Con Alfano è nato davvero il centrodestra “moderato e repubblicano” in grado di contribuire alla stabilità? Governo Letta al sicuro, ma resta la partita delle riforme istituzionali. Per non parlare della legge elettorale in grado di garantire la governabilità in un quadro tripolare come quello italiano.
Scosse sismiche nella politica italiana. In pochi giorni è rinata Forza Italia, la prima creatura politica di Silvio Berlusconi, nella quale sono confluiti tutti i “lealisti”. Nelle stesse ore Angelino Alfano, il delfino del Cavaliere, con i “governativi” ha dato vita al Nuovo centrodestra. Un addio definitivo e senza rimpianti al Partito delle libertà. Un partito, è bene ricordarlo per i più giovani, nato con un atto d’imperio di Berlusconi, il cosiddetto “predellino” che registrò la confluenza di Alleanza Nazionale di Gianfranco Fini e l’autoesclusione di Pierferdinando Casini, che consegnò l’Udc a una lunghissima stagione d’opposizione.
Ma questa sembra già storia remota. Di fatto, la scissione registrata nel centrodestra italiano è un buon termometro per cominciare a capire quanto accadrà in un lasso di tempo ragionevole. Infatti, la nascita del Nuovo centrodestra allunga la vita al governo Letta che ora può guardare al semestre di guida italiana dell’Europa con maggior tranquillità e può sperare in un percorso abbastanza agevole sino alla primavera del 2015. Data forse auspicabile, anche da parte del Quirinale, per tornare alle urne. Magari dopo aver portato in porto le riforme istituzionali e soprattutto la legge elettorale adatta a garantire la governabilità nella nuova situazione tripolare della politica italiana, a seguito dell’irruzione sulla scena del M5S. Nel frattempo, questo è l’auspicio di tutti, l’economia italiana dovrebbe riprendere a crescere, sia pure lentamente, così da attutire il pesante disagio sociale che investe la popolazione e in particolare i giovani.
Ma soffermiamoci ancora sul Nuovo centrodestra di Alfano, nel quale sono confluite al momento tre anime: quella popolare-ciellina, quella socialista e quella radicale. Un mix di riformismo e moderazione che fa dire ad alcuni osservatori che finalmente è nata la destra “moderata e repubblicana”, dopo un’attesa lunga quanto il ventennio berlusconiano. E’ presto per dirlo, anche perché Berlusconi, con la sua consueta capacità di manovra, non ha voluto trattare i transfughi alla maniera di Fini e piuttosto ha già ipotizzato una coalizione elettorale “larga” nella quale possano confluire tutti i soggetti che lui immagina essere il fronte unito del centrodestra italiano: Forza Italia, Nuovo centrodestra, Fratelli d’Italia e Lega. Una ennesima coalizione che costringerebbe la sinistra a fare altrettanto, Matteo Renzi permettendo, per poter competere alla pari. Se poi questo confronto fra coalizioni si rivelerà un bene per il Paese sarà tutto da verificare, considerate le occasioni mancate dalle coalizioni guidate da Romani Prodi e dallo stesso Silvio Berlusconi.
Mancando tanto tempo all’appuntamento elettorale, forse è prematuro fare previsioni. Anche perché saranno i sondaggi delle prossime settimane a dirci molto di più sul destino politico di Berlusconi, dopo la sua inevitabile decadenza da senatore. E’ vero che l’uomo ha risorse straordinarie, non solo economiche, per cambiare spartito politico in qualunque momento. Ma anche per lui il tempo è divenuto, non solo per ragioni anagrafiche, un fattore strategico difficilmente piegabile con la sola forza di volontà.
L’opinione pubblica italiana avrà sicuramente a disposizione un periodo congruo di tempo, forse un anno e più, per valutare la solidità della proposta del Nuovo centrodestra e la sua capacità di essere davvero “moderato e repubblicano”. L’opinione pubblica di centrodestra, invece, avrà l’opportunità di capire se Angelino Alfano sarà davvero il campione giusto da contrapporre allo sfidante della futura compagine di sinistra.
Nel frattempo il Paese si potrà concentrare su se stesso e un po’ meno sulle beghe dei Palazzi romani. Il che potrebbe rivelarsi un gran bene per tutti.
Domenico Delle Foglie