Lo abbiamo incontrato sulle colline romane, a Frascati, una bella città dalla vista mozzafiato su Roma. Esattamente siamo a Villa Sora, una delle ville tuscolane della prima metà del XVI secolo, visitata più volte da don Bosco in uno dei suoi viaggi a Roma ed anche lo stesso collegio che vide la presenza del beato Zeffirino Namuncurà nell’anno scolastico 1904-05, la cui statua si erge dinnanzi ai nostri occhi in tutta la sua grandezza e magnificenza.
Roberto Scardella, che risponde alle nostre domande, è autore della scultura e, insieme con Tommaso Sbardella, che ha realizzato un musical e un cd sullo stesso tema, è autore del vasto progetto che si propone di fare conoscere il beato Zeffirino e la sua storia edificante. Progetto che prevede anche di incontrare il Papa. I due sono amici e colleghi di insegnamento nel grande istituto salesiano di Villa Sora.
– Da dove nasce l’idea della statua?
“La realizzazione di Zeffirino è legata al fascino che questa figura ha esercitato su di me, poiché egli rappresenta una fede incrollabile in Dio e una determinazione unica a scoprire i valori della cultura e dello studio. Se poi consideriamo il momento di profonda crisi sociale e quindi umana come quello che viviamo, la fede in Dio e i valori della cultura sono fondamentali per uscirne.”
– Ma chi è Zeffirino Namuncurà?
“Nasce il 26 agosto 1886 a Chimpay, sulle rive Del Rio Negro, da Manuel Namuncurà, ultimo grande capo cacico delle tribù indios araucane. Per le sue straordinarie doti nel cavalcare e nell’uso di arco e lancia, sembra dover diventare il successore del padre, pur non essendo il primogenito bensì settimo di undici figli, tuttavia Zeffirino sente che il miglior modo per guidare la sua gente è servirsi della Fede e della Cultura cristiana. Giovinetto entra nel collegio salesiano di Buenos Aires, mons. Cagliero lo invia nel gruppo degli aspiranti a Viedmaed, in seguito, ammalatosi di tubercolosi, in Italia, per poter seguitare gli studi in un ambiente più salubre, ovvero a Frascati. Seppur felice di questo trasferimento Zeffirino serba in un cantuccio del suo cuore anche il dispiacere di allontanarsi dai propri cari ma il suo motto che era ‘voglio studiare per essere utile alla mia gente’ primeggiava su tutto. La malattia purtroppo prese sempre più il soppravvento fino al trasporto in ospedale al Fatebenefratelli, dove si spegnerà l’11 maggio del 1905.”
– Chi propone la beatificazione?
“Don Enrico Dal Covolo (oggi cardinale) fu il postulatore della causa di beatificazione. In seguito, il 6 luglio del 2007, Papa Benedetto XVI
firmò il decreto di beatificazione e l’11 novembre del 2007, a Chimpay, il cardinale Bertone ed il cardinale Bergoglio proclamano beato Zeffirino, al cospetto di oltre 200.000 mila pellegrini giunti da ogni parte dell’America Latina.”
– Cosa ritrae la statua?
“L’opera ritrae Zeffirino Namuncurà, famoso tra la sua gente per l’abilità nel cavalcare e usare le armi, mentre domina, con straordinaria padronanza, l’impeto irruento del suo cavallo. Il beato è vestito con il poncho tipico dei mapuche. Si tratta dell’unico monumento in Europa dedicato a Zeffirino.”
– Cosa rappresentano quei simboli che vediamo nell’opera, quasi fossero un marchio?
“Sono dei simboli decorativi, una serie di croci, mentre nel mantello compaiono due simboli importantissimi per Zeffirino: quella della SS. Maria Ausiliatrice, alla cui protezione si era rivolto, e quello del tamburo sacro cosmogonico, relativo alla spiritualità del suo popolo. Al posto della lancia sostiene il simbolo della Resurrezione, rinascita che desiderava per tutti i mapuche, ed è immortalato nel gesto di orientare, con le redini, il suo cavallo verso sud, simbolicamente verso la Patagonia, dove sognava di tornare, una volta guarito e ordinato sacerdote salesiano.”
– In che materiale è realizzata la statua?
“La tecnica si chiama colata a cera persa, non molto differente dal processo utilizzato nel Rinascimento dai famosi scultori fiorentini. Questo materiale fragile e povero viene poi trasferito in una forte e nobile scultura in bronzo. Si riveste il modello di cera con una speciale argilla semi-permeabile ad alta resistenza capace di sopportare i cambiamenti di temperatura. Sottili cannucce di cera collegano il modello incassato con il mondo esterno. La colata viene fatta raffreddare lentamente, per evitare fessurazioni, posizionandola in un forno riscaldato a 1000 gradi per cuocere l’argilla e fondere la cera. C’è poi la fusione del bronzo: è fondamentale evitare bolle d’aria nello stampo e ciò lo si ottiene riscaldando uniformemente il bronzo fuso a 1100 gradi, che viene tenuto da due uomini dentro una caldaia di colata e dopo viene versato velocemente dentro lo stampo fino a quando il livello del bronzo non riempie ogni canale di fuoriuscita. Solo dopo tanti giorni di raffreddamento, aiutato da correnti d’aria fresca, la scultura viene liberata dalla sua prigione di argilla rompendo lo stampo, che viene poi ridotto in frantumi e l’argilla riutilizzata. L’opera viene poi tolta dallo stampo tagliando le cannucce di bronzo e si riveste la parte porosa di cera.”
– Quanto tempo ha impiegato per realizzarla e che dimensioni ha?
“Per crearla è trascorso circa un anno. Per quel che riguarda le dimensioni, sono circa quattro metri per il monumento, compresa la base in travertino.”
– Da dove nasce l’idea di regalare a Papa Francesco la miniatura di Zeffirino?
“Dal legame che il vescovo di Roma ha verso questo beato sia per quello che ha fatto per il suo popolo e per aver poi officiato la cerimonia di beatificazione.”
– Qual è la tecnica?
“La tecnica è sempre la colata a cera persa.”
– Come scultore, questa creatura cosa rappresenta per lei?
“Zeffirino per me rappresenta la forza e la determinazione, espresse anche dalla sua postura a cavallo. Il messaggio, che vorrei giungesse, è quello di ‘un eroe controcorrente’ soprattutto ai più giovani, che sono affascinati, purtroppo, da altre figure di eroi, al negativo.”
– Quando pensate di incontrare il Papa?
“La nostra proposta sarebbe per l’11 maggio (data in cui morì Zeffirino), ma non sappiamo se tale data ci sarà concessa. Ci presenteremo come ‘progetto Zeffirino’ che, con la realizzazione del disco, dell’opera teatrale ed eventuale film, aiuterà attraverso le suore povere Bonaerensi di San Giuseppe in Argentina, la missione per bambini poveri ‘Hogar San Josè de Muniz’ (San Miguel Argentina). All’incontro presenzieranno due delle suore. Tra l’altro, a corredo del progetto c’è anche una riproduzione in cristallo, realizzata a Catania, che vorremmo donare al cardinal Comastri, ma anche per questo incontro non è stato decisa la data.”
A sentire Roberto emerge lo spirito della missione che lo muove, insieme con l’amico Tommaso, di portare tra i giovani l’altruismo del beato ed il ritorno alle cose semplici.
Maria Pia Risa