Commosso ed appassionato. Così potremmo definire il discorso di ringraziamento pronunciato da mons. Guglielmo Giombanco, a conclusione della partecipata cerimonia di ordinazione episcopale svoltasi nello splendido santuario della Madonna Nera di Tindari.
Ha ricordato tutti, a cominciare dai vescovi: quelli che lo avevano appena consacrato e gli avevano fraternamente imposto le mani sul capo; i suoi predecessori della diocesi di Patti, mons. Carmelo Ferraro e mons. Ignazio Zambito; quelli della sua Chiesa d’origine – Acireale – che gli sono stati “padri” e lo hanno “aiutato a crescere come uomo e come sacerdote”: mons. Giuseppe Malandrino, mons. Salvatore Gristina, mons. Pio Vigo e mons. Antonino Raspanti. Ha poi ringraziato i confratelli presbiteri, i diaconi, i seminaristi e i tanti laici con i quali ha condiviso “l’esperienza di essere Chiesa”; le autorità presenti (tra cui i 42 sindaci dei comuni della diocesi di Patti e quelli di Acireale e Piedimonte); la sua parrocchia d’origine di Piedimonte Etneo, con un grato ricordo a don Rosario Micceri, il parroco che lo “aiutò a leggere i segni della vocazione”; gli istituti in cui ha ricevuto la formazione sacerdotale: il Seminario diocesano di Acireale, il Pontificio Seminario Romano Maggiore, dove ha vissuto “anni intensi e fecondi, sotto la guida di sacerdoti esemplari e di maestri di vita che mi hanno insegnato ad essere Chiesa nella verità, nella libertà, nella gioia”, ma anche lo Studio Teologico “S. Paolo” di Catania dov’è stato alunno e docente, ed i cui presidi lo “hanno aiutato ad allargare gli orizzonti”. E un “grazie speciale” ha rivolto ai suoi familiari: i genitori, il fratello e la sorella, i parenti tutti che lo hanno, “affettuosamente e con discrezione, accompagnato nel ministero”.
Naturalmente il pensiero più sentito lo ha rivolto alla Chiesa di Patti, che ha “già iniziato ad amare” e che ha affidato a Maria con le parole che il Santo Padre Giovanni Paolo II pronunciò nello stesso Santuario di Tindari il 12 giugno 1988: «A te, Madre degli uomini, affido la Chiesa di Patti, con i suoi generosi impegni, le sue cristiane aspirazioni, i suoi timori, le sue speranze. Non lasciarle mancare la luce della vera sapienza. Guidala nella ricerca della libertà, della giustizia per tutti, della santità.»
Mons. Giombanco ha infine tracciato quelli che devono essere i “tratti essenziali” del Vescovo, e lo ha fatto rifacendosi alle parole pronunciate da Papa Francesco il 27 febbraio 2014 davanti alla Congregazione per i Vescovi. Il Vescovo deve essere “Testimone del Risorto”, perché la sua vita e il suo ministero devono rendere credibile la Risurrezione; “Kerigmatico”, per affascinare il mondo, incantarlo con la bellezza dell’amore e sedurlo con l’offerta della verità donata dal Vangelo; “Orante”, perché deve avere la stessa parresìa sia nell’annuncio della Parola che nella preghiera, con la capacità di “entrare in pazienza” davanti a Dio; “Pastore” che ha a cuore “l’assidua e quotidiana cura del gregge”, come il buon pastore che conosce le sue pecore e le ama perché sono sue.
Prima della cerimonia, salutando in piazza le autorità ed i fedeli intervenuti, mons. Giombanco aveva anche ricordato come “Chiesa e Istituzioni civili abbiamo il compito di promuovere il bene comune. Tutti siamo chiamati, ciascuno secondo il proprio ruolo, a costruire una comunità dove la forza della verità dell’uomo e della sua dignità, in ambito religioso e civile, permetta alle opere buone di realizzarsi e di manifestarsi per l’utilità comune.” E sottolineando – come recita l’art. 2 della Costituzione italiana – che “Compito delle Istituzioni civili è riconoscere e garantire «i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità», ha espresso la sua “piena disponibilità e quella della comunità ecclesiale a collaborare con tutti, nel rispetto delle legittime autonomie, perché la nostra gente possa vivere il presente con dignità e possa guardare al futuro con fiducia e speranza.”
Nino De Maria