Davanti a Montecitorio, un palco con un grande striscione: “Libertà per Asia Bibi” e tanti cartelli: “Eliminare la legge sulla blasfemia”, “Moratoria sulla pena di morte in Pakistan”, “La libertà religiosa è un diritto fondamentale”. La gente in piazza partecipava alla manifestazione “L’Italia per Asia Bibi: libertà, giustizia, diritti umani”, che si è svolta il 26 gennaio a Roma, per iniziativa di Tv2000, Amnesty international, Associazione di cooperazione internazionale Italia-Pakistan-Isiamed, Comunità di S.Egidio, Religions for peace, Umanitaria Padana onlus, Associazione pakistani cristiani in Italia.
Agli organizzatori si è aggiunto un elenco lunghissimo di associazioni, sindacati, rappresentanti di altre religioni (ebrei, sikh, musulmani moderati), e realtà della società civile che hanno aderito all’iniziativa. Sul palco anche esponenti delle comunità musulmana ed ebraica, e numerosi politici di tutti gli schieramenti. Anche il Consiglio provinciale di Roma ha approvato all’unanimità, la settimana scorsa, una mozione in materia. Tutti hanno chiesto l’abolizione della legge sulla blasfemia e l’immediata liberazione di Asia Bibi, la cristiana pakistana di 45 anni, madre di cinque figli (di cui uno disabile), accusata di blasfemia, la prima donna ad essere condannata a morte per aver offeso il profeta Maometto durante una lite tra contadine. Il presidente del Pakistan, Asif Ali Zardari, ha il potere di concedere la grazia.
Il Parlamento europeo ha già condannato nei giorni scorsi, in una risoluzione a Strasburgo, i recenti attacchi contro le comunità cristiane in Egitto, chiedendo di garantire il rispetto della libertà di culto e la sicurezza delle minoranze religiose. “Noi cristiani non siamo contro l’Islam o contro il governo pakistano – ha precisato padre Gilbert Shaazad, dell’Associazione pakistani in Italia –. Vogliamo solo vivere nel nostro Paese in pace, dialogo e serenità con tutti. So che per gli italiani è difficile capire il concetto della legge sulla blasfemia. Diciamo solo che finora nessun cristiano ha offeso Maometto e il Corano e mai succederà”.
Eppure la legge si presta ad abusi, visto che dal 1986 ad oggi ha causato l’incriminazione di 993 persone, tra cui 479 musulmani, 340 ahmadi (una setta musulmana non riconosciuta dal governo), 120 cristiani, 14 indù e 10 di altre religioni. Padre Shaazad ha ricordato che in Pakistan i cristiani hanno indetto per il 30 gennaio una Giornata di digiuno e preghiera per la libertà di Asia Bibi. Una risposta alla marcia dei fondamentalisti islamici che si svolgerà lo stesso giorno contro eventuali modifiche alla legge sulla blasfemia – anche chiamata “legge nera” – e per l’esecuzione della condanna.
Abolire la legge sulla blasfemia. Tra i presenti in piazza, Luisa Santolini, presidente dell’Associazione parlamentari italiani amici del Pakistan, fondata pochi mesi fa: “Questa manifestazione è l’inizio di un lungo cammino: vogliamo convincere i parlamentari pakistani ad abolire la legge sulla blasfemia. Molti sanno che questa legge non va bene, ma hanno paura ad agire perché sono minacciati di morte”. Il governatore del Punjab, Salman Taseer, ucciso alcune settimane fa dalla sua guardia del corpo, è stata infatti la prima vittima illustre per la sua presa di posizione a favore della liberazione di Asia Bibi. Riccardo Noury, portavoce della sezione italiana di Amnesty international, ha ricordato che da 25 anni l’organizzazione per i diritti umani si batte per annullare la legge sulla blasfemia: “Siamo contenti di aver trovato nuovi compagni di viaggio per rilanciarla con più vigore”.
Don Paolo Cristiano, responsabile della Comunità di S.Egidio in Pakistan, ha raccontato le difficoltà che incontrano i cristiani a causa di questa legge, “nata per difendere la religione ma usata per compiere soprusi e vendette personali”. Stefano De Martis, direttore delle news di Tv2000, ha lanciato un appello ai media “perché accendano i riflettori su chi è perseguitato nel mondo a causa della fede”. Secondo Luigi De Salvia, di Religions for peace, “la blasfemia è un fatto grave quando si offende e banalizza il contenuto di una fede. Ma è sproporzionato e incoerente sanzionare con la prigione e la morte. Per vivere bene insieme non basta la tolleranza tra religioni: è necessario l’apprezzamento reciproco”.
a cura di Patrizia Caiffa