Pop 3 / Da un mondo di ideologie nasce un pacifismo vero, un’idea forte capace di cambiare la storia

0
85

C’è stato un pacifismo a uso e consumo delle ideologie e c’è stato un pacifismo vero, dettato da convinzioni religiose o ideali, che ha contribuito a cambiamenti impossibili da pensare solo dieci anni prima, come l’indipendenza indiana dalla Gran Bretagna. Molti hanno pagato con la vita la fedeltà assoluta al comandamento di non uccidere e non rispondere alla violenza con la violenza

Il rifiuto della violenza ha avuto visibilità mediatica grazie all’età delle comunicazioni di massa. Per questo le marce pop05Pacifismopcontro la discriminazione razziale di Martin Luther King, le manifestazioni non violente guidate dal Mahatma Gandhi – per fare solo due esempi – rimangono come simboli di un pensiero che sfidava le antiche convinzioni – spesso mai confessate – d’Occidente. Anche se questo pensiero non escludeva la lotta, che è pur sempre contrapposizione, ma senza l’uso della forza fisica e delle armi, neanche se si è colpiti o in pericolo.
Quando iniziarono ad apparire i primi segnali di un pensiero non più legato all’anonimo – ma chiarissimo – “se vuoi la pace prepara la guerra”, si mormorò che erano riflessioni dei soliti intellettuali distaccati dalla dura realtà, che, essendo figli di papà, potevano permettersi di oziare e fare ragionamenti belli ma astrattissimi. Almeno così pensavano i conservatori, i politici e i militari.
Charles-Irénée Castel de Saint-Pierre, per esempio, che vagheggiava, fin dai tempi del Re Sole, (tra l’altro da lui non molto amato), una pace perpetua tra le nazioni dell’Europa di allora: il suo esempio anticonformista, per quei tempi, non passerà inosservato nelle riflessioni di Kant e di Rousseau. Ma anche altri pensatori sono stati considerati dei maestri di pacifismo: per esempio John Ruskin, uno dei grandi difensori degli artisti preraffaelliti, che in “Cominciando dagli ultimi” (1862) pose le basi per il recupero di una società a misura d’uomo, prefigurando già da allora inquinamento, sfruttamento, violenza del potere. Qual è il punto di uscita da questa situazione? L’inglese lo vede nel medioevo degli artigiani, del lavoro a misura d’uomo e nelle parole di Cristo, che metteva gli ultimi e gli indifesi in cima alla scala dei valori. C’entra con il pacifismo? Secondo Gandhi moltissimo, tanto che considerò questo libro il punto di svolta tra il suo prima e il suo poi di leader pacifista. Perché, diceva il Mahatma, le guerre ci sono per le abissali differenze sociali, perché la società produce gli intoccabili, i paria, mica solo in India, ma dovunque ci sia gente che non può mangiare o curarsi.
Qualcuno ha sostenuto che essere contro la violenza è banale, facile, comodo. Ma Gandhi non lo è stato a parole, anzi, riteneva che le parole fossero perle false se non venivano messe in pratica con coraggio. Si è fatto anni di galera, è stato percosso e frustato, alcuni suoi amici sono stati torturati e uccisi, come accadde a lui stesso nel 1948.
Gandhi era uno che non aveva paura di dire le cose, e, parlando dei suoi “debiti” e dei suoi maestri, ha fatto i nomi di Tolstoj e di Gesù, lui induista (il che ci dovrebbe far riflettere sul concetto, purtroppo  non più molto in auge, di onestà intellettuale), soprattutto il Gesù di “Se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu porgigli anche l’altra” (Mt 5,39). Tolstoj, l’altro maestro di Gandhi, il cui pensiero è stato ripreso anche dai partiti radicali, aveva assunto l’esempio del Cristo nella teoria della non resistenza al male e del rifiuto della violenza, oltre che nell’aiuto reale ai contadini poveri. Un’altra figura molto amata dai pacifisti è san Francesco d’Assisi, anche lui ispiratore di marce e di manifestazioni a noi contemporanee, che mise la mitezza, la povertà e l’abbandono al volere di Dio al centro della sua predicazione.
Le marce dei Sessanta e poi a seguire durante le crisi medio-orientali hanno dunque padri nobili, anche se, pure da sinistra – e qui uno deve ancora una volta notare che l’onestà intellettuale non è stata completamente seppellita – si sono verificate polemiche. Perché secondo alcuni c’è stato un pacifismo a senso unico, contro l’intervento americano in Vietnam, ad esempio, e non contro le irruzioni sovietiche in Afghanistan o quelle cinesi in Tibet. Anche se l’invasione dell’Ungheria prima e della Cecoslovacchia poi hanno suscitato ampio scalpore, bollato come reazionario da parte di funzionari comunisti occidentali. Si attaccano le politiche “neo-imperialiste” per poi non fare nulla a favore delle centinaia di migliaia di cristiani perseguitati nelle zone dell’Iraq e della Siria in mano all’Isis.
C’è stato un pacifismo a uso e consumo delle ideologie e c’è stato un pacifismo vero, dettato da convinzioni religiose o ideali, che ha contribuito a cambiamenti impossibili da pensare solo dieci anni prima, come l’indipendenza indiana dalla Gran Bretagna.
Le idee cambiano la storia, altro che, anche se molti hanno pagato con la vita la fedeltà assoluta al comandamento di non uccidere e non rispondere alla violenza con la violenza.

Marco Testi

Print Friendly, PDF & Email