immigrati in Sicilia, dopo aver visitato il Centro di accoglienza di Lampedusa e averne constatato la saturazione, ha dichiarato testuale: “I migranti che non potremo ospitare in Sicilia saranno spalmati sul territorio nazionale”. O poveri migranti! Non bastano le traversie che devono passare, quanto pure saranno “spalmati” una volta giunti in Italia. Meriterebbe di essere “spalmato” a dovere chi per primo ha avuto la felice idea di usare “spalmare” nel significato di suddividere, distribuire, ripartire. Costui stava sicuramente pensando alla Nutella oppure a preparare le tartine spalmate di burro. Finora ci è toccato sentir “spalmare” di tutto, dai finanziamenti, ai crediti, ai debiti, agli interessi, ma mai le persone. A che punto siamo arrivati!?
L’esclamazione, abusata anche questa, è insieme una domanda. Siamo arrivati al “plastismo”. Zingarelli 2011 registra questo termine venuto in auge pochi anni or sono tra i linguisti per designare quelle parole o espressioni diventate, o ritenute, di moda e spesso usate a sproposito, magari al posto di parole più semplici ma dal significato più appropriato. I plastismi sono ormai entrati nel nostro linguaggio quotidiano, a incominciare da “spalmare” per finire a quel diffuso “piuttosto che” usato quasi snobisticamente da personaggi anche acculturati per esprimere un’alternativa, mentre invece l’uso corretto di “piuttosto che” è solo per esprimere una preferenza.
Perché “plastismo”? Il termine viene da “plastico”, perché appunto si tratta di parole o espressioni che come un oggetto di materia plastica possono essere facilmente plasmate (stavamo per dire “spalmate”) e adattate a più occasioni, insomma parole o espressioni tuttofare buone per svariati usi. Abbiamo cercato di tradurre alla buona ciò che Zingarelli scrive per plastismo: “Vocabolo, sintagma, o espressione che si afferma rapidamente nella lingua e, divenuto cliché, perde progressivamente significanza, soppiantando alternative comunicativamente più efficaci (per esempio scenario usato in luogo di ipotesi o progetto)”. E, poteva mancare!, è diventato plastismo anche “tsunami”. Proprio pochi giorni prima dello tsunami vero, la tragedia che ha colpito il Giappone, i giornali e i commentatori vari hanno parlato di “tsunami umano” per dire del temuto sbarco in massa di profughi dal Nord Africa. Ancora una volta: poveri migranti! Non solo “spalmati”, finanche paragonati allo tsunami, quasi portassero la stessa devastazione e gli stessi effetti dirompenti dell’onda anomala.
Piero Isola