“Questo Paese non si salverà, la stagione dei diritti e delle libertà si rivelerà effimera, se in Italia non nascerà un nuovo senso del dovere”. La frase, ormai storica, di Aldo Moro irrompe oggi in uno scenario dove le ombre della corruzione, dell’illegalità, della irresponsabilità sembrano non dissiparsi mai. Lo scenario è molto diverso da quello degli “anni di piombo” a cui Moro faceva riferimento ma quelle parole si levano con forza in un Paese chiamato a lottare contro un tarlo che ha corroso e corrode uomini e Istituzioni.
L’indebolimento dei riferimenti etici e morali ha reso possibile l’avanzata sottotraccia del malaffare, della disonestà, della criminalità. Non è stato l’esito di un’esplosione unica e devastante ma è stata la conseguenza di un progressivo svuotamento di significati e di valori comuni e condivisi. Lo provano, anche in questi giorni, quanti respingendo la definizione di “eroi” dicono che fare il proprio dovere non è un atto di eroismo.
E’ una lezione di grande dignità. Viene da persone impegnate su fronti difficili ma anche da cittadini quotidianamente alle prese con un esercizio di normale responsabilità, in luoghi pubblici e in luoghi privati. La loro è una risposta limpida a chi, ricorrendo frettolosamente alla parola “eroismo”, abbassa l’asticella del significato alto e nobile della parola “dovere”.
Allo stesso rischio porta il definire “servitori” quanti operano, soprattutto nelle Istituzioni, con onestà e sollecitudine. Il loro servizio, doveroso, ha davvero bisogno di un supplemento di riconoscenza?
Non sono questioni marginali perché quando si definisce straordinario un atto ordinario, quando si definisce atto eroico un atto onesto si possono incrinare valori e principi, si possono creare alibi per chi gioca al ribasso, si può mandare un messaggio non propriamente educativo.
Ai bordi della cronaca si continuano a registrare con apprensione gli esiti di un impoverimento di significato di parole grandi, impegnative, belle. Non è però il pessimismo la risposta migliore a questo rischio. Solo uno scatto di volontà, un drizzarsi della spina dorsale del Paese possono consentire la sua salvezza.
La speranza non manca perché sono molti, né eroi e neppure servitori, che questo scatto lo compiono ogni giorno con un lavoro onesto, con una retta coscienza civica, con la ricerca del bene comune. Se si sta in mezzo alla gente, si cammina sulle strade e si viaggia con i mezzi pubblici ci si accorge subito di una presenza positiva anche se silenziosa.
Sono segni dei tempi, spesso trascurati dai media, che dicono all’opinione pubblica e alla classe politica che la ripresa del Paese è possibile. Dicono però che occorre una terapia correttiva che preveda da una parte la rimozione di scorie ammorbanti e dall’altra il rafforzamento di una coscienza retta illuminata da valori e principi che trovano pienezza nella promozione dei diritti e dei doveri di ogni persona e di ogni popolo.
Le parole di Aldo Moro, ”Questo Paese non si salverà, la stagione dei diritti si rivelerà effimera se in Italia non nascerà un nuovo senso del dovere”, appartengono più al presente che al passato.
Per i giovani diventano un augurio e un incoraggiamento perché aprano al più presto una stagione nuova nel nostro Paese. Una stagione che non deve lasciare la politica fuori dalla loro responsabilità.
Forse è solo un sogno. In chi sta ai bordi della cronaca rimane comunque la convinzione che se forse c’è bisogno di “eroi” e di “servitori” certamente c’è bisogno di persone che abbiamo maturato in se stesse “un nuovo senso del dovere”.
Paolo Bustaffa