Arrivare preparati alle elezioni presidenziali, in un clima di rispetto e di cooperazione istituzionale non è solo una predica buonista, ma un richiamo al principio di realtà, che la politica deve ritrovare urgentemente, prima di consumare tutta la sua residua credibilità.
L’unica certezza è che non potrà finire come un anno e mezzo fa. Cominciata con l’elezione del presidente della Repubblica questa XVII legislatura sembra destinata ad una fine anticipata in coincidenza con una nuova elezione presidenziale. Dopo una serie di indiscrezioni su possibili dimissioni a fine anno, il presidente della Repubblica ha ricordato, in un comunicato molto chiaro e molto sereno, che il secondo mandato che aveva accettato era e non poteva non essere un mandato a tempo.
Doveva essere il tempo delle riforme, a partire dalle riforme istituzionali, del rasserenamento o quantomeno della stabilizzazione del clima politico, della definizione di nuovi assetti. Nell’arco di questi quattordici mesi Berlusconi è decaduto dal Parlamento, è emersa la leadership di Matteo Renzi, prima nel partito e poi al governo, si ragiona di riforme su tutti i campi della vita politico-economico-sociale, con scadenze temporali diverse, da poche settimane a mille giorni, ma sembra che tutto giri in circolo, che siamo ritornati al punto di partenza. Anche il famoso semestre italiano di presidenza di turno dell’Unione – così enfatizzato – sembra scivolare sulla ordinaria amministrazione.
Così serpeggia l’idea di andare al voto anticipato per capitalizzare più che i risultati, il desiderio di qualcosa di diverso e di positivo che gli italiani, nonostante tutto, nonostante le non poche mancate realizzazioni, prima di tutto sui cosiddetti “privilegi” della politica, in particolare al livello regionale, si ostinano a reclamare.
Ma prima della politiche – arrivino presto o tardi – verosimilmente ci saranno le elezioni presidenziali. Non sappiamo se nei fantomatici protocolli riservati del cosiddetto “patto del Nazzareno” ci sia un’ipotesi di approdo condiviso, ma è certo che una scadenza così importante deve essere preparata. Non fosse perché non c’è una soluzione di riserva. L’unica certezza infatti è che non potrà finire come nell’aprile del 2013 semplicemente perché Giorgio Napolitano, che ha in vista il felice approdo del suo novantesimo compleanno, non potrà essere rieletto. Dunque urge trovare un percorso e un approdo credibile, in vista di una scadenza che certamente non giunge imprevista. Le vicende della elezioni per il Csm e per la Corte Costituzionale ci hanno consegnato l’immagine di un parlamento balcanizzato da veti incrociati e da tensioni interne agli schieramenti, in particolare a Forza Italia. Sempre l’elezione dell’inquilino del Quirinale, ad eccezione delle due avvenute al primo turno, è stata terreno di scontri coperti, di vendette, di alchimie e di trabocchetti. Ma oggi forse non ce lo possiamo permettere: la nostra credibilità internazionale resta infatti sotto stretta osservazione. E Napolitano ne è stato un decisivo garante.
Arrivare preparati alle elezioni presidenziali, in un clima di rispetto e di cooperazione istituzionale non è solo una predica buonista, ma un richiamo al principio di realtà, che la politica deve ritrovare urgentemente, prima di consumare tutta la sua residua credibilità.
Francesco Bonini