Politica / Il semestre bianco del Presidente della Repubblica

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Sergio Mattarella

L’ ingresso in campo – nel panorama istituzionale nazionale – già dal 3/08/2021, del “semestre bianco, ripropone e rilancia, in termini importanti e significativi, il tema della rieleggibilità del Capo dello Stato, soprattutto dopo il mutamento della prassi costituzionale, avvenuto nel 2013.

Il semestre bianco

Cos’è il semestre bianco ? Il termine atecnico, che è entrato nell’uso comune e nella specifica comunicazione giornalistica, non è adoperato dalla Carta Costituzionale e si riferisce a quel delicato periodo per le Istituzioni del Paese in cui il Presidente della Repubblica non può sciogliere le Camere in anticipo rispetto alla data di naturale scadenza.

Un periodo delicato

Lo spazio temporale che scandisce come un orologio gli ultimi sei mesi di carica del presidente della Repubblica uscente, prima della nomina del successore, impone invece in ancora maggior misura, rispetto ai tempi normali, quella dose convinta, piena e leale, di collaborazione e cooperazione, fra tutti i protagonisti della vita nazionale, che deve sempre animare il corretto esercizio della dialettica democratica.   

Il semestre bianco oggi …

Quale fu però la ratio che indusse i Padri della Costituzione ad approvare questa limitazione dei poteri del capo dello Stato, tuttora vigente ? Com’è possibile immaginarla oggi, a più di settanta anni dal varo della Carta, specifica connotazione delle Istituzioni italiane ? Non rispecchia forse anacronistiche motivazioni ormai superate nel sentimento comune del Paese ?

La ratio

Forse fu la preoccupazione del membro della Costituente Renzo Iaconi, a volere l’inserimento del “ semestre bianco “ nell’impalcatura costituente. Il ragionamento che si professò allora fu che il capo dello Stato, ansioso di essere riconfermato nella carica, avrebbe potuto ottenere un Parlamento, più docile e sottomesso al suo disegno, con lo scioglimento del primo e l’elezione del nuovo. parlamento italianoMa poi, in pratica, è possibile un fatto del genere ? Qualunque capo dello Stato, veramente ambizioso di ottenere il rinnovo del mandato dalle Camere, potrebbe sempre sciogliere il Parlamento prima del “ semestre bianco “.  Di certo il “ semestre bianco “ è un freno, più che altro psicologico e giuridico, per qualunque aspirante ad un nuovo settennato. Ma non è questo il punto.

La prassi costituzionale

Da Einaudi a Ciampi, la consuetudine o prassi costituzionale, che dir si voglia, è stata quella di non rieleggere il Capo dello Stato uscente. Nel 2013, la schiera dei Presidenti eletti per un solo periodo di carica è stata fermata. Ma la rielezione di Giorgio Napolitano, nel caso specifico, ha avuto breve durata ed all’atto delle dimissioni ha avuto luogo, nel 2015, la nomina al Colle di Sergio Mattarella. L’ipotesi che fa risalire il “ semestre bianco “ al Costituente Iaconi, mostra dunque debolezze e non appare convincente.

Il compromesso Moro – Togliatti

L’art. 85, 1° comma della Costituzione, recita : “ Il Presidente della Repubblica è eletto per sette anni “. E, lo afferma, sic et simpliciter, senza ulteriori specificazioni. Non c’è dunque una espressa preclusione alla rielezione del capo dello Stato, ma non c’è neppure una espressa previsione di una ricandidatura al Quirinale. Come muoversi, quale interpretazione dare di questo sibillino dettato costituzionale ?

Ecco allora che soccorre l’art.88, 2° comma, il “ semestre bianco “, che fu posto accanto all’ art. 85, probabilmente per manifestare una obiezione di fondo costituzionale all’ipotesi che il presidente potesse essere rieletto. E’ comunque un dato di fatto che le norme furono approvate – sia l’ art. 85 che l’art.88 in quella formulazione – per comporre la frattura determinatasi in seno alla Costituente, tra le posizioni di Palmiro Togliatti ( che avrebbe considerato il modo esplicito il capo dello Stato rieleggibile ) e di Aldo Moro che era contrario a contemplare tale fattispecie in Costituzione.
La storia, per come emerge dagli atti della Commissione costituente, dà lo spunto per un approfondimento ulteriore dell’argomento già complesso e delicato.

