incontro organizzato dall’associazione Afi. E chissà se nel prossimo futuro la bella realtà storica dei Mastri d’ascia di Trezza, possa prendere il largo proprio come nel tempo hanno fatto le imbarcazioni costruite dai Rodolico nei “luoghi dell’anima”.
Davide Bonaccorso