Natale / Il Bambinello di San Godenzo, in Toscana. Recuperato tra le macerie della guerra, parla il linguaggio della Misericordia

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Una statuina particolare del Bambino Gesù si trova nel paesino di San Godenzo, in provincia di Firenze, un luogo da cui passò anche Dante Alighieri, mentre era in fuga dalla sua città che lo aveva messo al bando.

bambinello-di-san-godenzo-fi-rSan Godenzo è un piccolo borgo arroccato tra i cento cocuzzoli dell’Appennino toscano, in prossimità della Maiella. L’impraticabilità dei luoghi, prima, e la sapienza degli amministratori, poi, hanno preservato questi territori dalla speculazione: gli erti colli si appoggiano l’uno all’altro senza lasciare posto a radure e vallette; il fitto bosco, a più strati di vegetazione, è sicuro rifugio per una ricca e varia fauna: cinghiali, cervi, daini, lupi, volpi, orsi, istrici…

Una lunga e tortuosa strada che costeggia il corso superiore dell’Arno – visibile solo a tratti fra la fitta vegetazione – collega il borgo agli altri paesi. Una sola strada che s’inerpica sul colle allinea tutte le risorse del borgo: due piazze e un portico, l’Abazia, l’albergo-ristorante, due bar, due rivendite di generi alimentari, merceria, macelleria, farmacia, banca e ufficio postale, ASL, scuole materna ed elementare, uffici del Comune…

Il paese si è formato attorno a un’abazia benedettina del 1200; da qui transitò Dante Alighieri nella sua fuga da Firenze. Cuore e vanto dell’abazia e del paese è la grande e bella Basilica romanica, con il coro rialzato sopra archi a tutto sesto, l’alta scalinata di accesso, il campanile quadrangolare.

L'abbazia di San Gaudenzio, a San Godendo, dove si trova custodita la statuina del Bambinello
L’abbazia di San Gaudenzio, a San Godenzo, dove si trova custodita la statuina del Bambinello

Sul finire della seconda guerra mondiale anche questo angolo di pace venne bombardato e nel primissimo duro dopoguerra, mentre si scavava tra le macerie alla ricerca di qualunque cosa potesse essere utile, venne alla luce una statua di Gesù Bambino, col dolcissimo volto sorridente e le braccia aperte in un ampio abbraccio. La statua, molto bella, era danneggiata in più parti: il capo presentava una frattura al di sopra della fronte, le mani erano prive delle dita e le gambe erano spezzate. Il parroco che la raccolse attinse ad essa conforto e sostegno e a ragione respinse ogni proposta di restauro: oggi questa statua, esposta dentro una teca di cristallo nella basilica, parla il linguaggio della Misericordia e denuncia, più eloquente e discreta di qualsiasi ripresa diretta, l’ottusità della guerra che non risparmia neppure i neonati negli ospedali.

Maria Laura Tringale

 

 

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