Grandi nomi di Sicilia / La politica secondo Giuseppe De Felice Giuffrida

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Giuseppe de Felice Giuffrida

Giuseppe De Felice Giuffrida fu uno dei politici più apprezzati nella storia della Sicilia. Apparentemente si potrebbe pensare altrimenti, sin troppo superficialmente, che si possano trovare solo raramente figure del passato degne di simile stima. Sono invece diverse le figure che, come Giuseppe De Felice Giuffrida, meritano memoria. Il nostro, nacque a Catania nel 17 settembre del 1859 da una famiglia povera.

Grandi nomi di Sicilia / La politica secondo Giuseppe De Felice Giuffrida

Con la morte del padre, passò l’infanzia in un convitto e, per pagarsi gli studi, dovette successivamente svolgere diversi lavori umili sino all’ottenimento della laurea in giurisprudenza, divenendo poi procuratore legale. L’incarico però durò poco poiché nel 1880 fondò “Lo Staffille”, iniziando la sua carriera giornalistica. Si creò una pessima reputazione da parte dell’amministrazione e del governo, tanto da sollevarlo dall’incarico. Tale orientamento lo porterà ad avvicinarsi fin da subito a personalità di spicco del socialismo italiano. Tanto che successivamente diventerà il direttore del principale giornale socialista di Catania, l’Unione, e anche delegato al XVII congresso delle Società operaie affratellate a Napoli nel giugno 1889.

Assieme alla sua attività giornalistica, in questi anni inizia anche quella politica, emergendo nei disagi che stava attraversando l’amministrazione di Catania. Viene eletto consigliere comunale nel 1885, acquisendo la maggioranza nel consiglio del 1889. A causa dei contrasti dei prefetti avrà non pochi problemi fino a che è condannato a dodici mesi di reclusione per diffamazione. E si rifugia a Malta per evitare l’arresto. L’anno seguente, venendo eletto deputato nel secondo collegio di Catania, può a tornare in Italia senza ripercussioni.

Politica / Giuseppe De Felice Giuffrida

Gli anni novanta dell’ottocento sono delicati e importanti per la sua carriera. Anni in cui dà un fondamentale contributo alla diffusione del socialismo e all’aiuto delle classi disagiate siciliane. Difatti in quegli anni l’Italia venne travolta da una crisi che stava colpendo i prezzi dei generi alimentari più importanti per le campagne siciliane, come il grano, i cereali e il vino, e con le chiusure doganali dell’Italia i contadini furono ridotti alla disperazione. In risposta a tutto questo De Felice fondò l’1 maggio 1891 il fascio dei lavoratori di Catania, dando un impulso importante nella diffusione dei fasci in tutta la Sicilia.

Quest’ultimi erano delle formazioni simili ai sindacati, dove le persone di classe umile provenienti dalle campagne e dalle città, di qualsiasi sesso (fu una delle prime organizzazioni in cui parteciparono pure le donne), poterono riunirsi per opporre resistenza ai soprusi governativi e locali e aiutarsi l’un con l’altro nella distribuzione di servizi di prima necessità. Oltremodo i fasci offrivano a queste persone, altrimenti abbandonate, la possibilità di riabilitarsi socialmente e di venire educate politicamente e intellettualmente, contrastando mafia, povertà e analfabetismo.

L’enorme diffusione dell’organizzazione non fu solo dovuta all’impegno di De Felice e altri esponenti, o solo della povertà diffusa, ma anche dai moti sempre più caotici di quegli anni che chiedevano nuovi contratti più vantaggiosi per i contadini. Era un
momento in cui la politica Italiana, governata da Giolitti, non era atta ad accogliere le richieste, soprattutto nel tentativo di attrarre la popolarità dell’elettorato siciliano. Ne conseguirono le prime irregolari repressioni fatte sia da prefetti che dalle irregolari guardie campestri. Come accadde a vari contadini nella strage Caltavuturo, il 20 gennaio 1893: un evento spartiacque, poiché mobilitò tutti i moti popolari con i fasci.

Giuseppe De Felice Giuffrida / La caduta del governo

DI lì a poco tutte le lotte di questi mestieri diversi, ma di medesima condizione, trovarono congiunzione nella lotta e i fasci si riunirono a maggio. Sia formalizzando il legame col neonato PSI, sia accorrendo alle future elezioni amministrative. Tra esse parteciperà per Catania anche lo stesso De Felice. L’estate sarà caotica, soprattutto dopo il congresso di Corleone. Per ottenere le rivendicazioni, in estate  ci furono tanti scioperi, gestiti pacificamente dal movimento, trionfando su buona parte dei proprietari che cedettero alle richieste. Ma le vittorie furono brevi per l’ostilità del governo e la rottura del PSI. Si escludeva parte delle persone che invece i fasci avevano accolto.

Il peggio venne dopo la caduta del governo di Giolitti, il quale venne sostituito con il governo Crispi, governo che si dimostro più risoluto sulla questione rispetto a Giolitti poiché mobilitò l’esercito contro i moti siciliani firmando lo stato d’assedio nel ’94. Il risultato fu la distruzione del movimento. Con l’aggravio di diverse decine di morti, la sospensione momentanea delle libertà individuali in tutta la Sicilia e infine l’arresto dei principali capi del movimento, condannati come traditori. Nonostante la sconfitta, gli arresti e la repressione suscitarono enormi proteste e osteggiamenti, tanto che due anni dopo il governo di Rudinì concederà l’amnistia a tutti gli imputati, ma privandoli della possibilità di ricostituire i fasci.

Giuseppe de Felice Giuffrida / Gli ultimi anni

Così De Felice riesce, il 20 marzo 1896, a tornare nella sua città, continuando la sua carriera politica da deputato e poi da sindaco. Continua anche la carriera giornalistica, collaborando con l’Avanti. All’interno del parlamento ispira una corrente che prende il suo nome, mobilitandosi a favore dei bisognosi e dei ceti bassi. Diede grandi contributi nel rinnovamento delle infrastrutture: costruì un ospedale, un ospizio e anche i forni municipali per aiutare i bisognosi. Fece diventare Catania una città di riferimento in tutta la Sicilia. Morì, stimatissimo, il 20 luglio 1920.

Emanuele Giuseppe Russo

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