Notte delle chiese Acireale / “Trovami” è il tema che ha guidato il percorso esperenziale tra arte e meditazione

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Notte delle chiese ad Acireale

“Trovami”. E’ l’invito, l’esortazione, l’accorato appello che Dio, da millenni, rivolge alle donne e agli uomini della terra.  Un Dio che, secondo la dottrina cristiana, non può fare a meno di amarci, nonostante la nostra sordità e resistenza. Trovare Dio non è facile, richiede volontà, determinazione, coraggio, abbandono: un cammino, oltre che arduo, spesso oscuro, come testimoniano i mistici che hanno vissuto le lunghe notti della fede.

Nel 2024 “Trovami!” è il tema proposto per la lunga notte delle chiese che si è svolta ad Acireale venerdì 7 giugno. L’evento, dal 2016 si svolge lo stesso giorno in tutta Italia, coinvolgendo sempre più chiese del territorio, e appassionando credenti e non, grazie allo stile esperenziale del percorso che unisce, arte, musica, meditazione, silenzio.

Un’opportunità per conoscere le bellezze delle nostre chiese, spesso sconosciute o rese opache dalla cecità della consuetudine. E ancora di più, per affinare la mente e il cuore nel sentiero della spiritualità.

La notte delle chiese in cinque tappe

Anche quest’anno l’iniziativa è stata promossa dall’associazione Cento Campanili, che si è avvalsa della collaborazione dell’Ufficio Beni Culturali della Diocesi, del Parco Culturale Ecclesiale terre dell’Etna e dell’Alcantara, dell’associazione Stoà Sicula, dei fratelli Camilliani, dei Frati Minori e della Caritas Diocesana.

L’appuntamento per l’inizio del percorso, suddiviso in cinque tappe, è alle 20.30, ma già da tempo davanti al palazzo vescovile si era radunato un folto gruppo di persone acesi, provenienti dalle zone limitrofe e da Catania. Il suono gioioso delle campane delle chiese coinvolte, dà il benvenuto e segna l’inizio del cammino.

Palazzo vescovile
Nel Palazzo vescovile

Notte delle chiese ad Acireale: prima tappa

“Trovami nell’intimità del cuore” è il titolo della prima tappa, la sede prescelta è il Palazzo vescovile, punto di riferimento e cuore per tutti i cristiani della diocesi. Ad accoglierci monsignor Antonino Raspanti, da 12 anni vescovo della nostra diocesi. Dopo i saluti e la presentazione del programma a cura della presidente dell’associazione Cento Campanili, Maria Rosa Licciardello, si passa all’arte con la descrizione del palazzo e di alcuni quadri che ornano il salone delle riunioni: i ritratti dei primi due vescovi, Genuardi ed Arista, mentre nella parete opposta è collocato un quadro del XVIII secolo che raffigura la buona morte: il morente in questo travaglio non è solo. In terra sono presenti alcuni chierici, mentre in cielo appare la Madonna, pronta ad accoglierlo. Questo momento è affidato a Roberta Leonardi, presidente della Stoà Sicula.

dipinto di Paul Weingarten
Dipinto di Paul Weingarten

Prosegue mons. Raspanti: la piccola cappella del palazzo è il cuore della comunità diocesana, il luogo nel quale inizia la sua giornata di fronte al tabernacolo, accanto alle reliquie di santi contemporanei come, Allegra e Puglisi, e con la visione di alcuni quadri dal forte significato. Si sofferma sulla descrizione di una crocifissione, dipinta dal suo amico ebreo newyorkese Paul Weingarten. Cristo è visto di spalle, ma con il volto si sforza di superare il braccio della croce per cercare con gli occhi, ciascuno di noi. Ai piedi della croce Maria, Giovanni e un “capro espiatorio” di tradizione ebraica. “Dio vuole essere cercato, perché Lui mi ha già trovato” conclude Raspanti.

Una piccola finestra, mette in comunicazione la cappella con l’altare del Santissimo Sacramento in cattedrale, una visione che rafforza il legame con Dio e con tutta la comunità della diocesi.

Notte delle chiese ad Acireale: seconda tappa

Insieme ci spostiamo verso la chiesa dei santi Pietro e Paolo, sede della seconda tappa dal titolo “Trovami nel dolore”.
All’interno la famosa statua del “Cristo siciliano alla colonna”, creata nel ‘600, da frate Umile da Petralia e caratterizzata dal forte pathos, tipico delle rappresentazioni drammaticamente scenografiche del seicento spagnolo. Frate Umile ne ha creati circa 33 e la tradizione racconta che mentre scolpiva, pregava.
La presentazione teologica e artistica è affidata a don Antonio Agostini, storico dell’arte e attuale segretario del vescovo. Le sofferenze del Cristo sono l’espressione del suo amore, e come scriveva S. Brigida, un invito all’introspezione, al ravvedimento del cuore e alla conversione.

Cristo siciliano a San Pietro
La statua del Cristo siciliano a San Pietro

E sullo stesso tema prosegue la testimonianza di don Dario Malizia, camilliano, da sempre accanto ai malati, ai moribondi, agli ultimi. Cristo era inchiodato sulla croce, come molti malati sono “inchiodati a letto”, a volte soli. Ma la sofferenza umana o divina, anche se lunga e dolorosa è pur sempre “transitoria”. Come ricordava don Tonino Bello, dopo ci saranno leggerezza e luminosità dei cieli che si schiudono. L’anima, accompagnata da musiche celestiali, come quelle suonate all’organo da Giuseppe Grasso, sarà accolta nella dimora eterna.

