Papa Francesco al Convegno Ecclesiale della diocesi di Roma: “Grazia e speranza non si comprano”

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Papa Francesco ha incoraggiato i sacerdoti: “Abbiamo una sola pecora, ma sentiamo il fervore, lo zelo apostolico di andare a trovare le altre 99 “Dobbiamo chiedere la grazia della generosità e il coraggio e la pazienza per uscire ad annunziare il Vangelo. Ah, troppo difficile, più facile restare a casa con quella unica pecorella. È più facile! Pettinarla, carezzarla. A noi preti il Signore ci vuole pastori, non pettinatori, ci vuole pastori”

Papa Francesco“Nel Vangelo è bello quel brano che ci parla del pastore che, quando torna, si accorge che manca una e lascia le 99 e va a cercare una. Ma, fratelli e sorelle, abbiamo una: ci mancano 99! Dobbiamo uscire, dobbiamo uscire da loro! Ma, in questa cultura, diciamoci la verità: in questa cultura ne abbiamo soltanto una, siamo minoranza, e noi sentiamo il fervore, lo zelo apostolico di andare e uscire e trovare le altre 99? Eh, quella è una responsabilità grande, e dobbiamo chiedere al Signore la grazia della generosità e il coraggio e la pazienza per uscire, per uscire ad annunziare il Vangelo”. Lo ha detto ieri sera Papa Francesco aprendo, nell’Aula Paolo VI, il Convegno ecclesiale della diocesi di Roma sul tema “Cristo, tu ci sei necessario!”. Per il Santo Padre, “è più facile restare a casa, con quella unica pecorella, eh? È più facile! Eh, con quella pecorella, pettinarla, carezzarla… ma a noi preti, anche a voi cristiani, tutti, il Signore ci vuole pastori, non pettinatori di pecorelle: pastori!”. Tutti responsabili del Vangelo. Il discorso del Pontefice è stato preceduto dalle parole del cardinale vicario Agostino Vallini, che nel saluto a Papa Francesco ha ricordato che Roma, “al pari delle altre grandi metropoli, è attraversata da profondi cambiamenti che toccano le ragioni stesse della vita. Non possiamo più dare per scontato che tra noi e intorno a noi, in un crescente pluralismo culturale e religioso, sia conosciuto il Vangelo di Gesù”. “Sono qui – ha detto il vicario rivolgendosi al Papa – i suoi vescovi ausiliari, i parroci e i vicari, i sacerdoti, i diaconi permanenti, i religiosi e le religiose e tanti fedeli laici, tutti impegnati nella pastorale delle nostre comunità. Come Chiesa di Roma siamo intorno a Lei e intendiamo rispondere con convinzione ed entusiasmo all’invito di Vostra Santità”. La diocesi, ha proseguito, “porta avanti un progetto pastorale che mira a riproporre la bellezza di essere discepoli di Gesù agli abitanti della nostra città”, nell’ambito di una “rinnovata pastorale battesimale e post-battesimale che accompagni i genitori nell’educazione cristiana dei loro figli”. Da qui la scelta “di allargare l’impegno alla responsabilità di tutti i battezzati di annunciare Gesù Cristo. Siamo convinti – ha concluso – che una parrocchia missionaria abbia bisogno di nuovi protagonisti: vale a dire una comunità che si senta tutta responsabile del Vangelo”.Grazia e speranza non si comprano. “In mezzo al tanto dolore e ai tanti problemi che ci sono qui a Roma – ha proseguito Papa Francesco – ci sono persone che vivono senza speranza e sono immerse in una profonda tristezza, da cui pensano di uscire cercando la felicità nella sessualità senza regole, nell’alcool, nella droga, nel gioco d’azzardo. Ma si ritrovano ancora più delusi e sfogano la loro rabbia verso l’uomo”. Essere cristiani, soprattutto oggi, significa “essere rivoluzionari”, ha sottolineato il Papa nella sua catechesi sul testo di San Paolo ai cristiani di Roma “Io non mi vergogno del Vangelo”, che darà l’orientamento al lavoro pastorale di questi giorni di Convegno diocesano. Per essere santi, ha spiegato, “non è necessario avere una faccia da immaginetta: una sola cosa è necessaria, accogliere la grazia che il Padre ci fa in Gesù Cristo”. Così, da “cuore di pietra, il nostro cuore diventa di carne” mediante la grazia, che “non si compra e non si vende, ma è un regalo di Dio in Gesù Cristo. E noi altrettanto gratuitamente dobbiamo darla ai fratelli e alle sorelle”. Anche la speranza, ha aggiunto, “non si può comprare, è un dono di Dio, e noi dobbiamo offrirla con la nostra testimonianza e la nostra gioia”. Verso la carne di Gesù che soffre.  “Noi – ha proseguito Papa Francesco – non possiamo essere indifferenti verso questa città che ci chiede aiuto per guardare al futuro con maggiore fiducia. Con la testimonianza, possiamo dire ‘io ho un Padre’, cioè che non siamo orfani”. Il nostro compito è “condividere questa filiazione con tutti gli altri. Non si tratta di fare proselitismo: il Vangelo è come il seme, si semina con la parola e la testimonianza. Non occorrono statistiche, ma semine: con la certezza che l’acqua poi la dà Lui”. L’annunzio del Vangelo è destinato in modo particolare ai poveri, “non per diventare pauperisti o barboni spirituali, ma per andare verso la carne di Gesù che soffre” e “verso le periferie esistenziali”.  Serve, pertanto, “uscire da noi stessi con coraggio, per dare testimonianza forte, e con sopportazione, che ci consente di portare sulle spalle le cose che non si possono ancora cambiare”. Poi, l’invito agli oltre 15 mila fedeli presenti, ad “andare dove gli uomini vivono, lavorano e soffrono, e annunciare la grazia. A voi dico di essere ovunque portatori della parola di vita nei nostri quartieri, nei luoghi di lavoro”. Testimoni, sempre. Se il diavolo, ha detto Francesco, “getta ogni giorno nei nostri cuori semi di amarezza e pessimismo, dobbiamo prepararci alla lotta spirituale: senza, non si può predicare il Vangelo”. È quotidiano, il “martirio” cui siamo chiamati, e consiste nel “testimoniare ogni giorno, ogni ora, contro lo spirito del male che non ci vuole evangelizzatori. In questo tempo in cui la gratuità delle relazioni interpersonali sembra affievolirsi, non dobbiamo avere paura dell’amore di Dio, di ricevere la grazia di Gesù Cristo che ci rende liberi. Non dobbiamo avere paura di uscire da noi stessi e dalla nostra comunità. Non abbiamo paura, andiamo avanti!”.

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