Dai sondaggi rilevati nel Gennaio 2017 (Hootsuite) si è riscontrato un notevole incremento nell’abuso dei social network: secondo le stime, infatti, l’utilizzo di Whatsapp giornaliero è aumentato del 48%; quello di Facebook ha subito un incremento del 55%, mentre Youtube del 57%.
Come questo ha influito sulle relazioni sociali?
Domanda che ha suscitato opinioni contrastanti: nel campo della psicologia, il fenomeno ha colpito tutta la popolazione, senza distinzione di età, danneggiando le relazioni interpersonali. Infatti, la routine quotidiana si è modellata sulla presenza del cellulare, elemento divenuto costante e imprescindibile.
Il ruolo della messaggistica sembra aver costituito l’unico momento di evasione dalla realtà e di svago prescindendo dai luoghi non virtuali: spesso il soggetto ricerca la propria individualità nelle piattaforme digitali, rischiando di perdere i contatti con il mondo esterno.
Non avendo vie concrete di fuga da un disagio opprimente che spesso interessa la vita privata dell’individuo, i minori avvertono un peso che sentono di non saper gestire. Questa sensazione si traduce in un bisogno di condivisione dei propri spazi, anche intimi, con coetanei ed amici, tramutandosi però spesso in una tendenza all’esagerazione e all’esasperazione e quindi alla dipendenza.
Il soggetto in questione è definito nomofobico: con questo termine si intende la paura ossessiva di non essere costantemente connessi con il web, e il timore di non avere il telefono accanto disturba i giovani anche nei momenti quotidiani, come durante il riposo perché la presenza dello smartphone diviene confortante. L’ossessivo utilizzo dei social network è spesso sintomo di sofferenza e di disturbi legati alla sfera intima, tra i quali spicca il disturbo dipendente della personalità.
E voi in cosa vi riconoscete? In quelli che scorrono passivamente la bacheca, intenti a controllare le notifiche, o tra quelli attivi, che vivono intensamente ogni attimo senza la frenesia di condividerlo sul Web?
Demetra Caniglia
Martina Lo Giudice
Asia Madaudo
(gli autori di quest’articolo sono studenti del Liceo Classico “Gulli e Pennisi” di Acireale in alternanza scuola – lavoro a “La Voce dell’Jonio”)