Negli ultimi mesi, complice lo “Sblocca Italia” che ha messo a disposizione 3,89 miliardi di euro e poi la “Legge di Stabilità” che ha destinato al ministero delle infrastrutture e trasporti altri 6,4 miliardi, si sono gettate le basi per un forte slancio agli investimenti. Nel Lazio il primato negativo dei cantieri aperti: 82. In Trentino, invece, tutto completato.
Quando si parla di opere pubbliche, il pensiero corre subito a realtà come il Mose di Venezia, oppure alla tanto discussa “Tav” in Val di Susa, teatro di vere e proprie battaglie tra forze dell’ordine e oppositori. Di solito si pensa anche alla “Salerno-Reggio Calabria”, la famosa autostrada in costruzione da decenni e tuttora non ultimata. Oppure, per chi vive a Roma, viene in mente la “Città dello Sport” progettata nell’area di Tor Vergata dal famoso architetto Santiago Calatrava, che si staglia come un gigante di cemento tristemente vuoto nella campagna a est della capitale. Il fatto è che, accanto a queste “grandi opere”, costate milioni se non miliardi di euro e ancora da ultimare, ce ne sono un numero elevatissimo altrettanto “incompiute”, più piccole, ma sempre in attesa di ultimazione per non veder sprecati enormi fondi pubblici e per giunta lasciando nei territori dei reperti della incapacità di governo sia dello Stato centrale sia delle amministrazioni periferiche. Un po’ di movimento sul piano degli investimenti pubblici il governo Renzi lo ha prodotto. Negli ultimi mesi, complice lo “Sblocca Italia” che ha messo a disposizione 3,89 miliardi di euro e poi la “Legge di Stabilità” che ha destinato al infrastrutture e trasporti altri 6,4 miliardi, si sono gettate le basi per un forte slancio agli investimenti infrastrutturali. Il ministro Lupi va fiero di interventi programmati, quali – per citare dei casi concreti – le tratte ferroviarie ad alta velocità Brescia-Verona, Verona-Padova, il terzo valico Milano-Genova e il tunnel del Brennero. Accanto a queste opere, il Mose e la piattaforma off-shore di Venezia, la manutenzione ferroviaria generale, l’Anas con le strade da ammodernare, i porti, l’allentamento dei “Patti di stabilità” dei Comuni per quanto riguarda le piccole opere pubbliche locali, insieme all’ammodernamento del trasporto su gomma. Insomma, soltanto con questi interventi ci sarà, da qui a pochi anni, un grosso stimolo sia al mondo edilizio sia in genere ai servizi.
Le quasi 700 medio-piccole “opere incompiute”. Diamo uno sguardo alle altre opere o progettate, o già avviate, che saranno oggetto di intervento a breve e che contribuiranno a “sbloccare l’Italia”, secondo lo slogan coniato dal governo. Per gli aeroporti sono previsti interventi per Malpensa, Venezia, Fiumicino, Firenze e Genova (quasi 4 miliardi). Nuovi cantieri sono in arrivo per l’autostrada Cispadana, il “passante” di Bologna, la Livorno-Civitavecchia. E ancora il nuovo tunnel del Brennero, la terza corsia Trieste-Venezia, l’alta capacità Napoli-Bari, senza contare le opere pubbliche nelle città come il passante ferroviario e metro di Torino, la tramvia di Firenze, le metro a Roma e Napoli da potenziare. La vera curiosità, invece, si trova nelle medio-piccole “opere incompiute”. Sono ben 692, per un importo stimato dal ministero in 3,5 miliardi. Ancora una volta, in questo caso, l’Italia non fa una bella figura su scala internazionale. Già nel 2013, uno studio condotto da Ref Ricerche su dati del World Economic Forum evidenziava che l’Italia si trova all’82esima posizione (superata ad esempio da Kenya, Uruguay e Botswana) in una classifica internazionale che riguarda la qualità delle infrastrutture nazionali. Facciamo qualche esempio, per rendere l’idea di cosa sia una “incompiuta” medio-piccola: tra di esse c’è – accanto al già citato Palasport romano di Calatrava – l’ospedale del Mare di Napoli, la cittadella giudiziaria a Salerno, la “bretella” Campogalliano-Sassuolo (distretto della ceramica), l’idrovia Padova-Venezia, la linea Ferrandina-Matera-Venusio, l’ospedale Alba-Bra.
Un censimento ancora da completare. Per chi volesse cimentarsi con i dati disponibili in rete, si può visitare il sito https://www.serviziocontrattipubblici.it/ raggiungibile da quello del ministero delle infrastrutture e trasporti (www.mit.gov.it) . Ogni regione ha i suoi problemi e le sue “incompiute”. Naturalmente chi ne ha di più, chi meno: così il Lazio è il primatista dei cantieri aperti con 82, mentre al capo opposto il Trentino è a “zero” (cioè li ha chiusi tutti, verrebbe da dire con “efficienza austriaca”!). Tra chi deve correre per completare, seguono la Sicilia (72 cantieri aperti), Sardegna (68), Puglia (59). Ora, sostiene il viceministro alle infrastrutture Riccardo Nencini, “si tratta di completare il censimento evidenziando quali vanno portate a conclusione e quali hanno le caratteristiche della priorità. Per concludere servirebbe almeno 1,2 miliardi di euro, cifra forse eccessiva se si pensa a quante opere ormai non sono più necessarie. Ma vista la carenza di fondi pubblici alcune opere potrebbero essere affidate a imprese private per l’utilizzo di quei beni, anche con una destinazione d’uso diversa da quella iniziale, con il vantaggio di non consumare nuovo territorio”. Quindi l’intenzione positiva del governo c’è. La disponibilità di fondi, anche. Oltre tutto, secondo le stime ministeriali questi interventi dovrebbero mettere in moto decine di migliaia di posti di lavoro diretto oltre all’indotto (c’è chi stima almeno 100 ila, per iniziare). La sfida è grande, il potenziale propulsivo c’è.
Luigi Crimella