Circa le gravi crisi umanitarie che attanagliano il Mediterraneo è intervenuta, ricordando la straordinaria del pensiero di Giorgio La Pira, Patrizia Giunti, presidente della Fondazione La Pira di Firenze, in occasione del convegno tenutosi a Pozzallo lo scorso 7 settembre dal titolo “Quale Mediterraneo? Nella scia di Giorgio La Pira”. Il Mediterraneo, crocevia di popoli e culture, torna al centro del dibattito nell’incontro organizzato dal Centro Mediterraneo Giorgio La Pira di Pozzallo. Di fronte alle sfide odierne, Giunti ha invitato a riflettere sul ruolo che questo Grande Lago di Tiberiade è in grado di ricoprire.
Seguendo l’insegnamento di La Pira, che vedeva in questo mare non solo una frontiera geopolitica, ma anche un ponte tra culture e religioni è emerso un quesito. Quale Mediterraneo vogliamo per il futuro? In che modo l’esperienza lapiriana può darci un contributo per aiutarci a costruire quotidianamente le nostre nuove comunità nella direzione dell’accoglienza, del rispetto della diversità e dei diritti?
Migranti / Giunti: “quale Mediterraneo sulla scia di La Pira?”
La Giunti ha iniziato il suo intervento dedicando uno spazio di attenzione al titolo dell’incontro, pensato dagli organizzatori. Un titolo impegnativo che pone un punto di domanda e invita a riflettere: Quale Mediterraneo? Un Mediterraneo che da mare in mezzo alle terre, come suggerisce la sua etimologia, è diventato mare in mezzo alle guerre. Mare che da luogo di scambi, navigazioni e commerci è diventato luogo di circolazione di mezzi militari e via di fuga di migrazioni forzate. Affrontando questo interrogativo sulla scia di La Pira, come suggerisce il sottotitolo dell’incontro, il quadro si fa ancora più articolato.
Il suo insegnamento, ricorda la Giunti, ci ha dimostrato che non c’è un solo Mediterraneo. Ne esistono almeno 3: il primo è un Mediterraneo geopolitico, il più immediato, frontiera e ponte che unisce i continenti di Europa, Asia e Africa e che lambisce 26 paesi. Un Mediterraneo che per questa sua conformazione diventa moltiplicatore, proiettando sé stesso in tutte le realtà politiche che lo circondano. Per questo può configurarsi come propagatore di pace se, come intuito da Giorgio La Pira, realizza la pace. «Ma sarà miccia perennemente accesa se le ragioni del conflitto continueranno ad essere artificiosamente alimentate».
Giunti / Mediterraneo, Grande Lago di Tiberiade nella visione di La Pira
C’è poi un Mediterraneo spirituale, luogo teologico culla delle tre religioni abramitiche: ebraismo, islamismo e cristianesimo. Religioni che rivendicano una comune genealogia alla quale ancorarsi per alimentare una politica orientata al dialogo interreligioso. Quel Grande Lago di Tiberiade, che La Pira scorgeva nel Mediterraneo, è ancora vivo e ci suggerisce che senza un dialogo interreligioso non si può puntare alla pace. Intuizione colta anche da Papa Francesco che nel febbraio del 2019 firma il documento sulla “Fratellanza Umana per la Pace Mondiale e la convivenza comune” con il Grande Imam di Al-Azhar, Ahmad Al-Tayyeb. Seguendo la traccia del messaggio di pace che, ad Assisi nell’86, aveva lanciato anche Papa Giovanni Paolo II: «riuniamo le religioni della terra, perché è dal dialogo fra le fedi che possiamo sperare di costruire un dialogo più forte tra gli uomini».
Esiste infine un Mediterraneo culturale, luogo di esaltazione delle tre culture millenarie: il pensiero scientifico ionico, la filosofia greca e il pensiero matematico arabo. Culture e civiltà diverse, ciascuna con le proprie specificità riunite in una dimensione unica che ne ha consentito la condivisione: la dimensione del Diritto. Uno strumento senza tempo che unisce, che già nella storia ha unito e che abbiamo la necessità di riscoprire. Ritrovare l’importanza dell’inclusione e della nostra identità non è un’utopia da costruire, ma un percorso di consapevolezza e di ritorno alle nostre radici. Come ricorda Giunti, dalla storia non abbiamo che da imparare, non è solo il nostro passato, ma una prospettiva di futuro.
Migranti / Mediterraneo specchio del mondo
Ancora una volta citando Papa Francesco ricorda che: «il Mediterraneo è un ambiente che offre un approccio unico alla complessità. È “specchio del mondo” che porta in sé una vocazione globale alla fraternità». Ed è su questo che la Fondazione Giorgio La Pira continua il suo operato, per mettere in luce i punti di sintonia tra il messaggio del pontefice e l’impronta di Giorgio La Pira. Un punto in particolare spicca: la volontà di rendere il Mediterraneo laboratorio in cui costruire un futuro, una prospettiva per una cittadinanza globale. E gli strumenti sono, ancora una volta, quelli lasciati in eredità da La Pira, la cultura della città.
Una diplomazia dal basso che egli ha sempre sostenuto, portando avanti il messaggio che le città veicolano modelli di inclusione e fraternità per una pace globale e duratura. Tematica che oggi più che mai torna ad essere attuale davanti alla paralisi degli organismi sovrannazionali davanti al dramma della guerra. Una diplomazia che si basa sul diritto ma che non può prescindere dalla logica dei doveri. Un compito urgente e necessario, che ci richiama alla responsabilità verso le generazioni future. Affinché il Mediterraneo torni ad essere luogo di incontro e non di conflitto, di pace e non di fuga.
Mariachiara Caccamo