(25-3-2013) Gioia, croce, giovani. Sono le tre parole che Papa Francesco consegna in questa domenica delle Palme, inizio della Settimana Santa. Suggestiva cerimonia con quel procedere dall’obelisco al sagrato della basilica di san Pietro a ricordare l’ingresso di Gesù acclamato dalle folle mentre entrava a Gerusalemme. Le stesse folle che, pochi giorni più tardi, lo avrebbero condannato preferendogli Barabba. Lui ha risvegliato nel cuore delle persone “tanta speranza, soprattutto tra la gente umile, semplice, povera, dimenticata, quella che non conta agli occhi del mondo”. Sette giorni dalla domenica delle Palme a Pasqua. Come per la creazione del mondo, sette giorni per consegnare ai popoli un mondo nuovo, una gioia nuova: la certezza che Dio “è nostro amico e nostro fratello”.
Francesco accompagna il nostro cammino in questa settimana indicandoci subito una parola che abbiamo più volte ascoltato dalla voce del suo predecessore: gioia. Quasi a sottolineare una continuità fatta d’impegni, una gioia che non nasce “dal possedere tante cose, ma dall’aver incontrato una persona: Gesù”.
Gioia: il cristiano è l’uomo della gioia, non può essere triste; nemmeno nei momenti difficili “anche quando il cammino della vita si scontra con problemi e ostacoli che sembrano insormontabili, e ce ne sono tanti”. Ma sappiamo che Gesù ci carica sulle sue spalle ed è “qui che sta la nostra gioia, la speranza”. Un anonimo poeta brasiliano descrive questo rapporto con Dio come un camminare sulla sabbia con le impronte lasciate a descrivere il percorso della vita. Poi ad un certo punto le orme lasciate da quattro diventano solo due, e l’uomo dice al Signore: proprio in quei momenti quando avevo più bisogno di te, tu mi hai abbandonato. Ma il Signore risponde: no, in quei momenti ti ho preso tra le mie braccia. È un’immagine che richiama, in un certo senso, le parole pronunciate da Papa Francesco a proposito del perdono: Dio non si stanca di perdonare, siamo noi che ci stanchiamo di chiedere perdono. E quel prendere in braccio della poesia, quel caricarsi il peso delle nostre mancanze e delle nostre difficoltà è un invito a non lasciarsi prendere dallo scoraggiamento: “Per favore, non lasciatevi rubare la speranza! Non lasciate rubare la speranza! Quella che ci dà Gesù”.
La seconda parola che propone Francesco è la croce. Cristo entra a Gerusalemme non come un re potente, in senso umano, attorniato da una corte e da un esercito. Ma è un re che entra a Gerusalemme “per ricevere una corona di spine, un bastone, un mantello di porpora, la sua regalità sarà oggetto di derisione; entra per salire il Calvario carico di un legno”.
Gesù prende su di sé “il male, la sporcizia, il peccato del mondo, anche il nostro peccato, di tutti noi, e lo lava con il suo sangue, con la misericordia, con l’amore di Dio”. Quante ferite il male infligge all’umanità. Le guerre, le violenze, i conflitti economici “che colpiscono chi è più debole”. E poi la sete di potere, di denaro, come se queste cose fossero davvero essenziali nella nostra vita. Anche qui quanta consonanza con Benedetto XVI che diceva ai cardinali: voi siete principi di un re crocifisso. E con le sue parole che proprio nel tempo di Pasqua ha sempre invitato ad avere uno stile di vita sobrio, azzimo. Bella l’immagine che propone della nonna, che “diceva a noi bambini: il sudario non ha tasche”.
La Pasqua, il tempo che stiamo vivendo e che ci porterà a ripercorrere i fondamenti della fede cristiana dall’istituzione dell’Eucaristia al Venerdì Santo, alla domenica in cui la pietra rotolata ci dice che un nuovo inizio è cominciato, e che proprio su quella croce i nostri peccati e le nostre mancanze sono stati sconfitti dall’amore che non porta mai alla tristezza, come ci ha ricordato Francesco.
Infine la terza parola: giovani. Papa Wojtyla parlava dei giovani come “futuro del mondo, la speranza della Chiesa, la mia speranza”. Papa Francesco dice loro: “Voi ci portate la gioia della fede e ci dite che dobbiamo vivere la fede con un cuore giovane, sempre: un cuore giovane, anche a settanta, ottant’anni”. Di qui l’invito a guardare a Rio, alla prossima Giornata mondiale della gioventù, 23-28 luglio. Un incontro, afferma il Papa, un segno della fede dei giovani che devono dire al mondo: “È buono seguire Gesù; è buono andare con Gesù; è buono il messaggio di Gesù; è buono uscire da se stessi, alle periferie del mondo e dell’esistenza per portare Gesù”.
Fabio Zavattaro
(Fonte: SIR)