Il disegno di legge costituzionale del governo Leone del 1963

In linea con la visione interpretativa, fino ad ora emersa ed analizzata, occorre ricordare il messaggio indirizzato dal Presidente Antonio Segni alle Camere, il 16 settembre 1963.  Vi si prospettava l’introduzione nella Carta Costituzionale della non rieleggibilità del Capo dello Stato e la contemporanea abolizione del semestre bianco.
In linea con la volontà del Quirinale, il capo del Governo, Giovanni Leone, presentò subito un disegno di legge costituzionale, che non fu però approvato dalle Camere di quella legislatura.

Da allora, il dibattito è stato sempre vivo, ma – nonostante l’interruzione della prassi costituzionale del 2013 – occorre sempre procedere nella ricerca di altri strumenti idonei ad offrire un plausibile e convincente quadro orientativo.
Il disegno di legge Leone sembrava orientare verso un punto di vista – pure con molta cautela – che non favoriva l’interpretazione della rieleggibilità del Capo dello Stato, con o senza soluzione di continuità col primo esercizio del mandato.

Il Presidente Re ?

D’altra parte, è immaginabile che il Presidente della Repubblica venga eletto per due mandati e per complessivi 14 anni ? Non sarebbe comunque ancor oggi, un fatto senza precedenti, in ogni caso, nella tradizione istituzionale italiana ? Non lascerebbe filtrare l’immagine del Presidente – Re, figura dalla quale i Padri della Costituzione rimasero del tutto distanti ?

A tal riguardo è stato acutamente osservato che “ nello spazio definito dalla Costituzione, la qualità di capo dello Stato ha però assunto tratti differenti rispetto al passato. La nozione nasceva in stretto rapporto con il concetto di sovranità statale, opposta e concorrente, rispetto alla sovranità popolare. Compito del monarca, in quanto capo dello Stato, era perciò quello di garantire la continuità statale tout court, ove fosse il caso, anche contro la sovranità popolare.

Il Presidente simbolo dello Stato democratico

La Costituzione italiana fa al contrario derivare l’investitura presidenziale, seppure indirettamente, dal popolo sovra ordinando così la dimensione della sovranità popolare a quella della sovranità statuale. In questa veste, il Presidente della Repubblica può essere considerato come la personificazione della continuità dello Stato ‘ democratico ‘. E non semplicemente dello Stato, simbolo dell’unità di una certa tradizione costituzionale “.
Il Presidente della Repubblica, personificazione e simbolo dello Stato “ democratico “, non porta alcuna caratteristica, tra quelle che furono del Capo di Stato, Re. Occorre però aggiungere ancora un’ altra importante riflessione.

La rieleggibilità presidenziale in Europa

Il nostro sistema costituzionale non porta quindi alcun riferimento al passato ed al Capo di Stato – monarca. Tale punto di vista sembra essersi affermato anche in Europa. In Germania, per esempio, il Presidente della Repubblica resta in carica cinque anni e può essere rieletto immediatamente solo una volta, per un totale di dieci anni. Può sciogliere solo il Bundestag e solo se è strettamente previsto dalla Costituzione. Cioè nel caso in cui il Cancelliere chieda e non ottenga la fiducia.

In Portogallo, il mandato del Presidente della Repubblica dura al massimo cinque anni, eletto col suffragio universale e resta vietata la terza candidatura. In Grecia, infine, il Capo dello Stato ha un mandato parlamentare ( come nella Germania Federale ), dura in carica cinque anni e può essere rinnovato una sola volta.
Fatti salvi gli Stati Europei a monarchia costituzionale, gli altri Stati repubblicani ed a regime parlamentare, restano separati dal concetto del Presidente della Repubblica – monarca.

 Sebastiano Catalano