Quest’anno il premio Nobel per la Pace è triplice, distribuito per merito ad Ales Bialiatski e a due organizzazioni umanitarie, una russa e una ucraina. Il primo è noto come attivista bielorusso per i diritti umani e le libertà politiche. Il secondo e il terzo sono invece due organizzazioni: rispettivamente la russa Memorial e l’ucraino Center for Civil Liberties. Un Nobel per la pace assegnato nel pieno di una guerra che da 8 mesi lacera l’Europa, un premio spiega il comitato di Oslo, non contro Putin ma a favore dei diritti umani.
Nobel / Premio ad Ales Bialiatski in nome di diritti umani, democrazia e uguaglianza
Il dissidente Ales Bialiatski, al momento in carcere senza processo, ha ottenuto quest’anno il riconoscimento insieme a due organizzazioni per i diritti umani. Attualmente 60enne è noto per il suo lavoro con la ONG Viasna Human Rights Centre of Belarus. Al netto delle polemiche che ne sono seguite, rimane comunque l’impressione di fondo che la scelta sia stata ispirata da oculatezza e senso della misura. Un esercizio non facile, viste le contraddizioni. Che vanno ad aggiungersi alle contrapposte ragioni, a loro volta accompagnate ad ogni confronto armato. Anche a quello in atto nell’Ucraina orientale.
Così ha infatti dichiarato la presidente della Commissione europea: “Il Comitato del premio Nobel ha riconosciuto l’eccezionale coraggio delle donne e degli uomini che si oppongono all’autocrazia e che mostrano il vero potere della società civile nella lotta per la democrazia”. Perché spesso senza democrazia, e senza libertà e giustizia, non può esistere umanità.
Nobel per la pace: abusi di potere e crimini di guerra
Ales Bialiatski dice: “I russi non sono Putin i russi sono come navalmy”. Un onorificenza dunque in onore dell’impegno in difesa dei diritti umani e del diritto di criticare il potere, contro gli abusi di potere. Per aver documentato crimini da guerra dall’annessione della Crimea ad oggi. Il Nobel si rivela così un premio collettivo di tre paesi ex-sovietici, dedicato sopratutto a chi è arrivato vivo fin qui. Ma anche a chi non c’è più come Anna Stepanovna Politkovskaja uccisa 16 anni fa, il 7 ottobre del 2006. Giornalista e attivista russa per i diritti umani, anche lei impegnata nella lotta contro i crimini di guerra.
Il 7 ottobre è allo stesso tempo il giorno del compleanno del presidente russo e quello dell’assassinio della giornalista, uccisa nell’ascensore del palazzo in cui abitava a Mosca. Quest’anno coinciso, tra l’altro, con l’esplosione del Ponte di Kerch. Oggi i suoi libri e i suoi diari vengono letti da milioni di persone per capire “la Russia di Putin“, mentre quell’esecuzione a sangue freddo è ancora avvolta nel mistero. Da anni, con gli articoli su Novaya Gazeta, Politkovskaja descriveva la nascita e l’affermazione del regime putiniano predicendo il fallimento delle speranze democratiche della Russia post sovietica e indagando nel dettaglio i crimini perpetrati in Cecenia dalle truppe di Mosca e dalle milizie locali del Quisling islamista Ramzan Kadyrov, che Putin nominerà nel 2007 Presidente per meriti anti-terroristici e che ne avrebbe accompagnato il delirio fino ai nostri giorni.
Chi è il Premio Nobel per la pace, Ales Bialiatski
Il dissidente russo, nel 1996 ha fondato l’organizzazione Viasna, che significa Primavera. Poi trasformatasi in un’ampia organizzazione per i diritti umani che documenta e protesta contro il ricorso alla tortura sui prigionieri politici. Le autorità governative hanno ripetutamente cercato di mettere a tacere l’attuale premio Nobel per la pace Ales Bialiatski che dal 2020 è in prigione senza processo. Nonostante le tremende difficoltà personali, Bialiatski non ha ceduto di un passo nella sua lotta per i diritti e la democrazia in Bielorussia.
“Durante le guerre cecene, ha raccolto informazioni sugli abusi e i crimini perpetrati sui civili dalle forze russe e pro russe“, ha precisato la presidente del Comitato Nobel ricordando Natalia Estemrova, l’attivista di Memorial uccisa nel Caucaso proprio per questo lavoro. La società civile in Russia è stata soggetta a minacce di detenzione e uccisioni per anni. “Questo premio non si rivolge al presidente Putin, né per il suo compleanno né in nessun altro senso, a parte il fatto che il suo governo, come quello bielorusso, rappresenta un governo autoritario che sopprime“, ha detto Berit Reiss-Andersen.
Il prezzo della verità
“I premiati rappresentano la società civile nei loro Paesi, hanno per molti anni promosso il diritto di criticare il potere e proteggere i diritti fondamentali diritti dei cittadini“. Così il comitato dei Nobel di Oslo nella motivazione per il premio della Pace del 2022. “Hanno fatto un sforzo straordinario per documentare i crimini di guerra, gli abusi dei diritti umani e gli abusi di potere insieme dimostrano il significato delle società civili per la pace e la democrazia“.
Il premio di quest’anno ricorda anche che ci sono fin troppi giornalisti caduti mentre si trovano sul punto della verità. Ricerca che spesso si trasforma in condanna e nel peggiore dei casi in vite spezzate. Verità dal pesante prezzo. Oggi, la guerra si combatte in Ucraina ma è la guerra della democrazia mondiale contro la dittatura. Per questo oggi il premio ha un’importanza cruciale e partecipativa che riguarda soprattutto la presa di coscienza dei singoli individui di tutto il mondo.
Giuliana Aglio