Pubblichiamo una riflessione di Margherita Ferro, Consigliera di parità per la Sicilia, sulla legge regionale, appena approvata, che prevede, nella Giunta di governo, la presenza di almeno un terzo di componenti appartenenti a ciascuno dei due generi.
Quella del 10 maggio 2020, se non sarà proprio una data storica per la Sicilia, segna certamente una tappa importantissima nell’annoso e lento iter della piena applicazione dello spirito statutario autonomistico, da una parte, e della conquista di un’altra grande fetta di parità di diritti da parte della donna, dall’altra.
L’Assemblea regionale siciliana, con una votazione unanime, ha approvato la legge che prevede in Giunta regionale la presenza di almeno un terzo del numero degli assessori di ciascuno dei due generi. La formulazione è quanto mai burocratica (e non può essere che così): però significa che, finalmente, le donne nell’esecutivo regionale debbono essere “almeno” una ogni tre uomini.
Come Consigliera di parità, saluto con favore questo traguardo e plaudo al gran lavoro svolto dalla commissione presieduta, con saggezza e competenza, da Elvira Amata.
Certo! C’è voluta una legge, peraltro votata dalla commissione di
competenza un anno fa,
per applicare un diritto riconosciuto dalla Costituzione italiana e dallo Statuto siciliano. Questo significa che, ancora, la cultura in generale e, in particolare quella politica e sociale non erano (e non sono) riuscite a raccogliere la forte richiesta di parità di genere, ma anche di condizioni di lavoro, di gestione della famiglia, di accesso alle cariche pubbliche che sale dal mondo femminile, appoggiata, perlomeno a parole all’unanimità, dai partiti, dalle forze sindacali, dall’associazionismo, compreso quello imprenditoriale.
Abbiamo iniziato un percorso, che si innesta inevitabilmente su quello culturale. Sappiamo bene che bisogna mietere, laddove vengono messe in atto, a tutt’oggi, timide e isolate azioni positive.
Mentre si votava questa legge che “promuove” le donne in Sicilia ad assumere più potere nella direzione e gestione della politica, venivano consumati due femminicidi, uno a Torino e l’altro a Lentini, entrambi motivati dal rifiuto dei due autori dei delitti di accettare la volontà uno dell’ex moglie e l’altro della convivente.
Si tratta di due conferme fatali di sentimenti e convinzioni diffusi circa il predominio dell’uomo sulla donna, quando non la volontà di padronanza assoluta nel rapporto, anche nelle sfere affettiva e sessuale.
I fatti sono strettamente legati perché fanno parte dello stesso momento storico; ecco perché diamo un benvenuto a questa nuova disposizione legislativa; ci consola il fatto che, con più donne nella gestione dei ruoli primari, avremo quella prospettiva di genere cui tendiamo e dunque la possibilità di ottenere maggiori leggi che porteranno verso la parità di diritti, ma anche provvedimenti che favoriranno una presa di coscienza, a cominciare dalla scuola, circa l’uguaglianza donna-uomo in ogni campo.
Comprendiamo perché la sua applicazione è stata decisa dalla prossima legislatura. Non sappiamo se fosse stato possibile fissare per subito l’entrata in vigore della norma. Ma forse hanno voluto affiancarla, in questo, a un’altra norma importante, prevista esplicitamente dallo Statuo autonomistico e varata ieri, che prevede con l’autoscioglimento dell’Ars, la decadenza del governo in carica. Legge, quest’ultima, che, per il suo contenuto, non può che essere applicata dalla prossima legislatura e non in quella in corso.
Come Consigliera di Parità, è mio ruolo complimentarmi con l’assemblea tutta, ma anche rilanciare per le giunte degli enti locali l’attuazione della norma votata per il governo regionale.
ll mancato recepimento della Legge Delrio in Sicilia, oltre a creare il caos istituzionale per quanto riguarda le ex Province (vedi il prelievo forzoso nei confronti delle stesse da parte dello Stato, mancate elezioni degli organi ecc), di fatto impedisce anche alle donne siciliane di far parte delle Giunte degli enti locali con le stesse modalità previste oltre lo Stretto.
Infatti, l’art. 1 comma 137, della Legge 56/2014 prevede che “Nelle Giunte dei Comuni con popolazione superiore a 3000 abitanti, nessuno dei due sessi può essere rappresentato in misura inferiore al 40%, con arrotondamento aritmetico”. Tale composizione equilibrata dei generi nelle Giunte comunali rappresenta un preciso mandato costituzionale a norma dell’art. 51, comma 1, oltre che dell’art. 3 nella misura in cui si garantisce alle donne e agli uomini di accedere agli uffici pubblici in condizioni di uguaglianza; mandato che prevede la promozione delle pari opportunità con appositi provvedimenti dalla Repubblica e dunque anche dai Comuni. Ma già l’art. 46, comma 2, TUEL( testo unico degli enti locali), così come modificato dall’art.2 , comma 1, lett. b) della legge 23 novembre 2012, n. 215 (Disposizioni per promuovere il riequilibrio della rappresentanza di genere nei consigli e nelle giunte degli enti locali e nei consigli regionali) prevedeva che il sindaco nella Giunta debba garantire pari opportunità tra donne e uomini, assicurando la presenza di entrambi i generi anche nei Comuni.
Ora in Sicilia questo non avviene, perché vige una norma regionale per cui basta una sola donna nella Giunta per ottemperare all’obbligo di rappresentanza di genere.
Vero è che nei Comuni della Sicilia, piccoli e grandi, ormai è diffusa la presenza femminile grazie alla doppia preferenza di genere; ma resta ancora insufficiente a garantire la parità di diritti, che significa anche maggiore operatività, creatività, senso pratico, applicazione nei ruoli svolti; tutte caratteristiche del “genio” femminile.
Margherita Ferro
Consigliera di parità per la Sicilia