Pagine di Storia / Roma, rivendicazioni femminili in età repubblicana

0
34
donne dell'antica Roma

La storia romana – e in special modo la sua fase repubblicana – è costellata da eventi che hanno fatto clamore. Eventi che rientrano anche nel diritto penale, come quelli, oggetto di questo articolo, che hanno come protagoniste le donne.

Nel 331 erano avvenute delle morti inspiegabili. Morti di uomini di potere. Un’ancella spiegò l’arcano svelando all’edile Q. Fabio Massimo che alcune matrone avevano organizzato la strage preparando e somministrando alle vittime – mariti o parenti stretti – dei potenti veleni. Nelle case delle accusate si rinvennero delle pozioni misteriose,  portate poi nel Foro, dove ci fu anche la convocazione di una ventina di matrone.

Le donne avvelenavano uomini di potere

Due di esse, Cornelia e Sergia, dissero che si trattava di 𝑣𝑒𝑛𝑒𝑛𝑎 𝑏𝑜𝑛𝑎 (misture salutari).
Ma, costrette a berli, morirono entrambe. Quello che accadde in seguito, narrato da Livio, appare poco credibile: dopo la morte delle due donne, le altre si consultarono con le complici, che vollero ingerire anche loro le pozioni, morendo della stessa morte.
I giudici, successivamente nominati, condannarono a morte centosettanta donne.

Passò del tempo e, tra il 184 e il 180 a.C., scoppiò una misteriosa epidemia, alla radice della quale erano ancora delle donne. Più di duemila, tutte condannate dopo il processo.
Infine, nel 153 a.C., si verificò un altro misterioso episodio che vide due donne, Publilia e Licinia, accusate di avvelenamento dei mariti, ambedue consoli. Non ci fu condanna pubblica, però. Le donne furono consegnate ai familiari e strangolate, tipica morte senza effusione di sangue riservata alle donne.
Non appare chiaro il movente dei delitti e dunque appare necessario contestualizzarli.donne dell'antica Roma

Le rivendicazioni femminili fecero abrogare la lex Oppia 

L’epoca di cui parliamo (IV-II secolo a.C.) è ampia, ma gli eventi di maggior peso sono avvenuti nel II secolo, epoca di importanti trasformazioni socio-economiche. Basti citare la lex Oppia (215 a.C.) per la quale le donne ricche e patrizie non potevano indossare vesti molto colorate e gioielli preziosi nel nome di leggi sumptuariae (cioè relative alle spese e all’ostentazione del lusso), che limitavano la libertà delle donne e le costringevano a finanziare parte delle spese della II guerra punica con una pesante tassazione.
Nel 195 la lex Oppia viene abrogata. Ma non sarebbe accaduto senza le contestazioni femminili e senza l’appoggio dei tribuni della plebe, Lucio Valerio e Marco Fundanio.

Catone il censore
Catone il censore

Non passano molti anni che viene emanata la lex Voconia (169), che limita la possibilità per le donne di ereditare più di 200.000 assi. In questo periodo, contraddistinto da guerre continue e da turbolenze sociali, gli uomini abili alla guerra erano lontani da Roma e questo accentuò il disagio della componente femminile.
Ed è adesso che si affermano i culti bacchici. Livio narra che i culti orgiastici si erano diffusi a Roma per opera della sacerdotessa campana Paculla Annia, che li avrebbe introdotti a Roma come espressione deviata dei culti misterici in onore di Bacco.

I Bacchanalia

I Bacchanalia esistevano già, infatti, ma erano riti diurni e riservati alle sole donne.
Paculla li modificò in riti notturni, li aprì a uomini e donne di tutte le classi sociali, e al vino, bevanda vietata alle donne. Tali raduni si svolgevano nel lucus Stimulae sull’Aventino (dove abitavano, tra l’altro, molti plebei). Cosa accadesse durante i riti è facile comprenderlo, ma, per evitare la condanna morale, si parlava di “possessione” tanto che gli uomini si travestivano da donne, in un chiaro rovesciamento della loro identità sessuale. Nel 186 a.C. ci fu la soppressione di questo culto.

Fecenia Ispala denuncia i Baccanali
La liberta Fecenia Ispala denuncia l’associazione dei Baccanali

Ma quale rapporto hanno i riti orgiastici con gli avvelenamenti degli uomini? Anche qui la storia ricorda da vicino quella raccontata da Livio, che pare un modello da applicarsi a una serie infinita di eventi (basti pensare anche alla congiura di Catilina): una ex iniziata, la liberta Ispala Fecenia, col suo amante, Publio Ebuzio, rivelò al Senato le pratiche della setta. Le rivelazioni della coppia contemplarono l’uso di violenze, falsificazioni testamentarie e avvelenamenti di parenti degli iniziati, finalizzati al recepimento della ricca eredità.

Catone il Censore

Non possiamo parlare di rivolta protofemminista, ma è indubbio che in questi eventi ci sia l’ombra di un temporaneo momento di rivalsa della donna, marginalizzata come i plebei e i liberti. Certo, il clima di controllo sui costumi pubblici e privati all’inizio del II secolo era particolarmente oppressivo. Lo testimonia Catone il Censore che avrebbe fatto espellere nel 184 ben sette senatori con l’accusa di indegnità. Due passarono alla storia: il primo, Lucio Quinzio Flaminino, subì l’accusa di aver fatto giustiziare senza motivo un nobile della popolazione dei Boi, quando era proconsole della Gallia Cisalpina.

Il motivo dell’altra sanzione, comminata a Manilio (o Manlio) ce lo rivela Plutarco: pare che Manlio avesse baciato la moglie davanti alla figlia, che, vivendo ancora a casa, doveva essere ancora piccola. Parliamo di un basium, non di un suavium (bacio sensuale), ma lo stesso il senatore fu reputato indegno per la circostanza della presenza della figlia.

I Baccanali furono ufficialmente abrogati, ma in realtà sopravvissero fuori da Roma, soprattutto nell’Italia meridionale. Qui si erano già profondamente radicati e continuarono ad essere praticati in segreto.

                                                                                            Annamaria Zizza