“Impegniamoci a testimoniare la carità e la speranza. Ogni pellegrinaggio come quello che si compie al Santuario della Vena, è un’esperienza molto utile per percorrere al contempo vie antiche e nuove”.
Con queste parole pronunciate dinanzi al Sacro Fonte della Vena si è aperto il Giubileo degli uomini della montagna presieduto dal vescovo mons. Antonio Raspanti.
L’evento ha visto accedere al Santuario rappresentanze di molti sodalizi e di reparti di montagna delle Forze dell’ordine.
Un’occasione di incontro e di preghiera scandita da vari momenti celebrativi vissuti in ragione dell’analogia tra il cammino proprio della gente di montagna e quello dei pellegrini per l’anno santo.
Il Giubileo degli uomini della montagna assimilabile al cammino dei pellegrini
Nella riflessione del Vescovo, infatti, nell’immaginario cristiano il cammino con cui si esprime la forza e la perseveranza della gente di montagna è perfettamente consonante e assimilabile a quello dei pellegrini, che recupera e rinverdisce nella dimensione del dono la tradizione ebraica del giubileo.
Anno sabatico in cui il popolo ebraico sperimentava la riconciliazione, con remissione di ogni debito.
Dono, che richiama il perdono del Signore, evocato dalla Parola nella pagina mirabile dell’adultera. E che, senza ridimensionare il valore cogente e pedagogico delle dieci parole proferite da Dio, supera il formalismo della Legge, della cui egida diversamente, come insegna San Paolo, l’uomo sarebbe oltremodo gravato, attraverso la liberazione operata e gratuitamente elargita dalla Divina Misericordia. Liberazione che se dall’uomo recepita corona il mai sopito, suo innato desiderio della gioia e in ultima analisi della vita.
Per questo prosegue il Vescovo nella sua omelia, se la Legge educa, la Misericordia è la Parola ultima. Essa suffraga la speranza quando ci assicura che ognuno di noi è ben più grande del proprio peccato. Da qui il senso del Giubileo e quindi del nostro essere oggi pellegrini di speranza… e per la speranza.
Svelata la corona delle 15 ceramiche con i misteri del rosario
All’offertorio rappresentanti istituzionali presenti hanno portato all’altare diversi doni simbolici delle comunità montane. Doni delle amministrazioni comunali di Piedimonte Etneo, Mascali e Sant’Alfio. E anche di esponenti delle varie associazioni di uomini di montagna e delle Forze dell’ordine e dei club service che hanno animato la liturgia.
Il Coro Venerabile Ignazio Capizzi di Bronte ha curato i canti con maestria.

Al termine della celebrazione eucaristica, nel Santuario all’aperto è stata scoperta alla visione e benedetta dal Vescovo la corona delle 15 ceramiche indicanti i misteri del rosario, pigmentate dai colori distintivi per ciascuna cinquina. Poi si è operato l’innesto di alcuni polloni con delle marze del Castagno dei Cento Cavalli e Sant’Agata Nave, a cura dell’associazione Tutela marroni di Castione.
A conclusione del Giubileo, il rettore del Santuario, don Carmelo La Rosa, ha dato appuntamente alla gente di montagna al 31 agosto, in occasione dei festeggiamenti in onore della Madonna della Vena.
La riflessione finale del Vescovo racchiude il senso del giubileo vissuto: “La gente di montagna vive, custodisce e trasmette la bellezza del Creato. Questo atteggiamento di contemplazione e rispetto della natura aiuta a schiudere il cuore allo Spirito e operare una riconciliazione con la vita e con Dio”.
Giuseppe Longo