Nel monologo umanissimo e delicatissimo, scrigno prezioso di emozioni e di enigmi esistenziali, in una narrazione che cattura l’anima che è Novecento di Alessandro Baricco, il trombettista Tim Tooney, nel raccontare la storia del suo migliore amico Danny Boodman T.D. Lemon Novecento, pronuncia una frase che può costituire una chiave interpretativa della vita di tutti noi: “Non sei veramente fregato finché hai da parte una buona storia e qualcuno a cui raccontarla”.
A riprova di questa mia convinzione, rileggo la parabola dei talenti, ricordata dall’Evangelista Matteo, al capitolo 25. Qui il Cristo parla del Regno dei Cieli come di “un uomo che partendo per un viaggio lontano, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. A uno diede cinque talenti, ad un altro due, e a un altro uno, secondo le loro capacità”.
La vita di questi servi è nel racconto gioioso e schietto che sapranno fare della loro vita. In tutto ciò è la felicità e la realizzazione di essa. Chi, al contrario, come il terzo servo, che non ha o rinuncia in partenza a vivere la sua storia perché è pigro e infingardo, non potrà essere accolto nel Regno dei Cieli. Perché lui stesso si è autoescluso dal vivere la sua avventura in questo mondo.
Purtroppo – dobbiamo constatarlo – per alcuni la vita non ha alcun valore. Non la vivono, anzi la sprecano e la sciupano “fino a farne una stucchevole estranea” (Konstantinos Kavafis) e così si lasciano vivere. Eppure, si vive una volta sola e il farlo con consapevolezza e responsabilità è decisivo al fine di salvare una vita o perderla!
Gli amici del caffè
Anch’io ho una piccola storia da narrare, per un’esigenza di gratitudine. E perché, soprattutto, voglio che essa continui a maturare, proprio come una pianta che arriva alla sua massima fioritura, regalando la gioia di raccoglierne e assaporarne i frutti.
È l’esperienza dell’incontro che, ormai da alcuni anni, faccio ogni mattina insieme ad altri amici in un bar di Linguaglossa per prendere un semplice caffè.
Tutto qui? Ebbene, sì. Ma con un po’ di poesia in più!
Condividere il tempo di un caffè, non è altro che esercizio di attenzione continua, di amicizia gratuita, scuola di vita. Tutti ci portiamo dentro delle storie diverse e possediamo sensibilità che ci caratterizzano e che sono la legna che fa ardere il fuoco delle nostre conversazioni, sempre accese e spontanee. Non c’è altro scopo, se non quello di ritrovarci e di cercarci ogni mattina, alle otto e trenta, in uno stupore crescente.
L’esperienza di relazione quotidiana, pur nella sua semplicità, è diventata una riserva aurea di forza e di bellezza, da cui attingiamo continuamente nuove energie per rimanere nella nave che ci ospita tutti, che è la vita.
Ci sono io, l’Arciprete del paese, un avvocato, un ispettore statale e un colonnello regionale di guardia forestale, entrambi in pensione. E poi un consulente finanziario, una giovane dottoressa in economia e commercio, un imprenditore turistico, un geometra ed un commerciante in pensione.
Attenzione però, non formiamo un gruppo chiuso ma spesso chi si trova nei pressi, attirato dal nostro vociare, si avvicina liberamente. E con nostro piacere, si aggrega rendendo la conversazione più ricca e vivace.
L’incontro con gli amici del caffè quasi un trattato di sociologia
Non si è lontani dal vero, se affermo, senza alcuna presunzione che, nel nostro piccolo, siamo una pagina viva di un ideale trattato di sociologia contemporanea!
Ciò che emerge, senza programmi di sosta, è il dipanarsi della vita reale, così come affiora dentro di noi, andando a pareggio tra vita e conversazione.
Il paese, se non ci fosse, bisognerebbe inventarlo: abitarlo è cosa bella e divertente. Pregi e difetti rendono il vivere in un paese come Linguaglossa un’autentica goduria!
Parole, emozioni, racconti, allusioni, speranze, delusioni, proposte, attese, silenzi … costituiscono i telai più importanti delle nostre comunicazioni.
Nella nostra Linguaglossa, diceva un amico di tutti, che prematuramente ci ha lasciati, ci si diverte sempre, ogni giorno, dalle ore 00:00 alle ore 24:00.
