Nel 2015, in occasione del giubileo di don Bosco, una nuova esposizione del sacro Telo. La sua popolarità è in crescita esponenziale negli ultimi trent’anni. Per l’arcivescovo di Torino, Cesare Nosiglia, un altro passo di quel cammino di “rinascita” che la città e il territorio piemontese cercano e si aspettano. Con la speranza della visita di Papa Francesco.
Difficile trovare un contesto più “torinese”: l’ostensione della Sindone nell’anno del giubileo di don Bosco. Con la visita (probabile, desiderata) di un Papa che ricorda con orgoglio le proprie origini piemontesi e che, sulla Sindone, ha già offerto una testimonianza di grande impatto, nel videomessaggio per l’ostensione televisiva dello scorso Sabato Santo. Sono tre avvenimenti distinti, a cui si aggiungono altre manifestazioni importanti (come l’Expo di Milano); sono l’occasione, come ha ribadito l’arcivescovo custode, monsignor Cesare Nosiglia, per realizzare intorno all’ostensione un altro passo di quel cammino di “rinascita” che la città e il territorio piemontese cercano e si aspettano.
Negli ultimi 30 anni la Sindone ha conosciuto una “popolarità” come forse mai in passato. I risultati (controversi, e sempre meno “autorevoli”) dell’esame con il Carbonio 14 hanno aperto una stagione di ricerche scientifiche di grande rilievo e interesse, che ha permesso di conseguire risultati importanti per quanto riguarda la conservazione e le possibilità di studio dell’immagine. Certo, si sono moltiplicati anche i tentativi di vantare scoperte clamorose: ma la comunità scientifica internazionale è parsa in grado di distinguere i frutti della ricerca seria e senza pregiudizi dagli esperimenti basati sull’ideologia, sui pregiudizi o, semplicemente, sulla logica del business. La “via maestra” scelta dalla Santa Sede e dalla Custodia è stata invece quella di individuare le condizioni migliori per la conservazione; di avviare e portare a termine un coraggioso restauro del Telo, eliminando le scorie dell’incendio del 1532; di creare le condizioni ottimali di pellegrinaggio; e, infine ma non ultimo, di proporre la realtà della Sindone nei temi di magistero – come hanno fatto Paolo VI e Giovanni Paolo II, Benedetto e Francesco.
C’è poi l’esplosione di interesse nei confronti del Telo sui mezzi di comunicazione di massa, che negli ultimi 30 anni si sono impadroniti di quell’immagine, e di tutti i suoi contesti, per affrontare argomenti “seri” o per dare fiato a improbabili scoop sulla formazione dell’immagine, sulle sue peregrinazioni fra Asia ed Europa, sulla sua provenienza da qualche lontano sistema solare (sì, venne detto e scritto anche questo). Il fatto è che la Sindone “fa notizia” non solo per il suo “mistero” scientifico ma, ci pare, molto più per le domande esistenziali che essa suscita direttamente: sulla morte, sulla fede – in definitiva sul senso della vita.
L’ostensione si presenta, dunque, non solo come un “evento” (nel senso, ormai peggiorativo, che questo termine ha assunto), ma una proposta di accoglienza, e di fraternità. Le ostensioni del dopoguerra ci hanno insegnato non solo scienza e organizzazione, ma soprattutto che la Sindone “scioglie il cuore” delle persone che si lasciano interrogare. Questa volta il Telo si potrà vedere in tutto il mondo, attraverso le magie tecnologiche della Rete: ma questi progressi rendono ancor più importante il “venire per vedere”, il farsi pellegrini a Torino.
Marco Bonatti
direttore “La Voce del Popolo” (Torino)