Dalla Siria al Libano, dall’Algeria alla Tunisia, i disegnatori di fede musulmana, ognuno con il proprio tratto e il proprio stile dissacratorio, ha voluto condannare l’attacco e mettere alla berlina l’estremismo islamico. Dalla tunisina Nadia Khiari all’algerino Ali Dilem, dall’egiziano Makhlouf al libanese Mazen Kerbaj, dal caricaturista siriano Ali Ferzat al nordafricano Deba Tunisie.
“Cos’è questa piccola arma che ci fa così male?” dice uno dei due terroristi, armati di tutto punto, al suo collega mostrandogli un pennino da disegno grondante inchiostro, subito dopo aver compiuto la strage al “Charlie Hebdo”. È la vignetta satirica di Satish Acharya, disegnatore indiano che affida così alla sua arte la condanna e la solidarietà alle vittime e ai familiari della strage del 7 gennaio a Parigi, al settimanale satirico francese “Charlie Hebdo”. Un attentato che ha colpito il periodico noto per il suo spirito provocatorio e irriverente i cui bersagli principali sono soprattutto personaggi pubblici, della politica e della religione. Ne sanno qualcosa, tra gli altri, i Pontefici Benedetto XVI e Francesco, e il profeta Maometto ritratti più volte in vignette satiriche. Alla fine del 2011 la sede del settimanale era stata oggetto di un attentato molotov. Il 7 gennaio scorso la strage che ha visto tra le 12 vittime anche il direttore Stephane Charbonnier, per tutti Charb.
Quella di Acharya è solo una delle tante vignette che sono uscite dopo la strage. Una vera e propria ondata di reazioni che ha visto coinvolti non solo disegnatori occidentali ma anche del mondo arabo, del Nord Africa, vignettisti di fede musulmana dalla Siria al Libano, dall’Algeria alla Tunisia. Ognuno, con il proprio tratto e il proprio stile dissacratorio, ha voluto condannare l’attacco e mettere alla berlina l’estremismo islamico. Come la tunisina Nadia Khiari che ritrae un gatto che leva in alto una zampa con una matita insanguinata e la frase “oggi avete ucciso dei vignettisti ma una legione di vignettisti nascerà!”. Il tunisino “Z” pubblica, invece, una caricatura che mostra una mano che, a mo’ di tritacarne, spinge il Corano nella testa di un uomo dalla cui bocca fuoriescono pallottole. In alto la scritta “Allah è grande”. Non meno pungente è Ali Dilem, disegnatore algerino. La sua vignetta mostra un uomo a terra, morente, che con un dito insanguinato scrive sul muro “quegli stupidi m’hanno ucciso”. Dall’Egitto arriva lo slogan “lunga vita alla satira” detta da un ragazzo che con un pennello dipinge un sorriso sul passamontagna del terrorista armato, mentre Makhlouf, anche lui disegnatore egiziano mostra, nella sua caricatura, un giovane che agita una matita appuntita al terrorista che gli punta addosso il suo kalashnikov. Mazen Kerbaj, disegnatore
libanese, propone un tema cartesiano ma non per questo meno diretto: l’immagine sdoppiata di un uomo, la prima con la testa e il fumetto “io penso”, e la seconda senza testa, sgozzato, ma con il resto della frase “dunque non sono”. Come a dire: vietato pensare. Il caricaturista siriano Ali Ferzat ferma la sua immagine su una mano con una penna piena di aghi che le bucano le dita facendole sanguinare sul foglio. La satira ha il suo prezzo, ora anche di sangue.
Consultando siti e social network che pubblicano vignette, tuttavia, non si può non essere colpiti da quella del comico e caricaturista nordafricano Deba Tunisie. L’immagine dipinge un profeta Maometto, molto arrabbiato, che sporgendosi alla finestra urla a tre terroristi che hanno appena incendiato la sede di un curioso “Charia Hebdo”: “stupidi! Non capite che alla fine ci vado di mezzo io?”. Chiaro l’intento di sottolineare come l’uso della violenza danneggi l’immagine dell’Islam. La vignetta risale alla fine di novembre 2011, il giorno dopo l’attentato incendiario alla sede parigina di “Charlie Hebdo”, e oggi è di grande attualità. Infatti riporta alla memoria anche una vecchia intervista di Charb allo Spiegel. “La rivista che dirigo – sono parole del direttore rimasto ucciso nell’attacco – non è responsabile di quello che avviene in altri luoghi, solo perché noi, qui, stiamo esercitando la nostra libertà di espressione nei limiti consentiti dalla legge. Prendiamo in giro solo una forma particolare di estremismo islamico”. Per poi aggiungere “un disegno non ha mai ucciso nessuno”. Fino al 7 gennaio 2015.
Daniele Rocchi