Nations award 2024 / Quando l’arte diventa cutura

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Gianvarlo Giannini recita Shakespeare

Siamo abituati a kermesse in cui i festival non riescono a rendere l’arte cultura. Bensì l’arte diventa una vetrinetta per attori e attrici esordienti, o il cui astro ha smesso, da tempo, di brillare. Il tutto “arricchito”, per non farsi mai mancare niente, da una retorica vuota, a tratti insopportabile.

Il “Nations Award” di Taormina, svoltosi domenica scorsa, ha dimostrato di essere un festival popolare e, al contempo, di riuscire a creare cultura.
Gli attori premiati, tutti nomi di prestigio, sono stati: Kevin Spacey, Giancarlo Giannini, Margareth Madè, Madalina Ghenea, Tuccio Musumeci, Noemi Brando, Ester Pantano.
I premiati “extra” sono stati: Massimiliano Fuksas e Doriana Fuksas entrambi architetti, il dirigente sportivo Giuseppe Marotta, il direttore del teatro “Pirandello” di Agrigento Gaetano Aronica.

Kevin Spacey
Kevin Spacey

Nations award: quando l’arte diventa cultura

Il focus della serata è stato il monologo di Marco Antonio tratto dal “Giulio Cesare” di William Shakespeare. Kevin Spacey ha interpretato Marco Antonio, in quello che si dice stile drammatico: petto in fuori, voce piena, tono declamatorio, senza mai scadere nel retorico o nel tribunizio, dando prova di grande intelligenza teatrale.
E’ avvantaggiato dal fatto che la sua lingua è la lingua madre di Shakespeare, o perlomeno quella letteraria. Ma “O senno, tu sei fuggito tra gli animali bruti e gli uomini hanno perduto la ragione. Scusatemi il mio cuore giace là nella bara con Cesare e debbo tacere sinché non ritorni a me”, vale da sola tutto il festival.

Giancarlo Giannini a Nations award
A sx,Tuccio Musumeci e Giancarlo Giannini

Giancarlo Giannini recita Marco Antonio diversamente, prima di tutto in lingua italiana, e inquadrando Marco Antonio in una prospettiva più umana e meno eroica: la voce è piana e lenta. Marco Antonio non è più l’eroe tragico, a cui non fa paura niente e nessuno. E’ un uomo disilluso, che vede la storia come tragica fatalità e non una gloriosa ascesa.

Questi due monologhi, declinati con due stili quasi agli antipodi, danno prova che l’arte drammatica ha un valore universale. Si dice che l’arte sia necessaria perché rinnova lo spirito dei popoli. Non siamo certi che l’arte rinnovi qualsivoglia tipo di spirito, forse l’arte è un’illusione che ci permette di credere che esista qualcosa di meglio, o un’illusione che scongiuri le parole di Marco Antonio “O senno, tu sei fuggito tra gli animali bruti e gli uomini hanno perduto la ragione”.

                                                                                             Giosuè Consoli

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