La stagione di Formula Uno non è ancora partita (anzi è slittata al 27 marzo a Melbourne a causa dell’annullamento del Gp del Barhein per le gravi turbative che investono tutta l’Africa del Nord e il mondo arabo), ma le varie scuderie scaldano già i motori e soprattutto fioccano le polemiche a seguito delle dichiarazioni di Bernie Ecclestone, che ha messo a soqquadro l’ambiente con le sue trovate bollate in partenza come “deliranti”. C’è un aspetto che però nessuno considera: il circo automobilistico sta inesorabilmente perdendo colpi e colui che si autodefinisce “il suo papà”, intende correre ai ripari per salvaguardare i ricchi contratti garantiti (finora) dalla pubblicità e dalle televisioni. Da qui a inventarsi addirittura delle condizioni atmosferiche artificiali per rendere il tutto più stuzzicante naturalmente ce ne passa, ma per Mr. Bernie queste sono evidentemente solo opinioni. Lui va avanti per la sua strada e senza essere uno stregone ha in serbo una sorta di danza della pioggia artificiale, nel senso che per rendere più spettacolari i Gp, ha proposto un bell’acquazzone all’improvviso, di quelli che trasformano la pista in una palude, e in cui i bolidi dovranno cimentarsi in derapate, sorpassi improvvisi, fuoripista assortiti. “Allora sì che ci si divertirebbe”, tuona Ecclestone, che davvero sogna “un po’ di pioggia artificiale durante la gara per vivacizzare la situazione. Magari per 20 minuti o per gli ultimi 10 giri. Con un preavviso di un paio di minuti”.
No, non siamo su “Scherzi a parte”, il patron ci crede davvero, tanto da rischiare di annacquare (nel senso di affossare) la sua creatura. Si sente padre-padrone e in quanto tale, autorizzato a fare e disfare regole a suo piacimento. D’altronde non è la prima volta che assistiamo a stravolgimenti negli sport: se 25 anni fa ci avessero detto che un giocatore di volley avrebbe potuto giocare la palla con i piedi lo avremmo preso come un visionario. Ma Ecclestone non si ferma alla pioggia artificiale: vuole farla finita anche con i punti del Mondiale, che appiattiscono le classifiche e propone al loro posto delle medaglie.
“I piloti – spiega lui – vogliono vincere e non si accontentano del secondo, terzo o quarto posto. Adottiamo un sistema nel quale la vittoria valga. Nell’ultima stagione avrebbe funzionato abbastanza bene. Vettel e Alonso sarebbero stati in perfetta parità anche dopo l’ultima gara: 5 ori, 5 argenti e 5 bronzi a testa. Vettel avrebbe vinto il Mondiale per il maggior numero di quarti posti. Per me tutto questo è un thriller”.
Forse ha letto troppi libri gialli l’ottuagenario Bernie, ma di certo qualcosa va rivisto per compensare l’ormai cronica emorragia di interessi che circonda la Formula Uno: ci auguriamo che uno degli elementi del rilancio possa essere la nuova Ferrari, dedicata ai 150 anni dell’Unità nazionale. Per questo motivo una vittoria finale quest’anno per la scuderia di Maranello rappresenterebbe una doppia valenza, ribadendo il trionfo indiscutibile del “made in Italy”.
Leo Gabbi