Il Papa ha dedicato alla sesta Beatitudine – “Beati i pure di cuore, perché vedranno Dio” – l’udienza di oggi, trasmessa in diretta streaming dalla biblioteca privata. Alla fine, un saluto tramite i media ai ragazzi della diocesi di Milano, che avrebbero dovuto essere in piazza e che hanno mandato al Santo Padre tanti messaggi, ricevendo il “grazie” del Pontefice
“Per vedere Dio non serve cambiare occhiali o punto di osservazione – o cambiare autori teologici che mi insegnano il cammino – bisogna liberare il cuore dai suoi inganni”. Lo ha esclamato il Papa, nella catechesi dell’udienza generale di oggi, trasmessa in diretta streaming dalla biblioteca privata del Palazzo apostolico e dedicata alla sesta Beatitudine: “Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio”. “Questa strada è l’unica”, ha commentato Francesco a braccio: “Questa è una maturazione decisiva: quando ci rendiamo conto che il nostro peggior nemico, spesso, è nascosto nel nostro cuore”. Alla fine, un saluto tramite i media ai ragazzi della diocesi di Milano, che avrebbero dovuto essere in piazza e che hanno mandato al Santo Padre tanti messaggi, ricevendo il “grazie” del Pontefice.
“Questo è il cammino della vita nel nostro rapporto con Dio”, spiega il Papa: “Conosciamo Dio per sentito dire, ma con la nostra esperienza andiamo avanti, avanti, avanti e alla fine lo conosciamo veramente, se siamo fedeli. Questa è la maturità dello Spirito”. L’esempio scelto è quello dei discepoli di Emmaus, “che hanno il Signore Gesù accanto a sé, ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo. Il Signore schiuderà il loro sguardo al termine di un cammino che culmina con la frazione del pane ed era iniziato con un rimprovero: ‘Stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti’”. “Quel rimprovero è l’inizio”, spiega Francesco: “Ecco l’origine della loro cecità: il loro cuore stolto e lento”. “E quando il cuore è stolto e lento, non si vedono le cose, si vedono le cose come annuvolate”, l’ammonimento: “Qui sta la saggezza di questa beatitudine: per poter contemplare è necessario entrare dentro di noi e far spazio a Dio, perché, come dice S. Agostino, ‘Dio è più intimo a me di me stesso’”.
“La battaglia più nobile è quella contro gli inganni interiori che generano i nostri peccati”, assicura il Papa: “Perché i peccati cambiano la visione interiore, cambiano la valutazione delle cose, ti fanno vedere cose che non sono vere, o almeno che non sono così vere”.
“Per la Bibbia il cuore non consiste solo nei sentimenti, ma è il luogo più intimo dell’essere umano, lo spazio interiore dove una persona è sé stessa”: lo ”sguardo del cuore” è “la prospettiva, la sintesi, il punto da cui si legge la realtà”. “Il puro di cuore vive alla presenza del Signore, conservando nel cuore quel che è degno della relazione con Lui”, l’identikit di Francesco: “Solo così possiede una vita intima unificata, lineare, non tortuosa ma semplice. Il cuore purificato è quindi il risultato di un processo che implica una liberazione e una rinuncia”.
“Il puro di cuore non nasce tale, ha vissuto una semplificazione interiore, imparando a rinnegare in sé il male, cosa che nella Bibbia si chiama circoncisione del cuore”,
puntualizza il Papa: “Questa purificazione interiore implica il riconoscimento di quella parte del cuore che è sotto l’influsso del male per apprendere l’arte di lasciarsi sempre ammaestrare e condurre dallo Spirito Santo”. “Il cammino, la strada dal cuore malato, peccatore, che non può vedere bene le cose perché è immerso nei peccati, verso la pienezza della luce del cuore è opera dello Santo”, prosegue Francesco: “E lui che ci guida in questo cammino. E attraverso questo cammino del cuore arriviamo a vedere Dio”.
Ma c’è un’altra dimensione della purezza del cuore, che consiste nell’”intendere i disegni della Provvidenza in quel che ci accade, riconoscere la sua presenza nei Sacramenti, la sua presenza nei fratelli, soprattutto poveri e sofferenti, e riconoscerlo dove Lui si manifesta”.
La sesta Beatitudine, così, diventa la sintesi di quelle precedenti: “Se abbiamo ascoltato la sete del bene che abita in noi e siamo consapevoli di vivere di misericordia, inizia un cammino di liberazione che dura tutta la vita e ci conduce fino al Cielo”. Si tratta, per il Papa, di “un lavoro serio, un lavoro che fa lo Spirito Santo se noi gli diamo spazio perché lo faccia, se siamo aperti all’azione dello Spirito Santo ed è soprattutto un’opera di Dio in noi – nelle prove e nelle purificazioni della vita – che porta a una gioia grande, a una pace vera”. “Non abbiamo paura, apriamo le porte del nostro cuore allo Spirito Santo, perché ci purifichi e ci porti avanti in questo cammino verso la gioia piena”, l’invito finale ancora una volta a braccio.
M.Michela Nicolais