La Bielorussia di Lukashenko è una dittatura? Quanto conosciamo davvero questo paese? La crisi migratoria tra Minsk e Varsavia, che si sta consumando in questi giorni ai confini dell’Unione Europea, pone inevitabilmente più di qualche interrogativo in merito. La Bielorussia è uno stato dell’Europa orientale, formalmente una Repubblica presidenziale, ma de facto una vera e propria dittatura. Il presidente Lukashenko è, infatti, a capo del governo di Minsk dal 1994.
In quell’anno si tennero le prime elezioni presidenziali da quando la Bielorussia divenne indipendente rispetto all’ormai caduta Unione Sovietica. Il presidente bielorusso è oggi al suo sesto mandato, dopo le elezioni presidenziali del 9 agosto 2020. E’ stato possibile grazie al referendum costituzionale del 2004, in cui vinse il “sì“, che gli permise di ottenere mandati per la rielezione illimitati. Tuttavia, l’Unione Europea non riconosce i risultati di tali elezioni, ritenendole falsate. Non che a Lukashenko importi qualcosa.
La Bielorussia di Lukashenko è una dittatura? Le proteste dei cittadini
Il fatto che Lukashenko sia presidente ormai da 27 anni ha scatenato in Bielorussia una serie di manifestazioni popolari, note come la “rivoluzione delle ciabatte“. Le accuse che il popolo rivolge al loro leader sono di corruzione e brogli elettorali (e come biasimarli, come 26 anni?). La formula adottata del voto anticipato, del resto, insieme al controllo dei mass media da parte del governo, ha sempre permesso un facile aggiramento della veridicità dei voti. Le prime manifestazioni si sono consumate il 24 Maggio 2020, partendo dalla capitale Minsk e disperdendosi poi in tutto il paese. L’esito è stato tuttavia tutt’altro che positivo per i manifestanti: il presidente bielorusso ha represso le proteste con la violenza, causando centinaia di feriti e una decina di morti.
Lukashenko è riuscito a resistere e tutt’oggi resta il presidente indiscusso, forte del sostegno della Russia di Putin. Per rimanere al potere così tanti anni, dopotutto, è necessario avere le spalle ben coperte, possibilmente da un alleato più potente di te. Esiste poi un altro modo per potersi imporre politicamente, attraverso le minacce e il frequente uso della forza. Lukashenko conosce bene le regole del gioco, e le applica attraverso continue attività di intimidazione verso gli oppositori politici. Può farlo in quanto forte dei sei mandati presidenziali, che gli hanno permesso un forte accentramento del potere. Nel frattempo, l’ONU ha più volte (invano) condannato la Bielorussia per le violenze commesse verso i propri cittadini.
Una violazioni dei diritti umani: il volo dirottato
Il 23 maggio 2021, un volo proveniente dalla Grecia e diretto in Lituania, passando per lo spazio aereo bielorusso è stato dirottato e fatto atterrare presso l’aeroporto di Minsk, con la scusante di un allarme bomba. Una volta fatto atterrare l’aereo, sembra che l’allarme sia casualmente cessato, grazie all’immediato arresto del blogger e dissidente politico Roman Protassevitch (ritratto in foto), che viaggiava su quell’aereo. Ovviamente, l’uomo non aveva nulla a che fare con nessun ordigno esplosivo, ammesso che ne esistesse realmente uno, cosa molto difficile da credere. Con quest’operazione, Lukashenko ha di fatto dimostrato in patria di poter “scovare” chiunque abbia da ridire sullo stato delle cose, anche quando non fisicamente presente nel paese.
L’Unione Europea, a seguito di tali eventi, ha inasprito le misure economiche verso la Bielorussia, condannando il suo gesto come una palese violazione dei diritti umani. La conseguenza concreta fu il divieto di sorvolo sullo spazio aereo bielorusso per tutte le compagnie europee. Intanto, la crisi a confine tra Polonia e Bielorussia continua a persistere. L’incapacità di risposte concrete e decise da parte dell’Unione Europea rende la Bielorussia capace di poter imporre la propria volontà, soprattutto grazie all’appoggio dell’alleato russo. Il governo di Minsk ha una visione del mondo molto differente rispetto a tutti gli altri paesi europei. Basti pensare che la Bielorussia è l’unico paese in Europa in cui è ancora applicata la pena di morte.
Michele Garro