Dall’incontro per la presentazione del volume “Bioetica e Cultura” n. 40, rivista edita dall’Istituto di Bioetica e diretta da Giuseppe Vecchio, sono emerse delle tematiche legate a doppio filo con l’argomento della sezione monotematica dedicata alle dipendenze. In particolare durante il dibattito l’attenzione è stata posta sulla questione giovanile, il relativismo valoriale, la crisi educativa e il ruolo fondamentale delle agenzie educative nel crescere e prendersi cura del fanciullo. Alla base dei disagi o devianze che alcuni soggetti, per lo più in età adolescenziale vivono, vi è l’assenza di un’educazione che implica stima e valorizzazione dell’altro e del riconoscimento delle sue esigenze e diversità.
Tutto ciò comporta la formazione di soggetti più fragili che possono porre in essere “comportamenti pericolosi che una volta praticati, raramente resteranno isolati ma tendono a ripetersi sempre più frequentemente, in quanto sono dei potenziali induttori di dipendenza” (G. Quattrocchi, Editoriale). Il relativismo della nostra cultura indubbiamente porta le nuove generazione a perdere di vista il senso dei valori, di ciò che è effettivamente buono e di ciò che non lo è. Prende sempre più piede una valutazione oggettiva che corrobora il senso personale e diffuso dell’uso della propria sfera di libertà.
In questa atmosfera le agenzie educative, in primis la famiglia, vengono chiamate come vero sostegno, non solo per definizione, nella crescita dei propri figli. L’incontro, inoltre prevedeva uno sguardo medico-scientifico dell’argomento. Questa parte è stata esaustivamente descritta dal dott. S. Di Dio, psichiatra responsabile della U.O. servizio tossicodipendenze di Giarre, che ha enucleato, partendo da alcune diverse definizioni di dipendenza, la problematica da diverse prospettive. Dagli aspetti neurologici a quelli evolutivo-relazionali, fino a giungere alle dipendenze senza droga, le cosiddette new addiction come il gioco d’azzardo patologico, la dipendenza da internet e lo shopping compulsivo.
Per tutte le dipendenze il relatore ha evidenziato che questi comportamenti compulsivi e reiterati nel tempo rappresentano un tentativo disfunzionale di contrastare l’emergere incontrollato di vissuti traumatici infantili. L’amara considerazione finale addotta dal direttore scientifico mette bene in evidenza la responsabilità di tutti coloro che hanno a cuore al salvaguardia della dignità umana: “La dipendenza è soprattutto un tema bioetico in quanto essa costituisce un grave attentato alla vita umana ed un fattore di deterioramento della dignità ontologica dell’uomo”.
Maria Grazia Condomitti
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