Già da diversi anni l’Italia sta attraversando una vera e propria crisi della natalità, che ha raggiunto il minimo storico nel 2022. Infatti secondo i dati Istat, nel 2022 i nati sono scesi, per la prima volta dall’Unità d’Italia, sotto la soglia delle 400mila unità, fermandosi a 393mila. Dal 2008, ultimo anni in cui si registrò un aumento delle nascite, il calo è di circa 184mila nati, di cui circa 27mila concentrate dal 2019 in avanti. Ma secondo quanto emerso dai dati Istat, non solo siamo di fronte ad una crisi della natalità, ma la mortalità rimane ancora elevata: nel 2022 infatti abbiamo avuto meno di 7 neonati e più di 12 decessi per 1000 abitanti.
Natalità / Italia al minimo storico nel 202: a cosa è dovuta la crisi?
Questa diminuzione è dovuta solo in parte alla spontanea o indotta rinuncia ad avere figli da parte delle coppie. In realtà, tra le cause pesano tanto il calo dimensionale quanto il progressivo invecchiamento della popolazione femminile nelle età convenzionalmente considerate riproduttive, cioè dai 15 ai 49 anni. Vi era stato un leggero aumento del numero medio di figli per donna tra il 2020 e il 2021, ma nel 2022 riprende il calo dell’indicatore congiunturale di fecondità, il cui valore si attesta a 1,24, tornando così al livello registrato nel 2020. Prosegue quindi la tendenza alla riduzione dei progetti riproduttivi, già in atto da diversi anni nel nostro paese, con un’età media al parto stabile rispetto al 2021, pari a 32,4 anni.
Lieve aumento della natalità nel Sud
La diminuzione del numero medio di figli per donna riguarda sia il Nord sia il Centro Italia, dove si registrano valori rispettivamente pari a 1,26 e 1,16 (nel 2021 erano pari a 1,28 e 1,19). Nel Sud, invece, si registra un lieve aumento, con il numero medio di figli per donna che si attesta a 1,26 (era 1,25 nell’anno precedente). L’età media al parto è leggermente superiore nel Nord e nel Centro (32,6 e 32,9) rispetto al Mezzogiorno (32,1). Il Sud è la sola ripartizione che prosegue la risalita iniziata lo scorso anno.
Natalità / Crisi Italia: dati per regione
La regione con la fecondità più alta è il Trentino-Alto Adige con un valore pari a 1,51 figli per donna. Le regioni a seguire, Sicilia e Campania, registrano rispettivamente 1,35 e 1,33. In questo insieme di regioni le madri sono mediamente più giovani, con valori dell’età media al parto compresi tra il 31,4 della Sicilia e il 32,1 del Trentino-Alto Adige. Regioni con fecondità decisamente contenuta sono il Molise e la Basilicata, con un valore di 1,09 figli per donna, ma su tutte spicca la Sardegna che, con un valore pari a 0,95, è per il terzo anno consecutivo l’unica regione con una fecondità al di sotto dell’unità.
Nel Sud, che presenta un valore del tasso di fecondità totale di 1,26, solo Sicilia, Campania e Calabria hanno una fecondità al di sopra della media nazionale (rispettivamente 1,35, 1,33 e 1,28 figli per donna), è invece al di sotto nelle altre cinque regioni. Mentre nel Nord, che registra la stessa fecondità del Sud, solo Piemonte (1,22) e Liguria (1,20) presentano una fecondità al di sotto della media nazionale, nelle altre sei è invece maggiore di 1,24. A livello provinciale, il primato della fecondità più elevata spetta alla provincia di Bolzano (1,65), seguita da Gorizia (1,45), Crotone (1,44), Ragusa (1,43), Palermo (1,42) e Catania (1,41). Il primato della fecondità più bassa spetta alle province sarde, con ben tre province su cinque, Cagliari, Sud Sardegna, Oristano, al di sotto di un figlio per donna (0,93 la prima, 0,90 le ultime due).
Meno nati in Italia, e più anziani
I dati Istat riportano anche una crescita costante della popolazione anziana, anche over 100. Nonostante l’elevato numero di decessi avvenuto in questi ultimi tre anni, oltre 2 milioni e 150mila, di cui il 90% riguardante persone con più di 65 anni, il processo di invecchiamento della popolazione è proseguito, portando l’età media della popolazione da 45,7 anni a 46,4 anni tra l’inizio del 2020 e l’inizio del 2023. Dunque, in questo periodo la popolazione residente è mediamente invecchiata almeno di ulteriori otto mesi. La popolazione ultrasessantacinquenne, che nell’insieme raccoglie 14 milioni 177mila individui a inizio 2023, costituisce il 24,1% della popolazione totale contro il 23,8% dell’anno precedente.
Residenti in calo del 3%
I dati hanno riportato anche la diminuzione residenti in Italia. Secondo gli indicatori demografici diffusi dall’Istat, la popolazione residente in Italia al 1° gennaio 2023 è di 58 milioni e 851mila unità. 179mila in meno sull’anno precedente, per una riduzione pari al 3 per cento. Prosegue, dunque, la tendenza alla diminuzione della popolazione, come avevamo già approfondito parlando di crisi demografica nel 2021.
“L’Italia sta scomparendo”
Come ha scritto tristemente Elon Musk, rispondendo al tweet di un utente che aveva ricordato il calo di nascite in Italia evidenziato dai dati Istat del 2022: “L’Italia sta scomparendo”. Il miliardario aveva già espresso il suo timore per il paese in un tweet dello scorso anno sullo stesso argomento. “L’Italia non avrà più persone se queste tendenze continuano”. Di questo passo, la crisi della natalità e l’aumento della mortalità degli ultimi anni potrebbero avere conseguenze devastanti per il nostro paese. E in questo senso, la retorica di demonizzazione dei migranti in arrivo sulle nostra coste mostra tutta la sua nullità matematica al confronto.
Ottavia Pressato