Da un articolo de “La Sicilia 29 ottobre 1953”. Un grande evento per l’economia siciliana, c’è il petrolio a Ragusa: così recitava il titolo dell’articolo, decantando quanto sviluppo si affacciava nell’isola per la ricchezza che è solita portare con sé l’estrazione di quello che veniva visto come l’oro nero.
In quegli anni i nostri giovani emigravano alla ricerca di una giusta dignità per la propria vita. Da più parti si consigliava ai giovani di restare, anche per formare la famiglia. Per far sì che la crescita demografica tra nord e sud d’Italia non fosse troppo squilibrata. Ma partivano, i nostri giovani, perché erano costretti a farlo. E hanno continuato a partire, visto che lo sviluppo sbandierato, quel poco conquistato, è stato soffocato.
Hanno continuato a partire, i nostri giovani, anche quando negli anni “70 la crisi energetica ha costretto a muoversi in auto, in Italia, prima in certi giorni sì e in altri no, poi con targhe alterne. Nonostante l’austerity e quanto ad essa collegato, finiscono le ricerche petrolifere e finisce l’Eldorado legato al cosiddetto “oro nero”.
I petrolieri sono poi tornati nuovamente alla carica, hanno cominciato ad “indossare occhiali” ancora più potenti, con i quali hanno individuato il metano nelle viscere del sottosuolo siciliano. Scoperta da tre soldi, visto che già Enrico Mattei lo aveva visto parecchio tempo prima che esistessero questi potenti occhiali, ossia durante la preistoria energifera.
Così hanno invaso le nostre terre portando grandi trivelle, tante attrezzature e tanti tecnici; e fatte tante di quelle perforazioni che occorrono parecchie ore per tenerne la contabilità. Hanno perforato il nostro territorio tipo “formaggio svizzero” e poi i pozzi ricavati tutti tappati.
E i nostri giovani continuano a partire
Oggi i nostri giovani continuano a partire. Ci chiediamo: a chi sta bene tutto questo? Chi vuole che le cose restino sempre e solo cosi precarie? Qualcuno ebbe a scrivere un articolo, il 30 ottobre 2012, all’indomani del voto, col titolo “Restiamo la Sicilia del Gattopardo”.
I titoli in risalto dei quotidiani, di quel 30 ottobre 2012, davano l’annuncio di un forte scossone nella politica siciliana con l’elezione del primo presidente che entra a palazzo d’Orléans con la scorta e i grillini risultano il primo partito. Il clamore c’è stato, tutti i cittadini siciliani, tutti i politici di Sicilia e dell’Italia, e anche in tanti in Europa e nel mondo intero sono stati colti da stupore e meraviglia.
Ma i nostri giovani continuano sempre a partire. Ma gli effetti di quello scossone politico durarono poco tempo. Perché manovre trasversali, intrecci politici, nuovi insoliti legami e spostamenti da una parte politica ad un’altra, “inciuci”, restaurazioni di scheletri negli armadi fecero sì che le cose non andassero bene. Troppi giovani, troppi volti nuovi, “troppe persone che non erano all’altezza”.
La Sicilia del Gattopardo…
Premesso che il “Gattopardo” è rimasto sempre là, che adesso con le sue manovre e manovrine ha aperto i porti di Sicilia alla discesa di nuovi barbari e non ai clandestini. La calata dei barbari a cui si sta assistendo in questi giorni di campagna elettorale o, meglio, finalizzata ad accaparrarsi i voti, nella quale tutti hanno indossato occhiali con vetri spessi, facendoci notare quante cose disastrose convivono con noi siciliani. E questi nuovi barbari riescono a metterci il dito o, meglio, il pugno nella piaga, per far si che possiamo soffrire ancora di più, ricordandoci di questo o quel disastro che hanno lasciato quelli prima di loro.
Qualcosa non quadra: ma non sono sempre gli stessi?
Tutto ciò non ha fermato i nostri giovani che sicuramente non si fermeranno dopo il 25 settembre.
In una terra dove i posti di lavoro sono in numero esiguo, non vi è più la possibilità della promessa del posto in amministrazioni pubbliche. Si è pensato di ricorrere a nuovo stratagemma e si promette l’assunzione diretta alla Camera, al Senato oppure ai palazzi della Regione. Chiamateli “Babbi” recita un detto siciliano. “Il posto è facile, comodo, per niente faticoso, cravatta e molto far niente”; anche questo si sente dire in giro in questi giorni.
Ma dopo il 25 settembre i nostri giovani sicuramente torneranno a partire, impoverendo ancor di più questa splendida terra che tutto il mondo ci invidia.
Giuseppe Lagona