Il piccolo schermo ci propina tutto il Natale consumistico e spettacolare, ma…
La televisione, impietosa e invadente, ci ricorda che siamo sotto Natale. Con l’avvicinarsi della festa, come ogni anno, il piccolo schermo ripropone una serie di film che ormai sono entrati a far parte della ritualità sociale legata alla Festa della Natività. E che, in fondo, si rivedono, di volta in volta, sempre volentieri, quasi a rinnovare anche attraverso il consumo televisivo la tradizione per l’appuntamento più atteso dell’anno da grandi e piccini.
I titoli delle pellicole che girano e rigirano sono quelli noti, da “Che fine ha fatto Santa Clause?” a “Mi sono perso il Natale”, da “Fred Claus, un fratello sotto l’albero” a “Santa Clause è nei guai”, da “Natale a quattro zampe” a “Una poltrona per due”. In parallelo torna l’offerta di film non propriamente natalizi ma “sempreverdi” per tutta la famiglia, soprattutto cartoon e prodotti di animazione; da “Ratatouille” a “Shrek”, ecco le ri-visioni intramontabili, capaci di strappare un sentimento compiaciuto agli spettatori di ogni età.
Gli altri programmi si adeguano al momento, vestendosi di bianco e di rosso e conformando allo spirito natalizio il loro formato tradizionale. È il caso, per esempio, di “Io canto Christmas”, con la conduzione di Gerry Scotti e di tutti quei talk-show che si riempiono di alberi di Natale e lustrini d’oro e d’argento, preparandosi alle lunghe dirette seral-notturne di fine anno per salutare il 2013 che se ne va e il 2014 che arriva.
Siccome il Natale è una cosa seria, l’informazione non sta a guardare e nei telegiornali cresce la quantità di spazio dedicata ai “numeri” delle feste: quanti italiani resteranno a casa e quanti andranno in vacanza (e dove), quanto si spenderà per i regali e quali saranno quelli più acquistati, che cosa ci sarà sulle tavole dei nostri connazionali la sera della vigilia, il pranzo del 25 dicembre, la sera del 31 dicembre e il pranzo del 1° gennaio, a che cosa sarà destinata la tredicesima…
E la pubblicità? Nonostante la crisi, le feste natalizie sono l’occasione per un’impennata dei consumi e gli inserzionisti lo sanno bene, al punto da rispolverare spot non sempre nuovi con il “solito” Babbo Natale pronto a consigliare di tutto, dal panettone alla tariffa telefonica più conveniente, sotto un sorriso bonario che nasconde la seduzione consumistica.
Proprio il barbuto e pacioccone anziano con la barba, vestito di rosso bordato di bianco, è il protagonista assoluto dell’offerta televisiva natalizia e, di conseguenza, dell’immaginario collettivo degli spettatori, pronti a seguire non soltanto i suoi inviti a essere più buoni ma anche (anzi, soprattutto) i suoi consigli per gli acquisti.
Come dimenticare, del resto, che lui stesso – Babbo Natale – deve i colori della sua “tuta da lavoro” a uno sponsor fra i più diffusi al mondo? Fu la Coca Cola, infatti, a scegliere qualche lustro fa Santa Klaus, figura della narrativa e della mitologia nordica, come testimonial per la nota bevanda gassata, ridisegnando il personaggio con i colori del marchio: il verde e il marrone caratteristici del suo abbigliamento da ambiente boschivo divennero così il rosso e il bianco ormai “tradizionali”.
Il vero protagonista del Santo Natale resta in ombra e in silenzio. Nella maggior parte dei casi Gesù Bambino viene ricordato soltanto nel presepe, come elemento puramente decorativo, dimenticando che la festa natalizia è in suo onore. Dalla tv contemporanea, schiava delle logiche dell’audience e del mercato, sarebbe ingenuo pretendere una conversione verso i valori più profondi o la rinuncia a qualsiasi istanza commerciale. Ma se, almeno sotto Natale, la qualità della programmazione avesse un sussulto di dignità al di là del marketing, ne saremmo cristianamente contenti.
Marco Deriu