«Non dimenticate mai che la vostra fedeltà coniugale è un dono di Dio, e che verso ciascuno di noi è stata usata misericordia. Una coppia unita e felice può comprendere meglio di chiunque altro, come dall’interno, la ferita e la sofferenza che provocano un abbandono, un tradimento, un fallimento dell’amore», ha detto il Papa nel corso di un’udienza alle Équipes Notre-Dame, movimento laicale di spiritualità coniugale nato in Francia nel 1938 ed ha denunciato il fatto che al giorno d’oggi l’immagine della famiglia «è deformata mediante potenti progetti contrari sostenuti da colonizzazioni ideologiche»
Il Papa, anche in preparazione del prossimo sinodo sul tema “ La vocazione e la missione della famiglia nella Chiesa nel mondo contemporaneo” che si terrà a Roma dal 4 al 19 ottobre, ha invitato i partecipanti all’udienza a essere «vicini alle famiglie ferite» dalla disoccupazione, dalla povertà, dai problemi di salute, da un lutto, dalla preoccupazione per un bambino, da una lontananza o da un clima di violenza. La famiglia cristiana unita e benedetta dal sacramento del matrimonio è oggi bersagliata da numerosi attacchi che la corrodono ed anche le annunziate riforme del codice di diritto canonico sulle nuove procedure dei processi di annullamento del matrimonio. Due colpi di sciabola hanno ferito ancora una volta la famiglia, la sua identità, soggettività e missione.
Le Istituzioni europee rimproverano ancora una volta l’Italia, dopo solo due mesi dalla precedente decisione della Corte europea dei Diritti dell’Uomo, perché si ostina a negare il riconoscimento di diritti umani sulla base del loro orientamento sessuale. Al contempo il Papa, dopo solo tre secoli, modifica le procedure di nullità del matrimonio religioso, promuovendo il “processus brevior” che riduce le lunghe attese di una sentenza di nullità del matrimonio religioso. La supremazia dei diritti individuali sui pregiudizi collettivi ha il sopravvento nel dibattito che si definisce “civile” ed il Parlamento si accinge e deliberare sulle unioni civili che non sono, comunque, da considerarsi “matrimoni”. La volontà politica e ideologica, con il sostegno dell’apparente salvaguardia dei diritti di tutti, indirizza il cammino della società verso nuovi percorsi che contrastano con l’eredità di una tradizione che ha segnato le coscienze e la cultura dell’Italia. “Io non so se le cose andranno bene quando andranno diversamente” scriveva un filosofo tedesco, ma sembra proprio che la fiumana travolgente del cambiamento non si possa arginare. Per valorizzare la vita del singolo si sacrificano ideali sociali e valori portanti e nello specifico il matrimonio come valore e come sacramento, resta un “luogo simbolico” e si adegua alle formali espressioni di democrazia e di apparente “progresso” e “segno di civiltà”.
Con i motu proprio “Mitis iudex Dominus Iesus” (per la Chiesa Latina) e “Mitis et misericors Iesus” (per la Chiesa Orientale), presentati l’8 settembre nella Sala stampa della Santa Sede, Papa Bergoglio ha annunciato una rifondazione del processo canonico riguardante le cause di nullità matrimoniale. La nuova normativa intenderebbe rispondere ad alcune aspettative emerse durante il Sinodo straordinario sulla famiglia e raccoglie i frutti del lavoro della commissione speciale istituita dal Pontefice il 27 agosto 2014, affinché siano più spedite ed efficaci le procedure per la dichiarazione di nullità dei matrimoni. Con l’abolizione della “doppia sentenza conforme” si dà anche vita al “processo più breve”, e il Vescovo diocesano, o l’Eparca per la Chiese orientali, assume il compito di “giudice unico” nelle cause di nullità. Nel 1741 Benedetto XIV istituì la doppia conforme per far fronte agli abusi commessi da vescovi e tribunali soprattutto in Polonia e Pio X, all’inizio del Novecento, limitò al massimo il ricorso all’azione della Sede apostolica valorizzando i processi celebrati nelle singole diocesi.
