Alla “Marcia per la pace e l’armonia”, guidata dal cardinale Oswald Gracias, hanno partecipato 140 vescovi, oltre a sacerdoti, suore e fedeli. I silenzi del premier Modi. La campagna “ghar wapasi” (“torna a casa”) messa in atto dall’estrema destra per la “riconversione” all’induismo di 273mila persone appartenenti a minoranze religiose nello Stato dell’Uttar Pradesh
Continuano in India le persecuzioni contro i cristiani. Non mancano le cariche della polizia contro coloro che protestano nei confronti di questo genere di violenze. A Bangalore, 140 vescovi, guidati dal cardinale Oswald Gracias, sono scesi in piazza per dire “basta”.
Incitamento all’odio. Nel disinteresse del Governo ed in particolare del Premier Narendra Modi (e leader del Partito Bjp), che in otto mesi di mandato non è mai intervenuto nello stigmatizzare gli atti di violenza – di fatto, quindi, avallandoli – continuano in India le persecuzioni contro i cristiani. Nei giorni scorsi, l’Agenzia Fides aveva dato conto di una nota inviata da un gruppo di Ong indiane, nella quale si denunciava il peggioramento della situazione. Si leggeva: “Le campagne di incitamento all’odio sono sistematiche, orchestrate anche da esponenti del partito Bjp e da gruppi estremisti indù che promuovono attacchi contro le minoranze religiose, che esprimono il timore che venga eroso il diritto alla libertà religiosa, garantito dalla Costituzione indiana”.
La campagna “torna a casa”. La Ong Catholic Secular Forum, ha diffuso un rapporto sulla persecuzione relativo al 2014, dal quale risulta che settemila cristiani – tra i quali 300 fra sacerdoti, pastori e leader delle comunità cristiane – sono stati vittime di aggressioni, mentre cinque, tra cui un bambino di 11 anni, sono stati uccisi. Il rapporto parla anche della campagna “ghar wapasi” (“torna a casa”) messa in atto dall’estrema destra, che prevede la “riconversione” all’induismo di 273mila persone appartenenti a minoranze religiose nello Stato dell’Uttar Pradesh. Lo stato centrale del Chhattisgarh, dove risiede una grossa comunità tribale convertita al cristianesimo, è quello dove i cristiani rischiano di più.
La manifestazione nella capitale. A New Delhi, la scorsa settimana, prima delle elezioni del nuovo Governo dello Stato, si è svolta una manifestazione pacifica, convocata dall’arcivescovado, per chiedere la cessazione delle violenze nei confronti dei fedeli e delle Chiese, dopo l’ennesimo attacco avvenuto il 2 febbraio contro una chiesa, la St. Alphonsa Church, in cui sconosciuti hanno compiuto atti di vandalismo, dissacrando anche le ostie di una pisside. I partecipanti sono stati caricati dalla polizia e dispersi. Molti di loro – si stimano 350 persone – sono stati portati al commissariato di polizia, perché nel Paese sono proibiti raduni di più di 10 persone, pena sanzioni amministrative e perfino il carcere fino a due anni. Ha dichiarato l’arcivescovo, Anil Couto: “Ancora prima che la protesta cominciasse, gli agenti sono intervenuti con una forza brutale e hanno arrestato responsabili e partecipanti che giungevano per riunirsi davanti alla cattedrale del Sacro Cuore. Condanno fermamente l’azione della polizia che ha assaltato sacerdoti, suore e anziani che tenevano una manifestazione pacifica”.
In tutto il Paese, i cristiani protestano. A Bangalore, nello Stato meridionale di Karnataka, tutti i 140 vescovi indiani, guidati dal cardinale Oswald Gracias, dall’arcivescovo di New Delhi, Anil Couto, e da quello di Bangalore, Bernard Moras, sono scesi in piazza alla testa di un corteo denominato “Marcia per la pace e l’armonia”, a cui si sono uniti sacerdoti, suore e fedeli, per dire “Basta” alle violenze.
Umbero Sirio