Stessi giorni, due Festival diversi. Dal 3 al 5 febbraio a Sanremo non andranno in scena solo i cantanti sul palco dell’Ariston, ma anche quelli di un altro Festival: quello della canzone cristiana. Sul palco dell’Auditorium di Villa Santa Clotilde, Opera Don Orione di Sanremo, saliranno 24 artisti per cantare emozioni, immagini e parole rivolte a Dio. In una sorta di staffetta musicale, il Festival farà da apripista a quello dell’Ariston, perché si terrà nel pomeriggio, dalle 14.30 alle 19.30.
In Italia la canzone cristiana non gode della stessa popolarità di altri Paesi
“Gli orari non si sovrappongono e da parte dell’organizzazione non c’è la volontà di offrire un controfestival. Non c’è rivalità”, spiega Dajana D’Ippolito, in arte Dajana, la cantante tarantina che insieme a Erminio Sinni, vincitore del talent show The voice senior del 2020, presenta un brano dal titolo importante: “Padre nostro”. La kermesse canora ha dietro le spalle la direzione artistica di Fabrizio Venturi, vede come media partner Radio Vaticana e Vatican news e i canali televisivi Tele Padre Pio e Canale Italia seguiranno in diretta la tre giorni. La musica cristiana in Italia ancora non gode della stessa fama riscossa in altri Paesi, ma come racconta la stessa Dajana, che è anche ambasciatrice dell’organizzazione Mary’s meals, magari in futuro potrebbe far parte dei generi suonati anche nel Festival sanremese.
Dajana, come è nata “Padre nostro”?
È nata in una notte di novembre in cui ero al piano. Lì è nato l’incipit. Poi con la collaborazione di Eugenio Valente e di Erminio, il brano ha preso forma ma da un po’ la musica era dentro di me. Di solito le canzoni mi vengono così: per un po’ canticchio la melodia, in seguito arrivano le parole.
Sei stata allieva di Mogol. Anche il paroliere e Lucio Battisti ideavano prima la musica e poi il testo.
Sì credo sia la via più semplice. Mi capita spesso di scrivere contemporaneamente la musica e poi le parole. Avere un testo e musicarlo mi è più difficile, ma non impossibile: mi è capitato con il brano ‘Figli della luce’, ispirato al Salmo 23, il mio preferito, legato ai momenti più bui. Alla fine nulla è impossibile, quando pensi che quella potrebbe esser la tua strada.
Qual è il significato che credi trasmetta il brano che presenterete?
Il ‘Padre nostro’ è una preghiera veramente universale, un punto in cui si riesce a comprendere il messaggio che io e Erminio vogliamo trasmettere: siamo tutti, uomini e donne, sotto la stessa croce, siamo uniti dal Padre nostro che non fa differenze. Il messaggio di Gesù è questo: lui ama tutti, anche chi può apparire ai nostri occhi più disgraziato. È una cosa che dovremmo comprendere. A volte rischiamo di essere dei cattolici poco credibili e poco dentro le regole mentre il significato della venuta di Cristo è stata quella di affermare che esiste un solo Padre. L’idea del brano è venuta da una liberazione che quasi non so spiegare. In più c’è il tocco di colui che chiamo il ‘sarto della mia musica’, Eugenio Valente, capace di cucire addosso degli arrangiamenti meravigliosi, molto moderni. È da ascoltare, bisogna seguire il Festival.
Non nasci come una cantante di musica cristiana bensì di jazz. Quando hai capito che dovevi svoltare?
Mi capitava in passato di entrare in una chiesa e di commuovermi. Accadeva qualcosa che mi facesse piangere ed emozionare. Da bambina partecipavo al coro della parrocchia come solista. Poi è capitato che mi sono allontanata perché mi sono fatta prendere dalle cose del mondo. Fortunatamente mi sono riavvicinata.
Una figura importante è stato San Giovanni Paolo II. Credo che tutto sia partito da una lettera lasciata sulla sua tomba per chiedere disperatamente aiuto perché non era più vita quella che conducevo. Ho ottenuto la grazia: una risposta, ciò che cercavo. Mi ha portato verso Maria e ho conosciuto la Madonna dal punto di vista di una mamma. Con Erminio condividiamo la devozione a Medjugorje dove ci siamo recati. È stata una amica, Anna Raisa Favale (direttrice artistica della produzione video di Aleteia, ndr), a parlarci l’una dell’altro e ci ha fatto incontrare.
Come leggi l’affiancamento del Festival a quello della canzone italiana negli stessi giorni e nella stessa città?
Lo trovo bellissimo. Tutti noi amiamo il Festival di Sanremo. C’è un grande rispetto degli orari perché il nostro Festival sarà nel pomeriggio. Sanremo è la patria della musica italiana, non c’era luogo migliore. Da una parte si festeggia la musica pop e dall’altra un ramo della musica pop parla di Dio. Chissà, magari presto una sezione del Festival sarà dedicata alla musica cristiana e di tutte le religioni. Potrebbe essere una apertura. Credo che il tempo e il luogo siano i più azzeccati. Gli orari non si sovrappongono e da parte dell’organizzazione non c’è la volontà di offrire un controfestival. Non c’è rivalità.
C’è chi potrebbe dire che nella stessa giornata a Sanremo si cantano prima le lodi di Dio e poi la sera il contrario…
Dobbiamo lavorare perché anche la sera si possa lodare ognuno il proprio credo. Se noi cristiani crediamo di aver capito tutto abbiamo perso in partenza, dobbiamo essere aperti a tutte le religioni.
Le polemiche al Festival dell’Ariston anche legate alle religioni ogni anno non mancano.
Certe volte si esagera perché si sconfina dallo spettacolo. Quello che mi chiedo è se per i cattolici la figura del Cristo sia importante. Perché altrimenti andare sul palco dell’Ariston e rappresentarlo in maniera poco edificante?
Ti riferisci alla partecipazione lo scorso anno di Fiorello con una corona di spine?
Sì. Ognuno di noi dovrebbe avere un po’ di senso di misura per far scattare le domande necessarie. La volontà di provocare e generare polemiche non c’entrano con lo spettacolo. Riguardo ad Achille Lauro invece credo che sia un artista a 360 gradi. Non l’ho mai giudicato, perché credo che in qualche modo voglia rappresentare ciò che stiamo diventando. Quanti si dicono cattolici ma poi si comportano in maniera contraria? Non lo ho mai demonizzato.
Elisabetta Gramolini