La comunità parrocchiale Maria SS.ma Immacolata di Dagala del Re, in occasione del 90esimo dalla morte, ricorderà la figura di Don Francesco Russo, primo arciprete parroco e cavaliere della Corona d’Italia. Lo farà con un evento trasmesso in diretta sulla propria pagina Facebook ideato e curato da Domenico Strano, giornalista pubblicista e autore del libro “L’Isola Felice, Storia e devozione a Dagala del Re”.
“Memoria e memorie di Don Francesco Russo” è il titolo dell’evento in diretta domenica 26 aprile 2020 a partire dalle 19. Don Francesco Russo nacque a Dagala del Re l’8 marzo 1872 e morì, dopo una lunga malattia, il 4 dicembre 1930. Fu cappellano dal 1904 al 1922 della chiesa Maria SS.ma Immacolata di Dagala, allora dipendente dal duomo di Sant’Isidoro Agricola di Giarre. Nel 1922, con l’elevazione a parrocchia della chiesa di Dagala, divenne il primo arciprete parroco fino al 1930. Nei suoi 26 anni di guida spirituale e pastorale attraversò momenti non facili: la prima guerra mondiale e il post conflitto, il terremoto dell’8 maggio 1914 e la pandemia della spagnola del 1918-1920. Fu insignito dal titolo di Cavaliere della Corona d’Italia per il suo impegno civile e militare propinato per la sua Dagala e i suoi parrocchiani.
Nel corso dell’evento – si legge in una nota della parrocchia – verranno pronunciate alcune “memorie” sulla figura del sacerdote dagalese tra cui il memorandum del 1930 scritto da mons. can. Salvatore Scaccianoce – che fu in quegli anni prefetto per gli studi del seminario vescovile.
“Indagare sul personaggio e la cura spirituale verso i suoi parrocchiani ci permetterà di riscoprire non solo il vissuto dell’arciprete Francesco Russo ma anche le fragilità e le difficoltà che in quei primi decenni del ‘900 la gente dovette affrontare, un po’ come sta accadendo ai nostri giorni, segnati da questa pandemia del coronavirus”, ha affermato Domenico Strano. “Il paese di Dagala deve molto a questa figura sacerdotale perché il suo impegno si fondò sul duplice binario della cura pastorale e civile, senza mai travalicare l’uno a svantaggio dell’altra. I suoi amici e parrocchiani amavano chiamarlo “Don Cicciu”, monsignor Scaccianoce lo definì “amico e fratello”, mentre il politico locale Orazio Trombetta ne esaltò il suo impegno definendolo “sacerdote instancabile”.”