Si è conclusa la scorsa notte, con la fiducia al governo, la discussione in Senato sul maxi-emendamento che costituisce il centro della manovra economica per il prossimo futuro. Il via libera parlamentare è atteso per il prossimo 29 dicembre, a sole 48 ore dalla scadenza che determinerebbe l’esercizio provvisorio. Si elencano nel testo oltre 1100 punti di provvisione per la situazione economica del nostro paese. Molti sono gli incerti sui tagli e gli incentivi che il sistema varato porta con sé. La cosa evidente è che il governo mantiene la linea politica che ha perseguito fin qui, nonostante anche su questo punto gli accordi raggiunti tardivamente con Bruxelles abbiano un che di ambiguo: da un lato, infatti, si è tentato di mitigare i toni accesi che avevano caratterizzato il periodo immediatamente precedente, dall’altro si è perseguita la linea dell’intervento immediato, dettato dal bisogno di protezione sociale che l’attuale elettorato continua a dimostrare. Ora, se la cittadinanza è bisognosa di protezione post-crisi in quanto i tassi di disoccupazione sono elevati e il tenore complessivo della vita risulta essere inferiore alle aspettative, non bisogna dimenticare che sono la formazione e il senso della lungimiranza a fare la differenza nel processo di ripartenza di un paese che annaspa ormai da troppi anni. Tralasciando per certi versi gli aspetti tecnici, che forse implicherebbero più di qualche rigo, bisogna evidenziare come i tagli al mondo dell’istruzione e della ricerca non siano da trascurare. Ad esempio, sarebbe impensabile tagliare le aspettative dei giovani ricercatori, in attesa di collocazione per docenza, fino al dicembre 2019; eppure ciò è contemplato nella legge. Rilevante anche il dimezzamento dei fondi per l’alternanza scuola-lavoro che, nonostante fosse bisognosa di una regolamentazione più appropriata, forse non meritava di essere recisa in tale maniera. Il populismo, attualmente reggente le sorti del gioco, nasce dall’esigenza di venire incontro ai bisogni di una nazione piagata da anni di politiche scarsamente avvedute, che hanno generato una certa dose di rivalsa. Non dobbiamo tuttavia dimenticare che le classi politiche di riferimento sono lo specchio di una società la quale, per molto tempo, ha pensato di poter vivere di rendita sulle conquiste del passato. Ancora oggi l’errore è quello della delega ad altrui competenze per sovvenire alle povertà che ci affliggono. Da qui il voto elargito in funzione della promessa di un reddito ricavato dal taglio ai fondi di investimento per il futuro. Ciò che potrà cambiare il paese non sarà l’assistenza più o meno buona in termini di risparmi e consumi, ma la conversione di mentalità che potrà essere garantita solo con la formazione, la ricerca, in altri termini con la cultura, di cui la nostra società è così ricca e così disinteressata allo stesso tempo. La scoperta del Vero nei vari aspetti che lo differenziano è la vera chiave che muove dall’interno ogni processo di crescita; essa genera umiltà, onestà (vera) che si rende conto dei propri limiti e li gestisce con serenità. Quale futuro per i giovani che vogliono scommettersi? Forse prima di dare risposte sempliciste e precipitose ai problemi del calo, bisognerebbe indagare a fondo le domande che lo hanno generato.
Francesco Pio Leonardi