Ascoltando i maestri dello spirito, può capitare di apprendere cose nuove, rielaborare i significati della nostra fede e, perfino, di godere per quel che c’insegnano ancora per la vita di tutti i giorni. Mons. Costanzo, a chiusura del mese di maggio nella parrocchia S. Martino di Carruba, in riferimento al rapporto tra Maria e Giuseppe e nei dialoghi tra Maria e Gesù, mi ha sollecitata a fare un confronto con la vita di relazione tra coniugi e i figli, oggi. Alcuni atteggiamenti e comportamenti che hanno reso grande e santo il rapporto tra Maria e Giuseppe e tra Maria e Gesù, potrebbero sembrare di debolezza, invece hanno costituito il punto di forza, rendendo vincente e attuale la loro vitalità. Mi limito a fare qualche esempio, partendo dalla condizione di gravidanza di Maria, prima che andasse a vivere insieme con Giuseppe (Mt 1,18).
L’evento non è di poco rilievo per nessuno dei due, entrambi si tormentano: Maria, benché avesse avuto il messaggio in diretta dall’angelo, fu assalita da mille interrogativi a cui non sempre furono chiare le risposte:forse ha capito di più dopo la morte o dopo la sua resurrezione del Figlio; anche Giuseppe s’interrogava su come fosse possibile una gravidanza per una ragazza da tutti ritenuta saggia e timorata di Dio. Ma i due riescono a dialogare tra loro per cercare di capire cosa stava succedendo, per trovare individualmente e insieme le possibili risposte ad un evento alquanto misterioso e fuori dal comune. Il dialogo e la riflessione, il parlare e il dialogare fra loro sviluppa in ciascuno la fiducia nell’altro, tanto da poter dire:”io credo in te!” e la fedeltà, per restare vicini e affrontare insieme le difficoltà. Cresce in entrambi la fede, accettando di capire a poco a poco e continuare a cercare insieme il significato dell’evento. Maria s’interroga nel silenzio, fa fatica a capire, ma non si ribella né si dispera, accetta con pazienza. La pazienza leviga, plasma, introduce alla speranza, porta alla verità, lascia liberi. Giuseppe nel dubbio non si cura di sé, si domanda cosa ne sarà di Maria, oggi e domani con il Bambino, senza la protezione di un marito, di un padre, e, diventa “il giusto”, decidendo liberamente – non per debolezza bensì per saggezza – di occuparsi di entrambi.
Nel dialogo di coppia, spesso oggi, prevale l’io (la valutazione di sé e la negazione dell’altro). Il salto di qualità, invece, nel vedere le ragioni dell’altro, permetterebbe ad entrambi di esistere dando il meglio di sé, di guardare insieme ai figli (loro bene comune), di gareggiare nel rendere l’altro migliore (anche grazie all’amore di chi lo accompagna) e potergli dire teneramente e sinceramente: “io tengo a te più che a me”, “tu vali molto e puoi valere di più”. Il “noi” nel dialogo di coppia parla al plurale, dando la precedenza a chi è più debole, più fragile, in difficoltà senza deve fare riferimento sempre allo “io” né allo stesso “tu”. Il “noi” vuol dire che non si esclude mai l’”io” né il “tu”. Il “noi” rafforza l’io e il tu senza privilegiare l’io e senza escludere il tu. Se “castità” è amare senza possedere, “sponsalità” è amare lasciando crescere l’altro nella libertà di sviluppare la sua personalità e il suo modo di essere, è amare in libertà. Solidarietà, protezione sono espressioni della crescita dell’umanità contrariamente all’egoismo e all’isolamento, che restano forme di infantilismo.
Nel dialogo con Gesù, Maria accoglie, osserva, educa, protegge il figlio e s’interroga sul suo futuro. Gesù, osserva la madre, imita i genitori e li aiuta ma, crescendo, prende iniziative per suo conto. Ogni iniziativa è una nuova vita che emerge, un nuovo parto, un nuovo percorso di umanità. Il Figlio dice ai genitori: “Io sono un altro da voi; io ho altro da fare, per questo sono venuto…per rivelare il Padre, a tempo opportuno (non quando piace a te, Maria, a te, Giuseppe) ma quando io capirò, anzi, quando l’ora verrà, quell’ora che né io né voi abbiamo scelto”. La relazione madre-figlio o padre-figlio non è lineare, è soggetta a ritmi e tempi di comprensione diversi, soggettivi. La pazienza, la fiducia, l’attesa, il dialogo… sono strumenti che aprono spazi di comprensione, di novità ad entrambi gli interlocutori, ai dialoganti, ma in modo soggettivo, personale, unico. Oggi, non abbiamo tempo per il dialogo… perché corriamo… la corsa non ci permette di riflettere su ciò che ci sta a cuore, non ci fa trovare quel che cerchiamo: la pace, la gioia, l’intimità, l’amicizia… perciò le nostre relazioni sono fragili e la nostra vita è spenta. Alcuni modelli, forse, meritano di essere imitati anche nel terzo millennio.
Teresa Scaravilli