Notte delle chiese ad Acireale: terza tappa

Dall’omega ritorniamo all’alfa, per proseguire con la terza tappa dal titolo “trovami nella condivisione”. Sulla facciata della cattedrale un gruppo marmoreo ci parla di vita, dell’annunciazione, dell’inizio della vita cristiana. Protagonista è Maria, maestra di condivisione di questo momento di riflessione. Il gruppo sempre numeroso si distribuisce fra gli scranni dell’abside e le prime file dei banchi per ammirare gli affreschi dei fratelli Filocamo sulla vita di Maria. E ascoltare anche la descrizione di Claudia Leonardi di Stoà Sicula. Purtroppo l’amplificazione dei microfoni e forse l’acustica dell’abside, hanno reso molto difficile la comprensione delle parole anche nell’intervento successivo, curato da don Orazio Tornabene, direttore della Caritas.

don Orazio Tornabene col maestro cristaudo e la corale Jonia
Da sx. al centro, don Orazio Tornabene, il maestro Giuseppe Cristaudo e la corale Jonia

La bellezza e l’espressività degli affreschi della prima metà del settecento dei Filocamo, hanno ridotto il disagio, procurato dalla tecnologia attuale. Basta guardare le scene dedicate a Maria per capire cosa significa condivisione. L’incontro con Elisabetta è una condivisione di gioia che culminerà nel Magnificat. Nella nascita di Gesù, nell’ adorazione dei re magi, nella presentazione al tempio, Maria è sempre presente e in due scene tiene Gesù in braccio. Ma l’atteggiamento del suo corpo e le braccia protese in avanti, dicono che questo bambino, lei l’ha fatto per noi e con noi lo condivide. Dal possesso alla condivisione, come suggerisce Gesù al giovane che chiede consigli per avere la vita eterna.
Conclude la corale polifonica Jonia, il più antico coro di Sicilia, diretto dal maestro Giuseppe Cristaudo con canti di Jovi Busto, Ola Gjeilo, Steve Dobrogosz.

Notte delle chiese ad Acireale: quarta tappa

Dopo tante luci, colori, musiche, cieli che si schiudono, santi, Trinità, vita e trionfi in cielo, ci raccogliamo in silenzio per vivere la quarta tappa, dal titolo “Trovami nel Silenzio”, presso la chiesa di S. Vincenzo Ferreri. Questa è una piccola chiesa in via Currò, dove il Santissimo è esposto sempre, per offrire l’opportunità, a chi lo desidera, di incontrare Gesù in vicinanza e intimità di cuore.chiesa san Vincenzo ferreri

Il silenzio è relazione, una relazione intima con noi stessi e con l’altro, ci ricorda don Carmelo Raspa. Cita Elia e il suo incontro con Dio caratterizzato da un silenzio che sussurra. Anche quando il cuore è agitato da sentimenti forti e contrastanti, in soccorso viene Dio che, come nel salmo 107, “riduce la tempesta in silenzio” e il silenzio si trasforma in lode sussurrata, una dimensione intima in chi ama. Seguono alcuni minuti di silenzio, a tratti interrotti dai frastuoni della vita che continua nelle strade vicine.

Notte delle chiese ad Acireale: quinta e ultima tappa

E sempre in silenzio ci avviamo verso la quinta ed ultima tappa dal titolo “trovami nella testimonianza e nella pace”, presso la basilica di S. Sebastiano.
Alessio Barbagallo di Stoà Sicula illustra lo stile e le tematiche proposte negli affreschi dell’abside, ad opera di Paolo Vasta e della sua scuola, nella metà del ‘700. Il pittore acese, a Roma ha conosciuto altri pittori e appreso nuove tecniche, che applicherà, al suo ritorno, nella città natale. Gli affreschi raccontano il doppio martirio del guerriero Sebastiano, che dopo l’incontro con Cristo, ne diventa il testimone. La scelta dei colori con la predilezione di quelli caldi dal giallo, all’arancio alle varie tonalità del rosso, così come l’uso delle luci che illuminano le scene cruente del martirio, sono espressione dello stile di Paolo Vasta, in grado di coniugare tradizione con innovazione.

A fra Giuseppe Garofalo dei Frati minori è affidato il compito di parlarci di testimonianza e pace.  Per praticare entrambe, è necessario aver vissuto l’incontro con Dio, quello che trasforma nel profondo la propria vita. Eccetto che per S. Paolo, come racconta la sua agiografia, il percorso non è immediato, ma per tappe successive e si realizza attraverso esperienze che Dio ci fa vivere. Così come essere costruttori di pace, non è quito vivere, ma il risultato di uno stile di vita, che trova nel Vangelo, la fonte di ispirazione, come avvenuto per Francesco d’Assisi, e come suggerito da Gesù stesso, nel brano tratto dal Vangelo di Matteo, e nel’600 mirabilmente dipinto da Caravaggio nelle “Sette opere di misericordia.”

E’ mezzanotte e la chiesa è ancora piena di persone, attente e partecipi. Il miglior modo per “testimoniare” agli organizzatori l’apprezzamento per il lavoro da loro svolto.

 

Rosa Maria Garozzo