Il percorso del nostro pianeta negli ultimi decenni è stato vieppiù caratterizzato da una lunga serie di errori da addebitare al fatto che in tutti gli ambiti dell’attività umana sono stati messi al primo posto il denaro, l’individualismo e la competizione, sottovalutando i rischi per la vita e mettendo nell’angolo la solidarietà con la natura e i nostri fratelli.
Le voci che si sono levate in ambito laico e religioso sono state spesso sopraffatte dagli interessi prevalenti in un mondo ormai globalizzato nel quale predominano consumismo, neoliberismo estremo, finanziarizzazione globale ed economia lineare.
Le encicliche come la “Laudato si’” di Papa Francesco e le sue raccomandazioni, come pure la voce delle comunità evengeliche e di intellettuali illuminati hanno trovato ascolto nei saggi che mantengono viva la coscienza e non la sottomettono alle insistenti manipolazioni quotidiane, che in molti procura invece anestetizzazione; quest’ultima non consente di rivolgere lo sguardo verso soluzioni compatibili e di cambiare i comportamenti anomali e pericolosi.
Siamo arrivati ormai al punto di quasi non ritorno e si avverte l’esigenza di ri-portare alla ribalta la Dichiarazione universale dei diritti umani che così recita: “Tutti gli esseri umani … sono dotati di ragione e coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza”.
Non a caso l’ONU l’anno scorso ha istituito la giornata internazionale delle coscienze, che ha come data il 5 aprile, per dare impulso all’impegno per un recupero di saggezza e di umanità. Ma per riscoprire la nostra umanità e affrontare i problemi non risolti occorre un impegno educativo straordinario.
Gli eventi di quest’anno, con particolare riferimento alla pandemia del Covid 19, ci aiuteranno forse a ripensare i modelli economici finora prevalenti. Da parte mia ho ripreso a meditare sull’importanza della saggezza e a ripercorrere le definizioni fornite dai pensatori del passato e da quelli contemporanei. Questo breve scritto non può ripercorrere questo itinerario e mi limito soltanto ad alcune annotazioni per inquadrare la tematica al fine di trarne alcune considerazioni, mi auguro utili, per regolare i nostri comportamenti.
Innanzituto bisogna partire dalla precisazione concettuale dei termini “sapienza” e “saggezza”. La maggior parte dei pensatori, da Aristotele in poi, attribuiscono alla sapienza la conoscenza delle “cose alte e sublimi”, mentre la sapienza riguarda “la conoscenza delle faccende umane e il miglior modo di condurle” (Abbagnano), ma c’è chi sostiene che addirittura senza la saggezza sarebbe impossibile giungere alla sapienza o vera conoscenza. Ad ogni modo, la definizione che possiamo rintracciare nei più accreditati dizionari conferma che la saggezza è la capacità “di chi è in grado di valutare in modo corretto, prudente ed equilibrato le varie scelte e opportunità della vita, optando di volta in volta, innanzi alle varie perplessità, per quella che si riconosce essere la più proficua secondo la conoscenza, alla luce della ragione e dell’esperienza, e comunque in aderenza alla morale e all’etica vigenti possibilmente in ogni tempo e in ogni luogo” (Seila Orienta, P. Windsheimer).
Il tema rimanda alla coscienza e al discernimento di ciascuno nell’autonomia di giudizio perchè il processo decisionale è eminentemente personale e di questo intendo occuparmi, anziché soffermarmi sugli aspetti che caratterizzano nei suoi aspetti generali il mondo contemporaneo.
La valutazione dell’agire umano attinge a valori condivisi universalmente come è dimostrato dal principio morale, la cosiddetta “regola d’oro”, presente in tutte le tradizioni spirituali dell’umanità e che si può sintetizzare nella formula “Non fare agli altri quello che non vuoi che gli altri facciano a te”, messo in evidenza fortemente dal cristianesimo (Matteo, 7,12 e Luca 6,31). Questi valori vanno tradotti nell’agire di ogni giorno con il filtro della nostra coscienza, operazione non certo semplice.
La saggezza dell’esperienza consente di considerare la molteplicità delle circostanze e di giungere ad un orientamento che ci consenta di scegliere il bene hic et nunc, come afferma San Tommaso d’Aquino. Il giudizio morale deve riuscire a conciliare i princìpi generali con la situazione reale (sinderesi). E ogni valutazione non può prescindere, come insegna la Chiesa Cattolica, dalle virtù cardinali, a cominciare dalla prudenza, intesa come phrònesis che è la virtù del discernimento, dell’equilibrio. La prudenza è una forma di saggezza che ci aiuta a valutare gli atteggiamenti da prendere per ogni situazione concreta. Nella società dei nostri giorni, dominata dai mass media, è quanto mai necessario un vero discernimento per seguire ciò che favorisce la nostra crescita umana e spirituale e quella della società.
Alla prudenza vanno associate le altre virtù cardinali ovvero giustizia (intesa come equità, misericordia, rettitudine e rispetto), fortezza (che implica coraggio, costanza, fermezza e perseveranza) e temperanza, che ci aiuta a vivere in armonia e in comunione con Dio e con tutto il creato (intesa come dominio di sé, moderazione, penitenza e sobrietà).
Tutte queste virtù nel Catechismo della Chiesa Cattolica presuppongono però le virtù teologali: fede, speranza e carità e, come scrive San Paolo,”di tutte la più grande è la carità”, dalla quale discendono le stesse virtù cardinali.
Recuperare questi valori non significa affatto oscurantismo, perchè sono, anche al di fuori del credo religioso, molto utili alla società in tutte le sue articolazioni. Non si tratta di chiedere l’obbligatorietà di alcuni comportamenti, bensì di creare le condizioni perchè le coscienze crescano nella consapevolezza e nel senso di responsabilità. L’educazione, dunque, che mette al centro la persona umana nella sua integralità e nel significato cristiano, ha un compito essenziale per una vera rinascita morale e sociale: ragione e coscienza, endiadi imprescindibile e necessaria, che nulla esclude, ma anzi contribuisce a dare un’anima alla ricerca scientifica, all’economia, alla politica, mantenendo al centro alcuni valori etici, che non mettono in contrapposizione di principio la legge esteriore e la coscienza personale. Certamente potranno nascere dei conflitti e in tal caso entra in gioco la coscienza morale che opera la sua opzione responsabile.
Giovanni Vecchio