Per il secondo anno consecutivo calano le candidature di insegnanti per l’inserimento nel progetto destinato a garantire un’educazione di qualità anche alle categorie sociali più disagiate. Durissima la selezione degli insegnanti, scelti fra i migliori laureati delle più prestigiose Università. Ma ora la ripresa economica, secondo alcuni osservatori, spinge i laureati a preferire altre professioni.
Sono contraddittori i segnali che provengono dagli Usa. La ripresa economica e il calo della disoccupazione, infatti, si accompagnano a fenomeni poco studiati in Europa e che gettano ombre inquietanti sul futuro della vita culturale nell’intero Occidente. A cominciare dai segnali di crisi che cominciano ad emergere, con sempre maggiore chiarezza e a sorpresa, nel sistema educativo nordamericano.
La scorsa settimana, il “New York Times” ha lanciato l’allarme. Con un articolo in grande evidenza ha raccontato il calo delle candidature degli insegnanti per il programma “Teach for America”, un progetto destinato a garantire un’educazione di qualità anche alle categorie sociali più disagiate. Per il secondo anno consecutivo, infatti, è sceso drasticamente il numero dei candidati e si è interrotto un trend di crescita che durava da 15 anni. Nei campus universitari di tutto il Paese le “application” sono calate di circa il 10 per cento rispetto all’anno precedente. Il programma di “Teach for America” è esclusivo. Vengono reclutati solo i migliori laureati delle Università più prestigiose d’America e la selezione per andare a insegnare nelle scuole più “difficili” degli States è molto dura. Lo scorso anno, per esempio, solo il 15 per cento delle candidature aveva passato la prova d’ammissione. Adesso, però, gli organizzatori di “Teach for America” hanno dovuto registrare un’inversione di tendenza e i “laureati top” non sembrano più così entusiasti di partecipare a questo speciale programma di “inclusione”.
In un momento di ripresa economica generale, questa tendenza involutiva non è un bel segnale. A “Teach for America”, però, minimizzano. “Non è preoccupante”, ha detto Matt Kramer, un dirigente del programma. Nella realtà è l’intero sistema educativo a essere messo sotto i riflettori. Sono molti a considerare, “Teach For America”, una specie di scorciatoia per accedere all’insegnamento. Fondata nel 1990 da Wendy Kopp, uno studente della Princeton University (aveva proposto l’idea nella sua tesi di laurea), “Teach for America” aveva mosso i primi passi con la stessa enfasi di una vera e propria crociata educativa per la difesa dei diritti civili e per l’inclusione sociale. Adesso l’organizzazione ha molti sponsor industriali e può contare sui contributi da parte di alcune fondazioni. Nel sistema educativo Usa gli insegnanti provenienti da “Teach for America” sono 10.500 (in 35 stati), gli impiegati sono 2.400 e il fatturato del 2014 è stato di 196 milioni di dollari.
Di fronte alla flessione dei numeri dei candidati registrata quest’anno, i vertici di “Teach for America” hanno fatto sapere che non cambieranno i criteri della selezione (che rimarranno molto rigidi); hanno però anche informato le scuole del loro circuito che la “fornitura” di nuovi insegnanti potrebbe calare di un quarto e, intanto, hanno chiuso due degli otto centri di formazione estiva, a New York e a Los Angeles. Non si tratta, però, solo della perdita di credibilità di “Teach for America” (negli ultimi tempi al centro di alcune polemiche per una presunta mancanza di trasparenza e per aver riempito di propri aderenti alcuni uffici strategici dell’istruzione a Washington). Ad essere messe sotto accusa sono le dinamiche burocratiche e di valutazione per accedere all’insegnamento. “Siamo una sorta di fase 2.0 della riforma dell’istruzione, e il suo futuro sembra un po’ incerto, a questo punto”, ha detto David M. Steiner, il decano dell’Hunter College School of Education di New York.
La ripresa economica, secondo gli osservatori, spinge i laureati a preferire altre professioni e a disertare le lunghe attese e le dinamiche non sempre cristalline per accedere all’insegnamento. Le conseguenze potrebbero essere gravi, come la perdita di eccellenza nella classe degli insegnanti. Con buona pace delle “crociate” inclusive di “Teach for America”. Un fenomeno che meriterebbe una riflessione approfondita anche qui da noi, di fronte alle nuove sfide educative che attendono la scuola italiana.
Rino Farda