Nei nostri incontri, tuttavia, di tanto in tanto emerge una doppia vena malinconica. Quella per un passato che non c’è più, perché è stato dimenticato o distrutto e l’altra per un futuro che appare sempre più incerto e sempre più difficile da intercettare.
Confronto costruttivo con gli amici del caffè
L’esperienza che facciamo ogni mattina assomiglia, senza dubbio, ad un pungolo o, per usare un’altra immagine, ad una spina conficcata ad un piede che chiede di essere tolta! È la voce della vita che ci interpella e che ci chiede di neutralizzare le spinte disgregatrici presenti in noi.
E di trovare risposte più adeguate alle sfide del tempo presente e organizzare la speranza.
Come il mondo sta cambiando ad una velocità sempre più sconvolgente, accelerando i tempi di riorganizzazione di spazi ma anche di attività per il persistere, purtroppo, della pandemia da Covid-19, anche la nostra Linguaglossa sta vivendo un processo inarrestabile di cambiamento!
Ogni cambiamento all’inizio richiede tanto sforzo nel comprenderlo e può a volte essere fonte di disagio.
Con una parola antica e moderna, tipicamente cristiana, siamo chiamati ad accogliere ogni cambiamento e soprattutto a cambiare direzione, a convertirci! La conversione è l’opera prima. Il resto o pensare ad altro, è semplicemente illusione! Nel nostro DNA ci sono le informazioni genetiche ereditate dai nostri genitori, forse, rimaste silenti troppo a lungo e adesso richiedono solo di essere espresse.
La nostra vita nel DNA
È una eredità preziosa che va riscossa per realizzare una vita nuova. Una vita che scardina le porte chiuse da tempo e che spalanca le finestre su paesaggi più nitidi.
“Di tutto ciò che fu fatto voi mangiate il frutto, marcio o maturo che sia (…)
Noi subiamo le conseguenze di tutte le cattive azioni del passato:
dell’ignavia, dell’avarizia della gola, della dimenticanza del Verbo di Dio,
dell’orgoglio, della lussuria, del tradimento, di tutte le azioni peccaminose.
E di tutto ciò che fu fatto ed era buono, di questo avete l’eredità.
Perché le buone e cattive azioni appartengono a un uomo solo, quando se ne sta solo dall’altra parte della morte,
ma qui sulla terra avete ricompensa del bene e del male che fu fatto da quelli che vi hanno preceduto.”
(Cori da “La Rocca” di T.S.Eliot)
Nel mio condividere la passione per la vita, la crescita e lo sviluppo di questa meravigliosa comunità che è Linguaglossa, ho capito che l’uomo non può vivere senza visioni ed entusiasmi. “Chi si accontenterà della monotonia, della mediocrità, dello scorrere delle cose, non sarà perdonato”.
Nel rito del caffè di ogni mattina c’è il buon odore della miscela sapientemente scelta, ma c’è anche dell’altro che occorre saper cogliere, interpretare e implementare per affrontare i cambiamenti che siamo chiamati ad affrontare.
Condividere con amici il caffè riporta agli antichi sapori della comunità
Il buon odore del caffè ci restituisce la voce dei nonni, dei genitori, degli insegnanti, dei compagni di classe, dei vicini di casa, dei parroci che hanno edificato la comunità, da cui noi tutti proveniamo. E che con amore e tanto sacrificio ne hanno anche saputo tenere in mano le redini per lungo tempo.
Quindi se, da alcuni anni a questa parte, è stato tolto lo spazio alla comunità, mortificata e preferita ai “non luoghi” quali sono i centri commerciali, adesso è giunto il momento di ritornare ad essa, restituendole i buoni propositi, un futuro di ideali e non ideale, di valori e perfino la vita stessa.
Quando la tenda della comunità sarà rialzata, essa saprà regalarci frutti succosi da assaporare. Frutti che diverranno, al contempo, alimento essenziale e nutriente per i nostri figli e per quelli che verranno dopo di loro.
Il racconto del caffè al mattino, inevitabilmente si è trasformato in un altro racconto, in quello di un ipotetico pomeriggio. Quando, solitamente si prende un buon amaro, per aiutarci a fare una sana digestione!
La sfida del tempo presente è ardua, ma ha anche il suo fascino e la sua bellezza. Tocca a noi dare ascolto a questa voce; il nostro compito è difficile ma vivo, è anche il solo che abbia un senso e una speranza.
don Orazio Barbarino
Arciprete di Linguaglossa