Ora la “Barunissa di Carini” parla italiano

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Il castello di Carini
Il castello di Carini

Biagio Fichera, il noto scrittore e poeta acese che si è interessato attivamente del patrimonio folklorico siciliano collaborando, tra l’altro, dal 1975 per quasi cinque anni  con una trasmissione di Rai 1,  si è cimentato con il compito quanto mai arduo della trasposizione dal vernacolo in lingua italiana dell’opera popolare “La Baronessa di Carini”, “con l’auspicio di tramandare ai giovani ciò che ha costruito la nostra Cultura attraverso secoli di storia dell’amata terra di Sicilia”. Fichera ha preso spunto dalla seconda versione della storia leggendaria, raccolta dalla tradizione orale diffusa dai cantastorie dall’antropologo Salvatore Salomone Marino nel 1873 e costituita da 412 versi (mentre la prima versione del 1870 ne comprendeva soltanto 238).

Com’è noto, “la storia racconta di Laura Lanza di Trabia, figlia di Cesare Lanza conte di Mussomeli e di Lucrezia Caetani, che sposò a soli 14 anni, nel 1543, Vincenzo La Grua signore di Carini … Nel 1563 venne barbaramente uccisa perché colta in flagrante adulterio nel castello di Carini con il grande amore della sua vita, Ludovico Vernagallo, un noto nobilotto del luogo. Cesare Lanza avrebbe vendicato l’onore della casata, uccidendo la figlia; Vincenzo La Grua, invece, avrebbe ucciso l’amante della moglie per vendicare il proprio onore personale”. Così sintetizza l’autore della trasposizione la vicenda della “Barunissa”. Ma la leggenda si è impadronita della  vicenda tragica inserendovi, come di consueto, avvenimenti diversi come la delazione di un frate del vicino convento o la variante che attribuisce l’uccisione del Vernagallo a un anonimo compagno d’armi o, infine, l’implorazione di donna Laura al padre di concedergli la grazia di potersi confessare prima di morire. Donna Laura viene spesso indicata nei versi popolari con il nome di Caterina, complice la famiglia che intendeva celare una verità scandalosa.

L’aspetto più rilevante dell’operazione culturale di Fichera consiste nel tentativo ben riuscito di mantenere nella trasposizione da parlate siciliane molto varie la genuinità e la fluidità del verso in modo da non far perdere al testo la sua suggestione e l’aura di mistero. Non è operazione facile per nessuno, ma l’autore può ritenersi soddisfatto del risultato.  Questa edizione speciale con testo siciliano e italiano a fronte, arricchita con disegni di Modesto Furchi e Luciano Vadalà, è stata donata dall’autore  alla Biblioteca Zelantea di Acireale.