Graziosa Casella nacque a Catania il 20 novembre 1906 e vi morì il 14 dicembre del 1959. Di statura media, aveva i capelli neri e gli occhi chiari, lo apprendiamo dal suo sonetto Lu me ritrattu.
Fu la sola poetessa che prese parte attivamente ai movimenti poetici del secondo dopoguerra a Catania. E fu intensamente presente in attività letterarie e culturali soprattutto fra il 1945 e il 1959.
Molte sue poesie si trovano sparse su giornali dell’epoca ma della sua attività, intensa e prolifica, che la vide a tu per tu con i maggiori poeti e intellettuali di quel periodo, nulla è stato scritto e pubblicato. Tutto è caduto nell’oblio.
Sembra che un destino avverso abbia cancellato il suo percorso culturale, come avversa le fu, per certi aspetti, la vita.
Collaborò assiduamente con i circoli culturali catanesi e fu redattrice del “Lei è lariu”, rivista di satira, politica e cultura che riprese le attività, con il n 1 del 24 maggio 1945 a Catania, dopo essere stata chiusa durante il fascismo.
Catanese purosangue, figlia dell’Etna, possiamo considerare Graziosa Casella la poetessa della passione amorosa. Visse parte della sua fanciullezza ad Acireale.
Prima che morisse, quasi presaga della prossima morte, aveva consegnato suoi due manoscritti a poeti di Catania per farli pubblicare. Si trattava di due raccolte: “Ciuri di spina” e “Autunnu e primavera”. Poi, improvvisamente, prima che la morte la cogliesse, aveva ritirato il più voluminoso dei due manoscritti, “Ciuri di spina”.
Morta la poetessa, anche il manoscritto andò perduto. Dell’altra raccolta, “Autunnu e primavera”, invece, sono rimaste solo alcune poesie pubblicate in un fascicoletto a cura di Arte e Folklore di Sicilia, Circolo culturale catanese, per la serie “Il poeta dimenticato”.
Si tratta di una coroncina di nove sonetti provenienti dalla raccolta “Autunnu e primavera”. Appunto, significativi di una passione autentica e sincera, tanto forte e infiammante quanto dolorosa e lesiva della stessa vita dell’autrice.
I nove sonetti parlano di un amore intenso ma impossibile, per via del gran divario di età col suo amante. Lui ha 28 anni, a confidarcelo è lei stessa con uno dei nove sonetti in questione nel quale scrive: “E’ veru sì, s’avissi diciott’anni, / o puru vintott’anni, comu a tia, / non li patissi tanti disinganni, / né mi vinissi sta malincunìa. (…) Ah, si ssa vucca to non è sincera, / làssami stari pri la me svintura… / cu autunnu non s’accoppia a primavera”.
Per il giovane amante di nome Vanni, dagli occhi chiari, scriverà ininterrottamente anche quando lui non l’amerà più: “A la casuzza so trova ristoru / ognunu!… / Sulu iù, Vanni, ppi tia / paci non trovu no, / fina ca moru!”.
Per questo amore, finito per sempre, nel 1945 scriverà “Cori a luttu”: “Unn’è, dimmi, unn’è tuttu ddu focu / d’amuri ca scurreva ‘ntra ‘ssi vini / e ddi carizzi to’, tuttu ddu iocu / di quannu sempri stavamu vicini?”. E ancora nel 1946 “E scuru fittu vidu a tutti banni / e a tutti banni sentu spini funni / e cercu e chiamu sempri: Vanni! Vanni! / Na stu silenziu chinu d’amarizza / stu celu grigiu sulu m’arrispunni / dànnumi lu so chiantu a sbrizza a sbrizza.” (Malincunia).
Noi abbiamo raccolto altre poesie che ci danno la dimensione poetica della Casella e l’intensità di affetti e di stima della quale era circondata. Non mancarono certo le male lingue; le calunnie e gli attacchi gratuiti alla sua persona cose che la fecero soffrire e contro le quali si limitava a scrivere “Cchi è lu munnu” (A certi mali lingui”).
Per questo grande e intenso amore, Alfio Patti, “l’Aedo dell’Etna” le dedicò un libro dal titolo “Arsura d’amuri, omaggio a Graziosa Casella”, pubblicato nel 2013. E uno spettacolo dal titolo omonimo che debuttò il 20 maggio del 2012 al Centro di Culture Contemporanee, Centro ZO di Catania, con gran successo.
Libro e spettacolo narrano di un amore passionale, quello che arde, che consuma e fa sciogliere, come cera al sole, gli amanti. Un vero e proprio omaggio alla poetessa catanese per parlare di una donna che si trovò sola in una società maschilista e piena di pregiudizi. Allora le donne che scrivevano poesie e scrivevano in siciliano era rare. Lei aveva commesso alcuni errori: scrivere, essere una femminista ante litteram e colta, oltre a quello di essere sanguigna e piacente, cose, queste, che la Catania ipocrita di allora non le perdonò.
L.V.