Politica / Burocrazia, Europa, contagi: le tre sfide cruciali per l’Italia

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Nella settimana che si chiude il governo Conte ha superato due scogli importanti. E’ riuscito a portare finalmente in Gazzetta ufficiale il “decreto rilancio”, dopo un’estenuante attesa che ha fatto seguito ad un’altrettanto estenuante gestazione del maxi-provvedimento, e ha archiviato l’insidioso passaggio parlamentare sulla sfiducia chiesta dall’opposizione nei confronti del ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede.
Ora però l’attendono tre sfide cruciali, che peraltro sono inevitabilmente connesse, come quasi tutto, in questa fase.
La prima è l’affondo contro la burocrazia, per semplificare il sistema amministrativo e sbloccare cantieri e investimenti. Si tratta di problemi cronici per il nostro Paese e finora nessuno è riuscito a imprimere al sistema una svolta decisiva. Perché dunque dovrebbe riuscirci un governo che sconta una fragilità politica congenita e opera in una fase che presenta difficoltà senza precedenti nella storia repubblicana?
A ben vedere, proprio l’eccezionalità del momento potrebbe offrire la possibilità di quello scatto che è indispensabile per consentire la ripresa economico-sociale dell’Italia. Non bastano piccoli correttivi, occorre un cambio di marcia radicale. Pur con limiti evidenti e in una certa misura inevitabili, le risorse messe in campo dal governo sono all’altezza della situazione, ma il presidente del Consiglio sa bene che la partita cruciale per il Paese (e forse anche per il futuro dell’esecutivo) si gioca sul terreno di quella che viene considerata “la madre di tutte le riforme”.

La seconda sfida è quella europea. L’iniziativa franco-tedesca ha sparigliato la contrapposizione tra gli Stati del Nord e quelli del Sud che finora ha impedito il salto di qualità necessario nel pur consistente impegno della Ue contro le conseguenze della pandemia. Si è aperto uno spazio estremamente promettente ma le resistenze sono forti e in concreto quel che conterà sarà il risultato finale. La prossima settimana registrerà comunque un passaggio decisivo, la presentazione della proposta di “piano” da parte della Commissione europea, prevista per il 27 maggio.

La terza sfida è quella dell’andamento dei contagi. E qui, bisogna pur dirlo, la responsabilità incombe sui cittadini più che sulle istituzioni, che pure devono fare la loro parte. La prossima settimana si dovrebbe capire se la situazione epidemiologica tiene nonostante le riaperture. Tutti lo speriamo, ovviamente, ma se così non fosse dovrebbero scattare interventi mirati di contenimento che rischiano di avere un impatto negativo sulla già stentatissima ripresa e riproporranno il tema spinoso del rapporto delle Regioni con lo Stato.
Sul piano degli assetti politici, all’interno della maggioranza le tensioni sono legate principalmente al ruolo di Italia Viva, che sembra collocarsi sempre su posizioni di confine, e alla tenuta degli equilibri interni del M5S, diviso su alcuni temi fondamentali di questa fase. Ma anche l’opposizione stenta ad andare oltre la protesta. Al di là delle schermaglie tra i partiti, il problema del centro-destra è che la pandemia ha rivelato agli occhi dell’opinione pubblica l’intrinseca contradditorietà dell’approccio populista, in Italia e a livello internazionale. Non a caso è nel rapporto con l’Europa che si è registrato il fenomeno più rilevante, vale a dire lo smarcamento di Forza Italia.
Del resto sarebbe da irresponsabili puntare a una crisi di governo in un momento del genere e, proprio per scoraggiare operazioni avventuristiche, il messaggio che arriva dal Quirinale è che, abbattuto questo governo, non ci sarebbero altri esecutivi, ma soltanto le elezioni politiche.

Un appuntamento elettorale, con ben sei Regioni e un migliaio di Comuni al voto e tutto il Paese chiamato alle urne per il referendum confermativo sul taglio dei parlamentari, è comunque in programma nei prossimi mesi.
Dopo il rinvio imposto dalla pandemia, ora si discute della data di un possibile election day. Il Governo ha proposto in prima battuta il 13-14 settembre, ma per motivi tecnici relativi ai tempi della presentazione delle liste e alla campagna elettorale – che in questo caso dovrebbero avvenire in agosto –  è possibile che si arrivi alla fine del mese o al più tardi alla prima settimana di ottobre.
Ma nel centro-destra si spinge per votare già a luglio e nella stessa direzione si muovono i “governatori” che sono in lizza per la riconferma (quattro presidenti di Regione su sei) e che contano di essere premiati dalla situazione ancora emergenziale.

Stefano De Martis

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