(18-3-2014) Tre parole chiave per leggere il primo anno di pontificato di Francesco: poveri, famiglie, giovani. Le ha suggerite il cardinale Marc Ouellet, prefetto della Congregazione per vescovi, aprendo martedì pomeriggio, 18 marzo, all’auditorium romano San Pio X, la conferenza promossa dalla Pontificia Commissione per l’America latina (Cal) in segno di «omaggio e impegno» verso il Pontefice argentino in occasione dell’anniversario dell’elezione.
Durante l’incontro il porporato, che è anche presidente della Cal, ha ripercorso «la testimonianza e il magistero» del vescovo di Roma con particolare riferimento all’esortazione apostolica Evangelii gaudium. Riflettendo su quella che ha indicato come prima priorità del pontificato, i poveri, ha fatto notare che «l’ampiezza» del progetto del Papa ha «di che stupire e nello stesso tempo inquietare certi ambienti, che l’hanno accusato di marxismo». In realtà, con la sua visione della Chiesa come «ospedale da campo» che «cura i feriti sparsi a terra dopo un’aspra battaglia», il Pontefice «è guidato dalla convinzione che solo il Cristo salvatore risponde veramente alle sfide della povertà e dell’ingiustizia».
Quanto alla seconda priorità, la famiglia, il cardinale ha rilevato che anche in questo caso la riflessione messa in moto in vista del Sinodo dei vescovi «solleva delle controversie e crea delle attese», a rischio forse «di qualche delusione». Ma «ne vale la pena — ha aggiunto — dal momento che occorre riprendere la presentazione completa dell’antropologia biblica e teologica per dare risposta sul lungo termine alle sfide attuali dell’evangelizzazione». Per questo, ha detto, «sono fiducioso che con la sua capacità d’ascolto, di decisione e di rinnovamento, Papa Francesco saprà discernere i mezzi adeguati per rilanciare non solo la pastorale della famiglia, ma l’intera pastorale della Chiesa».
La terza priorità evidenziata dal porporato è quella dei giovani, che oggi, ha osservato, «abitano un nuovo mondo, il continente digitale, di cui loro sono originari poiché conoscono e utilizzano spontaneamente le tecnologie di comunicazione». Un continente nel quale, ha ammesso, «le persone della mia generazione si sentono piuttosto come degli immigrati o dei profughi». Eppure Papa Francesco si è rapidamente ambientato in questo nuovo mondo, e «la sua rete di followers diventa a sua volta trasmettitrice e moltiplicatrice del suo messaggio evangelico». Infatti, il Pontefice ha la capacità di adattare «il proprio linguaggio alla cultura virtuale dei giovani, pur testimoniando senza ambiguità che Gesù non è un’idea, un sogno o un idolo virtuale ma invece una persona reale con cui si può vivere un’amicizia che cambia la vita».
(Fonte: L’Osservatore Romano)