Pandemia / Gabriella Leone: “Nella danza manca chi ci rappresenta”

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Gabriella Leone

Abbiamo intervistato Gabriella Leone, maestra di danza classica e direttore artistico della “Nuova Prospettiva Danza” ad Aci Sant’Antonio.
Continuiamo così a dare voce a quanti, in questo anno di Covid, hanno dovuto fermare le proprie attività perché ritenute a rischio per la sicurezza sanitaria. E nello stesso tempo, non necessarie per la comunità. Così hanno dovuto interrompere il loro lavoro anche molti che da esso traevano l’unico sostentamento di vita.  E non solo dal punto di vista economico, ma anche per la passione con cui lo vivono.

Maestra Leone, nella danza qual è la più grande difficoltà che ha affrontato in questo anno di Covid?

E’ difficile vivere senza il tuo lavoro che, nel nostro campo, è soprattutto una passione. Ma poi subentrano le dolenti note e certe emozioni le metti da parte.
I problemi sono gli affitti, le utenze, perché, anche se tutto è fermo, si paga l’acqua, la luce, la tassa sulla spazzatura. Nessuno, infatti,  ha pensato di fare sconti alle strutture chiuse per la pandemia o di sospendere le relative bollette.

Per non parlare del grande problema degli istruttori. Io, per esempio, ne ho una per la danza contemporanea che gira per le varie scuole di ballo del territorio.  Come lei, fanno tantissimi altri che in questo momento si ritrovano fuori da tutto, anche dagli aiuti dello Stato. Io ho avuto la fortuna di trovare un padrone di casa comprensivo per cui, per l’affitto, non ho avuto problemi. Non è così per molti altri colleghi, che si trovano con diversi mesi di pigione non pagata.

Gabriella Leone Nuova prospettiva danza
Gabriella Leone al centro tra le ballerine

Maestra Leone, pensa che per le scuole di danza sarebbe stato veramente pericoloso riprendere?

Purtroppo questa è l’idea di chi non conosce questo mondo. Sin da piccoli, tutti quelli che si approcciano alla danza imparano per prima cosa ad attenersi alle regole. Anche nel comportamento all’interno della struttura, oltre che nei movimenti. Ciò proprio perché la danza è una disciplina molto rigorosa; alla sbarra, Covid a parte, la distanza è sempre necessaria. Quando, nell’estate scorsa, abbiamo ripreso per due mesi, non abbiamo avuto alcuna difficoltà ad attenerci e far seguire le regole alle nostre allieve. Queste arrivavano pronte da casa e poi andavano via senza cambiarsi, per non fare assembramenti negli spogliatoi. Inoltre, si entrava e si usciva da due porte diverse.

Abbiamo diviso la sala in grandi quadrati, e ciascuna allieva stava a due metri di distanza dall’altra. Certo non abbiamo potuto creare coreografie, ma le lezioni di danza si sono potute fare. Poi c’era un quarto d’ora di pausa tra una lezione e l’altra per sanificare gli ambienti. E questo non è stato fatto solo nella mia, ma in tutte le scuole di danza. Tutto è stato molto più faticoso ma, almeno, si lavorava e anche in sicurezza sia per le ragazze che per noi. Secondo me, si poteva benissimo continuare così.

A questo punto, cosa pensa sia necessario?

Innanzitutto sarebbe utile avere qualcuno che ci rappresenti, scendendo nelle specificità di ogni attività, visionandole e dando regole mirate, sì da non subire decisioni non sufficientemente motivate, come quella che stabilisce la chiusura delle nostre scuole di danza con la definizione, che sa di superficialità, di attività non necessarie.
Che poi il problema non è solo quello dell’attività in sé, ma anche di tutti gli operatori che vi gravitano attorno e che sono fermi di conseguenza. La cosa più strana che noi operatori della danza constatiamo è che attori e operatori dello sport hanno personaggi noti di riferimento, i quali hanno ribadito la necessità di tornare a lavorare. I grossi rappresentanti della danza, invece,  non si sono fatti sentire.

Ma voi non siete rappresentati da comitati? Neppure loro si sono fatti sentire?

Abbiamo avuto una proposta dal Coni (Comitato olimpico nazionale italiano), che ci potrebbe fornire una certificazione per riaprire. A patto che scriviamo le bambine a dei concorsi nazionali; naturalmente poi c’è l’obbligo di partecipare a questi concorsi. Molte gli allenamenti li fanno, ma on line, con tutte le scorrettezze di postura che logicamente le bambine assumono: ecco perché io non ne faccio.

Quest’ultimo anno di quasi totale inattività come è passato?

Chi fa questo lavoro lo fa soprattutto per passione. I tempi sono sempre frenetici: pensi alle coreografie, ai costumi, cerchi le musiche e il luogo dove rappresentare tutto. Quest’anno è stato vuoto di tutto questo, ed è un vuoto pesante..

Mariella Di Mauro

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