Carissimo lettore,
“Vultum tuum Domine requiram” (cercherò il tuo volto, Signore). Così nella messa della commemorazione dei defunti si legge nel salmo 26/27. Poter contemplare il volto di Gesù: questo il grande desiderio di tutti i santi. Chi, dopo la Madonna, ha contemplato più a lungo il volto santo del Figlio di Dio (così amava definirsi Gesù nei suoi tre anni di vita pubblica), è stato San Giuseppe. Una preghiera a questo glorioso santo così recita: “…Ti fu concesso che quel Dio che molti re vollero vedere e non videro, sentire e non sentirono, fosse da te non solo visto e sentito, ma portato in braccio, baciato, vestito e custodito…” Chi ha composto questa preghiera è stato sicuramente un grande contemplativo.
La preghiera composta dal papa Francesco per l’anno giubilare apertosi l’otto dicembre dell’anno scorso (si concluderà il venti prossimo: domenica di Cristo Re) comincia col chiedere al “Signore Gesù Cristo: mostraci il tuo volto e saremo salvi” e continua invitando a contemplare il volto di Gesù che ci rivolge il suo “sguardo pieno di amore” come lo ha rivolto a Zaccheo, a Matteo, alla Maddalena, a Pietro dopo il tradimento e al ladrone pentito.
Attraversando la porta santa per lucrare l’indulgenza plenaria abbiamo visto il logo del “GIUBILEO DELLA MISERICORDIA – ANNO SANTO 2015/2016”. In esso si trova l’intreccio della parabola della pecorella smarrita che il pastore porta sulle spalle (Lc 15, 1-8) e la parabola del buon samaritano che soccorre “un uomo che incappò nei briganti” (Lc 10, 30-37). Il protagonista è il crocifisso-risuscitato il cui volto ha un occhio in comune con l’uomo soccorso; viene da pensare al Padre distinto dal Figlio ma a Lui unito dalla stessa natura e formando, con lo Spirito Santo, la “Vera et una Trinitas”.
È un tentativo di rappresentare il mistero trinitario? Sicuramente è un invito a cercare il volto di Gesù (che è il volto della misericordia del Padre) nell’umanità sofferente. Concretamente è il volto del nostro familiare, di chi incontriamo nel lavoro, nello svago o, in generale, nell’ambiente dove si svolge la nostra attività quotidiana. Ambiente che siamo chiamati a santificare, santificandoci e santificando (come soleva raccomandare San Josemaria Escrivà) le persone che lo costituiscono.
La preghiera del Papa così si conclude: “….che la Chiesa con rinnovato entusiasmo possa portare ai poveri il lieto messaggio… e ai ciechi restituire la vista”. Penso che tra le tante lettere che arrivano ogni giorno al Papa molte chiederanno le sue preghiere per ottenere miracoli. Non credo che ai suoi collaboratori abbia dato incarico di formulare liste di attesa per non vedenti, anche se i miracoli continuano ogni giorno; ma di questo ne parleremo a suo tempo. Credo che il Papa si auspichi che i confessionali siano più frequentati. Se quella bassa percentuale di fedeli della messa domenicale (molti dei quali si accostano alla comunione) frequentasse mensilmente la confessione, i preti avrebbero solo il tempo di fare i preti e non altro.
“Non basta confessarsi per Pasqua come consiglia la Chiesa?”. Non sono io a rispondere ma una “…commissione di cardinali… affiancata da alcuni esperti collaboratori”, come si legge nel “Motu Proprio per l’approvazione e la pubblicazione del Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica” inviato il 28 giugno dal Papa emerito Benedetto XVI ai “Venerabili Fratelli… Vescovi… e a tutti i membri del popolo di Dio”. Nel parlare dei peccati veniali al n° 306 si legge: “La confessione dei peccati veniali è vivamente raccomandata dalla Chiesa… perché…”. Leggi questi punti relativi alla confessione prima di ripetere quello slogan che ho tante volte sentito nelle sacrestie: “Secondo me…” e giù sentenze e interminabili discussioni.
Con immenso piacere ho saputo che hai scaricato da internet tutte le riflessioni (così qualcuno le ha definite) della rubrica “Otium et negotium”. Scrivimi almeno qualche riga.
Grazie e saluti da
Nino Ortolani