Il Vescovo giudice unico “nell’esercizio pastorale della propria potestà giudiziale dovrà assicurare che non s’indulga a qualunque lassismo” e con questa nuova procedura, i rischi di abusi e di “corruzione” non sono del tutto superati e, rispettando le condizioni di libero accordo tra le parti, potrebbe dare l’impressione che il processo più breve sia una sorta di “copia” del divorzio civile, il c.d. “divorzio cattolico”, col quale si rende più facile e breve lo scioglimento del vincolo matrimoniale, seguendo la scia dell’evoluzione storica e sociale del divorzio breve secondo la procedura civile.
La nuova normativa, con lo snellimento dell’iter ordinario del “processo documentale” e con l’istituzione del processus brevior, consente di accorciare ulteriormente i tempi, sempre che ci sia l’accordo delle parti e la nullità sia sostenuta da argomenti particolarmente evidenti. Questa norma, secondo le nuove disposizioni – che entrerà in vigore l’8 dicembre prossimo, solennità dell’Immacolata, cinquantesimo anniversario della conclusione del concilio Vaticano II e inizio del Giubileo straordinario della Misericordia – non mette in discussione – anche perché non potrebbe, considerato il vincolo di diritto divino – l’indissolubilità del matrimonio, “cardine e origine della famiglia cristiana”, bensì tende a favorire la celerità dei processi “nei casi in cui l’accusata nullità del matrimonio è sostenuta da argomenti particolarmente evidenti” e rafforzare la centralità del Vescovo diocesano, che in comunione con il Pontefice è il garante dell’unità della fede e della dottrina. Il Vescovo diocesano diventa così “giudice nella sua Chiesa particolare”, ed ha il compito di costituire un tribunale, da qui la necessità che sia “nelle grandi come nelle piccole diocesi”, il Vescovo non lasci completamente delegata agli uffici della curia la funzione giudiziaria in materia matrimoniale del dubbio”.
Le cause di nullità del matrimonio sono riservate a un “collegio di tre giudici, presieduto da un giudice chierico, i rimanenti giudici possono anche essere laici”. Occorre, comunque, mantenere “l’appello al Tribunale ordinario della Sede Apostolica, cioè la Rota Romana, nel rispetto di un antichissimo principio giuridico, così che venga rafforzato il vincolo fra la Sede di Pietro e le Chiese particolari” contenendo “qualunque abuso del diritto, perché non abbia a riceverne danno la salvezza delle anime”. Come ha spiegato il Card. Francesco Coccopalmerio, presidente del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi e membro della Commissione speciale, il processo canonico è volto “in primo luogo a vedere se un matrimonio è nullo e poi, in caso positivo, a dichiararne la nullità. E’ in altre parole un processo “pro rei veritate” e analizza i molteplici aspetti che determinano la nullità del matrimonio”.
Alcuni osservatori hanno inoltre notato che la traduzione italiana della lettera apostolica “Mitis iudex Dominus Iesus usa i termini Il Signore Gesù, Giudice clemente, mentre il termine “mitis” latino porta in sé le qualità della bontà, della benignità, della dolcezza oltre che la clemenza e la moderazione e sembra quasi fare eco al ritornello della preghiera musulmana di lode indirizzata ad “ Allah, il Clemente, il Misericordioso, il Dolcissimo”. Nella religione musulmana, infatti, ha grande valenza il termine “misericordia” ed alcuni lo considerano segno di unità e d’interreligiosità. In preparazione al Sinodo e all’anno giubilare della Misericordia l’intreccio dei termini conduce ad una speciale attenzione alla persona umana, vero anelito pastorale per la salvaguardia della “salvezza” delle persone, soprattutto quelle lasciate per strada da fallimenti matrimoniali o che riportano la “ferita” di un sacramento che si rivela nullo, ma non può sminuire la saggezza del diritto che ha guidato nei secoli il cammino della Chiesa.
Giuseppe Adernò